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25 marzo 2011




GIOVANNI 4:1-42
Gesù e la Samaritana

di Aldo Palladino




Il testo biblico
1 Quando dunque Gesù seppe che i farisei avevano udito che egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni 2 (sebbene non fosse Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli), 3 lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea.
4 Ora doveva passare per la Samaria. 5 Giunse dunque a una città della Samaria, chiamata Sicar, vicina al podere che Giacobbe aveva dato a suo figlio Giuseppe; 6 e là c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del cammino, stava così a sedere presso il pozzo. Era circa l'ora sesta.
7 Una Samaritana venne ad attingere l'acqua. Gesù le disse: «Dammi da bere».8 (Infatti i suoi discepoli erano andati in città a comprar da mangiare.) 9 La Samaritana allora gli disse: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» Infatti i Giudei non hanno relazioni con i Samaritani. 10 Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice: "Dammi da bere", tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva». 11 La donna gli disse: «Signore, tu non hai nulla per attingere, e il pozzo è profondo; da dove avresti dunque quest'acqua viva? 12 Sei tu più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso con i suoi figli e il suo bestiame?» 13 Gesù le rispose: «Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; 14 ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna». 15 La donna gli disse: «Signore, dammi di quest'acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più fin qui ad attingere». 16 Gesù le disse: «Va' a chiamar tuo marito e vieni qua». 17 La donna gli rispose: «Non ho marito». E Gesù: «Hai detto bene: "Non ho marito"; 18 perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto la verità». 19 La donna gli disse: «Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare». 21 Gesù le disse: «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità». 25 La donna gli disse: «Io so che il Messia (che è chiamato Cristo) deve venire; quando sarà venuto ci annuncerà ogni cosa». 26 Gesù le disse: «Sono io, io che ti parlo!»
27 In quel mentre giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che egli parlasse con una donna; eppure nessuno gli chiese: «Che cerchi?» o: «Perché discorri con lei?» 28 La donna lasciò dunque la sua secchia, se ne andò in città e disse alla gente: 29 «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto; non potrebbe essere lui il Cristo?» 30 La gente uscì dalla città e andò da lui.
31 Intanto i discepoli lo pregavano, dicendo: «Maestro, mangia». 32 Ma egli disse loro: «Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete». 33 Perciò i discepoli si dicevano gli uni gli altri: «Forse qualcuno gli ha portato da mangiare?» 34 Gesù disse loro: «Il mio cibo è far la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l'opera sua. 35 Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura. 36 Il mietitore riceve una ricompensa e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. 37 Poiché in questo è vero il detto: "L'uno semina e l'altro miete". 38 Io vi ho mandati a mietere là dove voi non avete lavorato; altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica».
39 Molti Samaritani di quella città credettero in lui a motivo della testimonianza resa da quella donna: «Egli mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40 Quando dunque i Samaritani andarono da lui, lo pregarono di trattenersi da loro; ed egli si trattenne là due giorni. 41 E molti di più credettero a motivo della sua parola 42 e dicevano alla donna: «Non è più a motivo di quello che tu ci hai detto, che crediamo; perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo».


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La finalità della narrazione
                                                                           
L'incontro di Gesù con la donna samaritana al pozzo di Giacobbe è un altro tassello utile a disegnare e affermare l'identità messianica di Gesù. Infatti, analizzando come si svolge l'incontro, si comprende bene come Giovanni, probabilmente presente a quell'incontro(vedi v. 10), abbia colto nelle parole della Samaritana un crescendo nella identificazione del personaggio Gesù. Dapprima è un giudeo come tanti (v. 9), poi è un profeta (v.19). Infine, dopo la rivelazione di Gesù di essere il Messia (v. 25-26), diventa per tutti il Salvatore del mondo (v. 42).
Questo, credo, sia la finalità narrativa di questo incontro. Tutti gli altri elementi dell'episodio sono elementi che rafforzano i tratti particolari della missione di Gesù, attraverso i quali capiamo l'instaurazione di modelli nuovi di comportamento che evidenziano il superamento di barriere nelle relazioni umane, con l'abbandono di pregiudizi sessuali, razziali e storici, e la proposizione di un nuovo culto in Spirito e verità.

Gesù abbatte ogni pregiudizio
Gesù conosce bene la storia del pozzo di Giacobbe (Genesi 33:19-20 e 48:21-22). Conosce la difficoltà ancestrale dei rapporti tra Samaritani e Giudei, che risale a molti secoli prima. Anche la Samaritana è informata dei fatti passati, perché è la prima a meravigliarsi della richiesta di Gesù, un giudeo, di avere dell'acqua da bere.
Certo, i Samaritani avevano un tempio sul monte Garizim dove adorare Jahwé e osservavano solo il Pentateuco, peraltro revisionato in più punti; non avevano più relazione (religiosa) con i Giudei, ma Gesù elimina tutti questi motivi di  contrapposizione con un comportamento che fonda un nuovo modo di vivere. Egli supera i pregiudizi  dell'epoca che proibivano conversazioni in pubblico tra un uomo e una donna, fra Giudei e Samaritani e particolarmente tra stranieri.  Poi offre la vera acqua che "scaturisce in vita eterna" ad una donna e a un popolo che erano estranei secondo i Giudei ai patti e alle promesse, a dimostrazione dell'universalità del suo messaggio. Infine, "smantella" i templi di ogni luogo, quello del monte Garizim e quello del monte Sion di Gerusalemme, per fondare un nuovo modo di adorare il Padre in ispirito e verità, perché Dio è Spirito, pneuma, vento, libero e sovrano, e nessuno lo può rinchiudere in un tempio fatto dall'uomo, in nessun luogo.
Tutto il Nuovo Testamento affermerà che il nuovo tempio è Cristo. Il nuovo tempio è l'uomo rigenerato dallo Spirito Santo (1 Cor. 3:16-17). Dio costruisce il suo tabernacolo nel cuore degli uomini convertiti e vi fa dimora.
Adorare in verità significa adorare Dio per mezzo di Gesù Cristo e adorare in Spirito significa adorare Dio nella libertà di uomini e donne rigenerati per la vita nuova del suo regno

Scrive Paolo Ricca: "Un primo passo lungo il sentiero che conduce all'intelligenza del testo è una constatazione elementare: è a una donna, e a una donna samaritana, che Gesù affida una delle sue parole più alte su Dio e sul suo culto. Così facendo, Gesù trasgredisce due volte le regole vigenti e mette a soqquadro l'ordine religioso stabilito. Lo fa di sicuro intenzionalmente. Ci si può e deve chiedere perché. Perché Gesù questa sua alta parola non l'ha consegnata ai suoi discepoli, tutti uomini, che allora si consideravano (molti si considerano ancora oggi) interlocutori privilegiati in campo religioso e protagonisti nella scienza e nel culto di Dio? Perché l'ha affidata a una donna qualunque, per di più straniera, una perfetta sconosciuta (neanche il suo nome ci viene riferito), la cui parola, comunque, non valeva nulla nella società del tempo, dato che come donna non era abilitata neppure a fungere da testimone nei processi? E perché quella parola non l'ha affidata a un ebreo, o a un'ebrea (a Maria, ad esempio, o a sua sorella Marta, o a Maria Maddalena), comunque a un membro del popolo eletto – Gesù ha appena detto che «la salvezza viene dagli Ebrei» e da nessun altro popolo: v. 22 – ma l'ha voluta consegnare, la sua Parola, a una samaritana, membro di un popolo che l'unanime opinione pubblica ebraica dell'epoca considerava eretico? Di proposito Gesù svela il mistero di Dio, il segreto della sua identità, a una donna, e non a un uomo. A una creatura ignara e sprovveduta, di dubbia moralità con tutti quei mariti (vv. 16-19) e per di più eretica, anziché a un membro del popolo eletto, colto, accreditato, ortodosso.
In questa scelta trasgressiva di Gesù si compie l'ardita profezia di Isaia, per bocca del quale Dio aveva detto: «Sono stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli che prima non mi cercavano; ho detto "Eccomi, eccomi" a una nazione che non portava il mio nome» (65,1). Dio è Signore, non ostaggio del suo popolo. L'incredulità nostra non lo paralizza: non è prigioniero né dell'una né dell'altra. «L'ora viene che né a Gerusalemme né su questo monte adorerete il Padre» (v. 21). Dio si affranca da chi lo vorrebbe addomesticare, legandolo a un monte, un santuario, una
città, una  civiltà, una lingua, una legge, una religione. Dio non rispetta le nostre frontiere e travalica i nostri confini, a cominciare da quelli religiosi. La Samaritana, e noi con lei, possiamo cominciare a conoscere e comprendere Dio considerando il modo anomalo della sua rivelazione attraverso Gesù, che qui varca i confini della «terra santa», entra in territorio sconsacrato, abbatte le barriere esistenti tra i generi (maschile e femminile: v. 7) e tra le comunità religiose (ebraica e samaritana: v. 9). Dio non si lascia accaparrare dal nostro desiderio di possederlo e di imprimere su di lui la nostra impronta, un segno che ci appartiene. Non è lui che appartiene a noi, siamo noi che apparteniamo a lui. Dio è il Dio d'Israele ma non è ebreo, è il Dio di Gesù Cristo ma non è cristiano, è il Dio dei Samaritani ma non è samaritano, è il Dio dei musulmani ma non è musulmano, è il Dio dei buddisti ma non è buddista, è il Dio dei bianchi ma non è bianco, è il Dio dei neri ma non è nero, è il Dio degli europei, ma non è europeo, è il Dio degli africani ma non è africano – e così via. Quando gli uomini impareranno ad amare Dio senza maschilizzarlo, e le donne ad adorarlo senza farne una femmina, e gli ebrei ad adorarlo senza semitizzarlo, e i musulmani ad adorarlo senza islamizzarlo, e così via, allora si comincerà a capire il senso dell'appellativo «Padre» dato da Gesù a Dio e di conseguenza si comincerà a celebrare su questa terra il culto dei «veri adoratori» che il Padre «richiede », anzi «reclama», quello «in spirito e verità» (v. 23)".
(Il testo del Prof. Paolo Ricca è stato tratto dal seguente sito:   

Attualizzazione
La donna samaritana rappresenta tutti noi. Era una persona in ricerca della vera acqua che disseta l'anima, una donna in cammino per trovare il vero cibo che sazia e rassicura. Anche noi ci volgiamo qui e là per acquisire conoscenza, maggiore sapienza, verso persone che pensiamo possano dare delle risposte al nostro cuore. Alla fine rimaniamo delusi e sfiduciati, perché realizziamo che nessuno ha la ricetta adatta a farci vincere le nostre crisi esistenziali.
Ebbene, come la Samaritana, che con i suoi sei mariti vive la sua condizione di peccato, anche noi, che conviviamo con le nostre forme palesi o latenti di peccato, dinanzi alla manifestazione della grazia e della bontà di Gesù Cristo dobbiamo confessare che solo Lui è il Salvatore nostro e del mondo. Lui solo ha parole di vita eterna.
Passare da un amore ad un altro, come ha fatto la Samaritana, non è la soluzione per la nostra vita, è la complicazione della nostra vita. Ma, forse, prima di capirlo e di volgere il nostro sguardo al Signore, dovremo attraversare e vivere storie lunghe di sofferenza.
Gesù disse: "Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno" (Gv 7:37-38).

                                                Aldo Palladino

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