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04 settembre 2021


Giovanni 6, 47-51

Gesù è il pane

Predicazione del Past. Prof. Paolo Ricca

Il testo biblico 

47 In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna.
48 Io sono il pane della vita.
49 I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono.
50 Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia.
51 Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne».

 

Salmo 104,14-15; 27-28;33-34; Apocalisse 3,20; Matteo 4,1-4

 

Cari Fratelli e Sorelle,

Gesù parla di pane. Anche noi ne parliamo ogni giorno, perché quando parliamo di lavoro, di disoccupazione, di precariato, parliamo di pane. Anche il lavoro è pane. Ma anche quando parliamo di salute, parliamo di pane: anche la salute è pane. E anche quando parliamo di amore, parliamo di pane: anche l'amore è pane. Parliamo continuamente di pane. Non possiamo non parlarne. L'umanità ne parla da sempre, dall'inizio della sua storia. In ogni tempo e in ogni luogo, ne parla ogni famiglia, ogni singola persona, ogni gruppo sociale, ogni popolo. Tutti parlano di pane.

Se avessero la parola, ne parlerebbero anche gli animali, perché anche loro devono mangiare, non una volta ogni tanto, ma ogni santo giorno. Anche noi dobbiamo mangiare ogni santo giorno. Senza pane non si vive, perciò il pane è il problema numero uno. Lo sappiamo tutti. Dovrebbe saperlo anche il prossimo governo del nostro paese, se ne avremo uno, dovrebbero saperlo tutti i governi del mondo, che invece spesso lo dimenticano, e mettono in cima alla loro agenda altre priorità. Aspetto ancora un governo che metta al primo posto, come problema numero uno, il pane.

Gesù sa, come sappiamo noi, che il pane è il problema numero uno dell'umanità. Perciò ci ha insegnato a dire nel "Padre nostro" come prima richiesta tra quelle che riguardano noi: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Gesù prende sul serio il problema del pane perché prende sul serio il problema della fame. Non so se nella vostra vita avete mai avuto fame senza avere il pane. Noi abbiamo fame, o almeno appetito, ogni giorno, ma ogni giorno abbiamo il pane. Ma avere fame e non avere pane, io non so che cosa voglia dire, so solo che deve essere terribile. Gesù sa che cosa vuol dire avere fame e non avere pane, avendo digiunato quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, e "alla fine", dice l'Evangelo letto poco fa, "ebbe fame", ma non c'era pane, c'erano solo pietre, che Egli non trasformò in pane, come gli suggeriva il diavolo. Gesù dunque sa cosa vuol dire aver fame, e quindi conosce il valore unico, assoluto del pane. Per questo dedica al pane l'ampio discorso del capitolo 6 (uno dei più lunghi del quarto evangelo), ma prima di parlare del pane, Gesù lo moltiplica e lo distribuisce alla folla di cinquemila persone affamate che sono state saziate. Davanti alla fame dell'uomo, Gesù non fa discorsi, ma moltiplica il pane, affinché tutti siano saziati e la fame sia debellata per sempre. Questo dunque è il primo evangelo del nostro testo: Gesù, pane di Dio disceso dal cielo, sa che cosa vuol dire "fame" avendola provata lui stesso, perciò prima di fare qualunque discorso sul pane lo ha moltiplicato affinché ce ne sia per tutti. E proprio questo è il primo "evangelo del pane": che ce ne sia per tutti.

Ma poi ce n'è un secondo, ed è di questo secondo "evangelo del pane" che Gesù parla il giorno dopo aver moltiplicato i pani e i pesci, quando la folla lo cerca (il giorno prima voleva "rapirlo per farlo re" – versetto 15), ma Gesù si accorge che non è lui che cercano, bensì il pane: "Voi mi cercate-dice- perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati". E aggiunge subito: "Adoperatevi non per il cibo che perisce ma per il cibo che dura in vita eterna" (v.27). Ecco, qui comincia il secondo "evangelo del pane".

Il primo l'abbiamo detto: il pane quotidiano, il pane per il corpo che sazia la fame dell'uomo è fondamentale, è prioritario, è preliminare a qualunque discorso, deve essercene per tutti i cinquemila. Ma ora che la gente è stata saziata, ora che non ha più fame di pane, ora può ascoltare il discorso di Gesù sull'altro pane. Si, c'è anche un altro pane, che non è quello che Gesù ha moltiplicato. È il pane di cui Gesù parla già nella alla tentazione, quando respinge il consiglio del diavolo di trasformare le pietre in pane dicendo: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio" (Matteo 4,4).

Vivrà certamente di pane, anzitutto di pane, ma non soltanto di pane, perché non c'è solo il pane per il corpo, ce n'è un altro, così come non c'è solo la fame di pane, ma c'è anche nell'uomo la fame di giustizia e Gesù dichiara "Beati gli affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati" (Matteo 5,6). Beato te, se non hai solo fame di pane, ma anche di giustizia. Ma nell'uomo c'è anche fame e sete di libertà, fame e sete di verità, fame e sete di pace, fame e sete di felicità, fame e sete di amore - un'infinita fame e sete di amore. Beato te, se non hai solo fame di pane, ma hai fame e sete di libertà, di verità, di pace e di amore. Ma l'elenco non è finito! C'è nell'uomo una inesauribile fame e sete di conoscenza. Beato te, se hai questa fame che viene saziata dal pane della scienza. E c'è anche nell'uomo, una insopprimibile fame e sete di bellezza e di armonia. Beato te, se hai questa fame e sete, perché puoi saziarla con il pane delle arti e della musica. Ma neppure ora l'elenco è finito.

Nell'uomo c'è un'altra fame ancora più profonda e misteriosa: la fame e la sete di Dio, di cui parla il profeta Amos: "Ecco, vengono i giorni, dice il Signore, l'Eterno, che io manderò la fame nel paese, non fame di pane o sete di acqua, ma la fame e la sete d'udire la parola dell'Eterno" (8,11). Beato te, se conosci questa fame e questa sete! Beato te, se sei venuto in chiesa perché hai questa fame e questa sete- sete dell'anima, sete di Dio. "L'anima mia è assetata di Te, la mia carne ti brama, in una terra arida che langue senz'acqua" (Salmo 66,1). Ecco: il secondo "evangelo del pane" di cui Gesù ci parla questa mattina è la risposta a questa fame e a questa sete. E la risposta qual è? Eccola: "Io sono il pane della vita" dice Gesù. Egli non è solo colui che moltiplica il pane e lo distribuisce: è lui stesso il pane che sazia la fame e la sete di Dio. Lo dice due volte: "Io sono il pane della vita", "Io sono il pane vivente": è come se dicesse: "Io sono la vita della vita", perché il pane è ciò che ci fa vivere e allora "pane della vita" vuol dire "vita della vita", ciò che fa vivere la vita, ciò che le da sostanza e consistenza, come se la vita non bastasse a se stessa, come se non bastasse essere vivi per vivere veramente, come se la verità della vita non fosse nella vita ma in Gesù. E allora: "Io sono il pane della vita" significa "Io sono il pane della verità della tua vita" o più semplicemente: "Io sono la verità della tua vita".

E qual è questa verità? Ecco la risposta di Gesù:" il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo" (v. 51). "la mia carne" vuol dire la mia storia, cioè la mia vita dalla greppia di Betlemme alla croce del Golgotha, la mia vita totalmente vissuta per gli altri e alla fine donata come prezzo di riscatto "per la vita del mondo ", dice Gesù: Egli non è solo la verità della tua vita, è la verità della vita del mondo- ed ecco la verità: la tua vita è riscattata, è perdonata, è liberata, è riconciliata; puoi essere lieto, sereno e felice, nulla e nessuno ti può rovinare la vita, Gesù l'ha messa al sicuro nella fortezza del suo perdono e della sua guida. La vita della nostra vita, anzi la vita stessa del mondo è la vita di Gesù offerta sulla croce. "Ecco l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" e apre le porte a un nuovo mondo, a una nuova umanità, a una nuova vita. Ecco l'altro pane che Gesù ha portato: il pane dell'amore e della grazia di Dio, che Gesù non solo ha portato, ma che è stato ed è nei secoli dei secoli per tutte le generazioni: "Io sono il pane della vita", io sono la vita della vita. Questo pane è disceso dal cielo, non venuto su dalla terra, non è un prodotto della terra, un prodotto dell'uomo. Però è un prodotto per l'uomo, per ciascuno di noi, tutti abbiamo bisogno di questo pane.

"Chi mangia di questo pane vivrà in eterno" (v.51). Che cosa vuol dire "mangiare di questo pane"? Vuol dire credere in Gesù, ma l'immagine del mangiare è molto istruttiva, ci fa capire bene che cosa vuol dire "credere": vuol dire entrare in un rapporto intimo, personale, come con il cibo quando mangiamo: il cibo entra dentro di noi e diventa nutrimento, così credere in Gesù significa nutrirsi di Lui, dei suoi pensieri, della sua sapienza, del suo perdono, del suo sacrificio, della sua vittoria sul male, sul peccato e sulla morte, della sua vittoria sulla rassegnazione, sullo scetticismo, sull'incredulità- nutrirsi di questa vittoria, ecco cosa vuol dire "mangiare del pane disceso dal cielo", cioè credere in Gesù, l'ultimo Adamo, l'uomo nuovo per un mondo nuovo.

Peccato che oggi in questa chiesa non è prevista la celebrazione della Cena del Signore. Sarebbe stato bello concludere questa predicazione con la condivisione del pane della Cena, segno potente ed efficace del pane di Dio che è disceso dal cielo e che da vita al mondo. Ma anche così, anche senza il segno, abbiamo la sostanza nella fede, abbiamo Gesù, pane della vita, vita della vita, della vita nostra e del mondo.

Amen

Predicazione del Pastore Paolo Ricca, Chiesa Valdese di Firenze, Domenica 10 Marzo 2013    

03 settembre 2021

Giovanni 20, 11-18
Perché piangi ?

Predicazione del Past. Prof. Paolo Ricca

Il Testo biblico 

11 Maria, invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro,
12 ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l'altro ai piedi, lì dov'era stato il corpo di Gesù.

13 Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Ella rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto».
14 Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù.
15 Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: «Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò».
16 Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!»
17 Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"».
18 Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose.

Cfr. anche Ezech. 37, 9-14; I Pt 1, 3-9; Mc 16, 9-15

 

Cari Fratelli e Sorelle,

in presenza di un racconto come questo, così bello, così luminoso, così immenso nel suo annuncio di vittoria, di grazia, di gloria, non si sa da dove cominciare; non si sa da dove cominciare ad attingere a piene mani ai tesori racchiusi come in uno scrigno in questi pochi, ineguagliabili versetti dell'evangelo secondo Giovanni. Cominceremo da dove comincia Gesù.

Gesù comincia da una donna. Non comincia più come aveva cominciato all'inizio del suo ministero, scegliendo dodici uomini: Pietro, Giacomo, Giovanni, Andrea, Filippo e tutti gli altri. A nessuno di questi Gesù appare per prima. A nessuno di loro Gesù affida la più grande e bella notizia mai udita in questo mondo, la notizia che per una volta la morte è stata vinta, che per una volta la morte non ha avuto l'ultima parola. Questa notizia che sta al cuore della fede cristiana ed è la ragione incrollabile della nostra speranza, Gesù non l'ha affidata ai grandi apostoli uomini, uno dei quali l'ha tradito, l'altro l'ha rinnegato tre volte e tutti, senza eccezione, l'hanno abbandonato, non a loro Gesù ha affidato il messaggio più grande, quello decisivo, la parola-chiave della fede e della storia: "Risurrezione!", la parola più divina di tutte, quella che più e meglio di ogni altra ci porta vicino al mistero di Dio che è un mistero di luce, questa parola che è la più preziosa della Bibbia dopo il nome tre volte santo di Dio. Questa parola Gesù non l'ha affidata ai signori apostoli, ma prima di tutto e di tutti a una donna, che non era apostola, ma che Gesù ha incoronato quella mattina "apostola degli apostoli".

Si, da qui dovevamo cominciare perché da qui comincia Gesù: da una donna. Così facendo Gesù va completamente contro corrente, perché allora le donne non erano accettate come testimoni nei tribunali; la loro parola non valeva niente; Gesù distrugge questa discriminazione affidando proprio a una donna la testimonianza più importante di tutte. Ma chi è questa donna che Gesù sceglie come prima testimone della risurrezione? E' Maria di Magdala (Magdala era un villaggio situato nel Mar di Tiberiade in Galilea), più nota però come Maria Maddalena, che secondo la tradizione era un'ex-prostituta che si era messa a seguire Gesù, ed era presente, insieme ad altre Marie sia alla morte di Gesù, sia alla sepoltura e ora accanto al sepolcro.

Non so se avete mai visto o sentito l'opera rock americana che si chiama Jesus Christ Superstar. Contiene una bellissima aria cantata da Maria Maddalena che dice così: "Io non so come amarlo. Non so che cosa fare, come muovermi con lui. Sono stata cambiata, si, realmente cambiata. In questi ultimi giorni, guardando a me stessa mi sembra di essere un'altra. Non so come interpretare questo fatto. Non capisco perché egli mi commuove. È un uomo, solo un uomo, e io ne ho avuti tanti di uomini. Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione del genere. Che cosa mi sta accadendo. Eppure, se dicesse che mi ama, sarei perduta, sarei spaventata. Non sarei all'altezza, semplicemente non sarei all'altezza. Mi girerei dall'altra parte. Indietreggerei. Non vorrei sapere. Mi spaventa tanto. Lo desidero tanto. Lo amo tanto".

Ecco descritto mi sembra molto bene il conflitto interiore di Maria Maddalena, trasformata da Gesù e quindi impaurita dal suo potere divino di perdono, e al tempo stesso, forse, innamorata di quest'uomo, che sembra come tutti gli altri, e invece è come nessun altro. "Non so come amarlo" dice Maria Maddalena: se amarlo come il mio liberatore, o amarlo in un altro modo che non so quale possa essere, e non oso confessare neppure a me stessa. È quest'altro amore che la spinge a cercare almeno il corpo di Gesù: alla persona che le sta davanti e che lei pensa sia il giardiniere, ella dice: "Se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai posto, e io lo prenderò" (20,15).

È dunque a questa donna scartata due volte (come donna la cui parola non vale nulla e come ex-prostituta per la sua condotta scandalosa), a questa donna scartata due volte sia dalla società civile sia dalla comunità religiosa che Gesù affida l'annuncio della Risurrezione, che è la pietra angolare su cui poggia l'intero edificio della fede e della Chiesa. Veramente tu sei un Dio che compie meraviglie, che sceglie le cose disprezzate del mondo per confondere quelle da tutti onorate, che capovolgi i nostri criteri di giudizio, che innalzi gli umili e abbassi i potenti. Con Te, Signore Gesù Cristo, i primi diventano ultimi, e gli ultimi primi.

Ma questa donna che Gesù sceglie è una donna in lacrime: "Maria se ne stava presso il sepolcro a piangere" (v.11). Per ben due volte (prima i due angeli, poi Gesù stesso) le rivolgono la stessa domanda: "Perché piangi?". Dobbiamo fermarci un istante su queste lacrime. Abbiamo mille motivi per piangere. Credo che non ci sia nessuno che non abbia mai pianto in vita sua. E se per caso non avessimo una ragione personale per piangere perché le cose ci vanno abbastanza bene, ci sono le condizioni del mondo che ci offrono tanti motivi per piangere, a motivo dei conflitti, delle guerre, della fame, delle ingiustizie, delle spaventose contraddizioni che vediamo ogni giorno. Abbiamo mille motivi per piangere se il nostro cuore non è di pietra, ma di carne, se abbiamo un po' di compassione per l'uomo e per il mondo attraversato da tanto dolore.

C'è una leggenda ebraica che dice che nel mondo esistono 36 Giusti, che sono il cuore moltiplicato del mondo, che prendono su di sé il dolore del mondo così che attraverso loro tutte le nostre lacrime si versano nel cuore di Dio. Quando uno di questi Giusti sale al cielo, è così ghiacciato che Dio deve riscaldarselo tra le dita per mille anni prima che la sua anima possa dischiudersi al Paradiso. Per dire quanto è grande il dolore del mondo.

Ma Maria non piange per se stessa o per le condizioni del mondo. Piange perché il sepolcro è vuoto, dove c'era Gesù, non c'è più nulla. Il corpo scomparso di Gesù è una metafora per l'eclissi di Dio nella società moderna, soprattutto occidentale. Maria piange per il vuoto lasciato dall'eclisse di Dio, piange per la perdita di Dio. Non so se conosciamo questo dolore. Nella Bibbia c'è un Salmo che ne parla: "Le mie lacrime sono diventate il mio cibo giorno e notte, mentre mi dicono continuamente: Dove è il tuo Dio?". Perché piangi? Piango perché soffro per questo vuoto, non lo posso accettare, non mi rassegno a una presenza diventata assenza, non mi rassegno a vedere Dio emarginato o ignorato, come qualcosa di superfluo, o di ingombrante, o di irrilevante. Donna, perché piangi? Piango perché l'Europa in larga misura ti ha perso di vista, e anch'io, con la mia generazione, abbiamo perso le tue tracce. Sono venuta a cercarti, ma non ti ho trovato. Spero che il dolore di Maria Maddalena lo proviamo un po' anche noi.

Ma ecco: colui che era scomparso, appare; colui che sembrava assente, è presente. È  presente, ma non è riconosciuto. Questo è il destino di Dio nel mondo: essere presente e non essere riconosciuto. Si parla tanto della assenza di Dio: ma Dio non è assente, è presente, ma non è riconosciuto. Come succede qui a Gesù: "Maria vide Gesù in piedi, ma non sapeva che era Gesù" (20,14). Lo vede, ma non lo riconosce. Perché non lo riconosce? Certamente perché il corpo risorto di Gesù è diverso da quello che aveva durante la sua vita, è un corpo nuovo, e il fatto che Maria non lo riconosca esprime appunto la diversità e novità del corpo risorto rispetto a quello di prima.

Ma il tema di vedere e non riconoscere è molto ampio e concerne il nostro modo di guardare tutta la realtà che ci circonda. Ad esempio: vedere il cielo e la terra e non riconoscere la mano di Dio; vedere la creatura e non riconoscere il Creatore; vedere la vita e non riconoscere "la Fonte della vita" (Salmo 36,9); vedere l'altro e non riconoscere il prossimo; vedere il prossimo, e non riconoscere il fratello; vedere un malato, un carcerato, un profugo, un affamato e non riconoscere quello che Gesù chiama uno dei suoi "minimi fratelli" (Matteo 25,40). Che cosa vuol dire "riconoscere"? Vuol dire vedere quel che non si vede, vedere oltre le apparenze, vedere quel che è nascosto agli occhi del corpo, ma è evidente agli occhi del cuore; in una parola vedere l'invisibile. Come dice l'apostolo Paolo: "Noi abbiamo lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; perché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne" (II Corinzi 4,18).

Maria non riconosce subito Gesù, ma poi lo riconosce. Quando? Quando Gesù le parla. Finché Dio resta muto, è una Sfinge, un Enigma, una grande Domanda senza risposta, uno Sconosciuto, come quello al quale gli Ateniesi avevano eretto un altare "Al Dio sconosciuto" (Atti 17,23). Dio lo si conosce e riconosce nella sua Parola. Quando Gesù parla, allora Maria lo riconosce. E che cosa le dice Gesù? Non le dice, come potremmo aspettarci: "Io sono Gesù, non sono il giardiniere", no, le dice: "Tu sei Maria; ti conosco e ti riconosco". E Maria risponde: "Rabbunì!" che vuol dire Maestro! C'è dunque qui un doppio riconoscimento: Maria riconosce Gesù nel momento in cui Gesù riconosce Maria!

E non vi sembra meraviglioso che la prima parola di Gesù risorto sia: "Donna, perché piangi?". Come per dire: "So bene che ci sono tante ragioni per piangere, davvero tante. Ma ora ce n'è una per non piangere, una sola, ma c'è: Gesù è risorto, la morte è stata vinta, l'ultima parola ce l'ha la vita e non la morte, la libertà e non l'oppressione, la giustizia e non l'ingiustizia, il bene e non il male, la gioia e non il dolore. Si, c'è una ragione per non piangere, una sola, ma c'è: è quella che celebriamo in questo culto e che vogliamo gelosamente custodire nel nostro cuore, per non dimenticarla nel giorno delle lacrime. E non vi sembra meraviglioso che la seconda parola che Gesù risorto pronuncia sia il nostro nome: "Maria!" Gesù si trova già aldilà del confine della morte, nel mondo nuovo di Dio, ma non dimentica il nostro nome e ci chiama: "Maria!" "Carlo!" "Franco!" "Anna!" "Laura!". Mettete il vostro nome al posto di quello di Maria, scrivetelo nella vostra Bibbia. Gesù risorto, dall'altro versante della realtà, ci chiama per nome a entrare nella comunità della risurrezione, dove si sa che l'ultima parola ce l'ha Lui, e non la morte, Lui, il primo e l'ultimo, e il vivente nei secoli dei secoli.

Cari Fratelli e Sorelle, io mi devo fermare perché l'ora è avanzata, ma l'evangelo di Pasqua continua. Ci sono altri tesori nei versetti successivi che non abbiamo il tempo di mettere in luce. Ma quello che abbiamo udito è più che sufficiente per celebrare una "Buona", anzi un' "Ottima Pasqua". Amen.

Pastore Paolo Ricca - sermone predicato in occasione del culto di Pasqua, Domenica 31 marzo 2013, Chiesa Evangelica Valdese di Firenze