Marco 5:36
"Non aver timore, solo credi!"
Predicazione di Aldo Palladino
Il testo biblico di riferimento
21 Gesù passò di nuovo in barca all'altra riva, e una gran folla si radunò attorno a lui; ed egli stava presso il mare. 22 Ecco venire uno dei capi della sinagoga, chiamato Iairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi Marco 5:23 e lo pregò con insistenza, dicendo: «La mia bambina sta morendo. Vieni a posare le mani su di lei, affinché sia salva e viva». 24 Gesù andò con lui, e molta gente lo seguiva e lo stringeva da ogni parte. 25 Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni, 26 e che molto aveva sofferto da molti medici e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata, 27 avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: 28 «Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva». 29 In quell'istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. 30 Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: «Chi mi ha toccato le vesti?» 31 I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: "Chi mi ha toccato?"» 32 Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. 33 Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. 34 Ma Gesù le disse: «Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male». 35 Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?» 36 Ma Gesù, udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: «Non aver timore; solo credi!»
37 E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 Giunsero a casa del capo della sinagoga; ed egli vide una gran confusione e gente che piangeva e urlava. 39 Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». 40 Ed essi ridevano di lui. Ma egli li mise tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui, ed entrò là dove era la bambina. 41 E, presala per mano, le disse: «Talità cum!» che tradotto vuol dire: «Ragazza, ti dico: àlzati!» 42 Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni. E furono subito presi da grande stupore; 43 ed egli comandò loro con insistenza che nessuno lo venisse a sapere; e disse che le fosse dato da mangiare.
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Introduzione
I due miracoli qui narrati dall'evangelista Marco contengono spunti di riflessione notevoli, che riguardano la dirompente azione di Gesù sulla malattia e sulla morte, ma anche la reazione dei vari personaggi che interagiscono con Gesù e con i fatti in cui essi sono coinvolti.
Ma qui intendo mettere in risalto solo un elemento presente nel testo e nella vita di tutti noi.
Paura
Penso, infatti, che questo episodio ci inviti a riflettere sul sentimento della paura, che accompagna la nostra vita sin dalla nascita. Abbiamo molte paure, vecchie e nuove: paura della morte, della malattia, paura della guerra, soprattutto quella atomica, paura di affrontare la vita, paura di sposarsi, paura della solitudine, paura di non trovare un posto di lavoro o di perderlo, paura dei ricchi di perdere le proprie ricchezze, paura dei poveri di non avere più speranza alcuna, paura del terrorismo politico e religioso, paura dell'inquinamento o della diminuzione delle risorse naturali, quindi paura della fame e della sete per molti popoli della terra, paura del riscaldamento della terra, paura (anche se ingiustificata) degli immigrati che sbarcano numerosi sulle nostre coste, paura dell'altro e talvolta paura anche di noi stessi. E l'elenco potrebbe continuare.
Noi credenti non siamo esenti dalla paura, perché essa è parte integrante della nostra natura. Gli specialisti ci dicono che essa è un sentimento utile ad allertarci contro ogni pericolo e a predisporre le difese per non essere sopraffatti. Ma in quanto cristiani, chiamati alla sequela di Gesù Cristo, siamo svantaggiati nel reagire di fronte al pericolo perché sappiamo che a noi non è concesso di difenderci e lottare con le stesse armi che usa il "mondo". E questo crea tensione, perché in noi entrano in collisione sentimenti contrastanti, la nostra natura reattiva, sollecitata dalla paura, e la nostra natura pacifica, mite, educata dalla fede in Cristo.
"Non temere!"
Nei Vangeli Gesù non si stanca di ripetere: "Non temere!". "Non temere, piccolo gregge" (Lc. 12:32) dice ai suoi discepoli ai quali aveva rappresentato le difficoltà che avrebbero incontrato come suoi seguaci: "Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi…Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno" (Mt. 10:16-17). "Sarete odiati da tutti a causa del mio nome" (Mt. 10:22). "Nel mondo avrete tribolazione" (Gv. 16:33). "Vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia" (Mt. 5:11).
"Non temere". È l'esortazione di Gesù in circostanze estreme in cui l'uomo mostra di non poter fare più nulla per intervenire e affrontare la situazione, cioè quando è al limite di ogni speranza o quando non v'è più alcuna speranza. Solo allora, solo quando l'uomo si arrende agli eventi che lo travolgono e invoca il suo intervento, Gesù entra in azione.
Nel nostro brano, la figlia di Iairo è già morta quando Gesù dice "Non temere"al padre straziato dal dolore. Ma anche in altre occasioni estreme Gesù ha lo stesso atteggiamento e ha parole rassicuranti. Quando Lazzaro è già morto, Gesù dice a Marta: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?" (Gv 11:40).
Nel racconto in cui Gesù calma la tempesta, in cui i discepoli impauriti dalle onde minacciose vanno da Gesù che sta dormendo e gli chiedono di salvarli, Gesù dice: "Perché avete paura, o gente di poca fede?
E alla chiesa di Smirne che sta per affrontare un periodo di persecuzione sotto l'imperatore Domiziano, il Signore dice: "Non temere!" (Ap. 2:10).
È il caso di sottolineare che laddove è presente Gesù o viene segnalata la sua presenza c'è sempre un invito a "non temere".
"Non temere, Zaccaria" (Lc. 1:13) dice un angelo.
"Non temere, Maria" (Lc. 1:30) dice l'angelo Gabriele.
Ai pastori della natività che sono "presi da gran timore", angelo dice: "Non temete" (Lc. 2: 10).
Al sepolcro vuoto della risurrezione, un angelo dice alle donne: "Non temete" (Mt. 28:5).
Appare, dunque, evidente che la parola di Gesù "non temere" non è quella mezza parola di conforto che noi uomini diamo ai nostri amici sofferenti accompagnandola con una battuta di mano sulla spalla.
Il "Non temere" di Gesù ha un significato profondo. Gesù vuole dirci che noi non siamo soli, abbandonati alla nostra solitudine dinanzi a tutte le difficoltà della vita, e che Lui c'è ed è vicino a tutti quelli che lo invocano (Salmo 145:18).
Egli ci invita a opporci alla paura, ma utilizzando l'arma della fede, perché per il Signore il contrario della paura non è il coraggio, ma la fede. Fede in Gesù Cristo, che ci libera da ogni forma di paura, da tutto il timore che incute questo mondo corrotto e violento. La vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo sono il fondamento su cui possiamo poggiare saldamente i nostri piedi, la nostra esistenza. Certo, come tutti gli uomini di questo mondo non siamo al riparo dai mali di questa terra, perché anche noi continueremo ad ammalarci, a subire le conseguenze nefaste di una natura contaminata dal peccato dell'uomo, ma tutto questo non ci spaventa più, perché Gesù Cristo ha superato ogni avversità annientando la morte e risorgendo per noi.
Se il messaggio dell'Evangelo di Gesù Cristo lo abbiamo accolto nella nostra vita, la parola di Gesù: "Non temere" diventa un messaggio di liberazione e di pace. Di liberazione dalle tante paure dell'esistenza e di pace profonda della nostra anima, condizioni che ci consentono di incamminarci su un sentiero nuovo proiettati verso una vita nuova di impegno, di servizio e di fedeltà al Signore e per amare il nostro prossimo.
Aldo Palladino