EVANGELO SECONDO MATTEO 24, 1-14
Inizio del discorso profetico di Gesù
Studio esegetico/omiletico
A cura di Aldo Palladino
Il testo biblico
"1 Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio. 2 Ma egli rispose loro: «Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata».
3 Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell'età presente?»
4 Gesù rispose loro: «Guardate che nessuno vi seduca. 5 Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: "Io sono il Cristo". E ne sedurranno molti. 6 Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. 7 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; 8 ma tutto questo non sarà che principio di dolori. 9 Allora vi abbandoneranno all'oppressione e vi uccideranno e sarete odiati da tutte le genti a motivo del mio nome. 10 Allora molti si svieranno, si tradiranno e si odieranno a vicenda. 11 Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti. 12 Poiché l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà. 13 Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. 14 E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine".
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Introduzione
Questo brano della Scrittura è l'inizio del discorso "apocalittico" di Gesù (dal greco apokalypto, rivelare, svelare o togliere il velo, scoprire, in riferimento al disvelamento di una qualche verità nascosta soprattutto se riguardo a Dio o al suo piano per il mondo) che segue i canoni dell'"apocalittica giudaica"- genere letterario che fiorì dal 200 a.C. fino al 135 d.C. –, che per quanto "figlia della profezia" e ad essa somigliante sviluppò tratti di differenziazione che le dettero nuovo carattere e personalità propria da costituire un corpus letterario a parte.
Matteo, che si rifà a Marco per scrivere il suo vangelo, e Marco stesso hanno preso molto materiale dalla tradizione apocalittica allora circolante in Israele. Nelle "apocalissi sinottiche" di Marco, Matteo e Luca, ci sono frasi che si ritrovano in qualunque scritto giudaico di quel tempo che trattasse della fine di tutte le cose. Nel giudaismo era diffuso il presentimento di avvenimenti messianici e c'era la consapevolezza che i tempi nuovi fossero imminenti, ma che sarebbero stati preceduti da catastrofi cosmiche e storiche sconvolgenti descritte con una serie di immagini (Satana e i suoi angeli contro i giusti, terremoti, guerre, carestie e così via). Si può dunque supporre che non tutto quanto troviamo nel capitolo 24 provenga dalla bocca di Gesù, ma "che la comunità primitiva gli abbia attribuito parole che provenivano dalla tradizione e che siano perfino stati intercalati nel capitolo brani di un'apocalissi giudaica che andavano di mano in mano su di un foglietto volante"( Günther Dehn. Il Figlio di Dio. Claudiana Editrice. 1950).
Il discorso apocalittico di Matteo 24 e 25 adempie la stessa funzione dell'apocalittica giudaica. Parla di una serie di avvenimenti futuri che culmineranno con la venuta d Gesù in gloria, ma il suo accento ricade sull'esortazione alla fedeltà, piuttosto che sulla rivelazione di segreti celesti. Ciò viene dimostrato non soltanto dalla quantità di spazio dedicata ad alcune parabole sull'attesa vigilante, ma anche dal gran numero di imperativi disseminati in tutto il discorso.
Il nostro testo può essere diviso in tre parti:
- vv. 1-2. La distruzione del tempio
- vv. 3-8. L'inizio dei dolori
- vv. 9-14. Le persecuzioni
vv. 1-2. La distruzione del tempio
"1 Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio. 2 Ma egli rispose loro: «Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata».
Nel vangelo di Marco la domanda è posta da uno dei discepoli, mentre in Matteo sono i suoi discepoli a richiamare l'attenzione di Gesù sul tempio e sugli edifici circostanti. La curiosità dei discepoli si è accesa probabilmente quando Gesù nel tempio, al termine della lunga polemica con i suoi oppositori, scribi e farisei, ha detto: " Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta" (23,38), riferendosi o al tempio o a Gerusalemme o anche alla stirpe di Davide. E in questo nostro testo Gesù rincara la dose con un'affermazione più esplicita: "Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata" (24,2). La forma è identica in Marco 13,2 e sostanzialmente anche in Luca 19,44.
La questione fondamentale, dunque, almeno in questi primi due versetti, non concerne la venuta del Messia nella gloria, ma la distruzione del tempio.
Perché Gesù profetizza la distruzione del tempio?
È molto probabile che Egli volesse attaccare il centro vitale della nazione giudaica, il luogo che il popolo riteneva la sede della presenza di Dio, e forse anche mettere fine al suo compito verso quel popolo che lo ucciderà.
Predire la distruzione del tempio equivaleva dunque a esporsi alla morte. Questo era successo già al profeta Geremia, che fu minacciato di morte quando nella sua profezia sul tempio disse: "Io tratterò questa casa come Silo [distrutta da tempo] e farò che questa città serva di maledizione presso tutte le nazioni della terra" (26,6). E predire la distruzione del tempio significava decretare la fine di un tempo e l'inizio di un nuovo tempo. D'altra parte, nel momento in cui Gesù, che si considerava il Messia, veniva respinto dal suo popolo, il tempio, come luogo della presenza della grazia di Dio, non aveva più ragione di esistere.
- vv. 3-8. L'inizio dei dolori
3 Mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si avvicinarono in disparte, dicendo: «Dicci, quando avverranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell'età presente?»
4 Gesù rispose loro: «Guardate che nessuno vi seduca. 5 Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: "Io sono il Cristo". E ne sedurranno molti. 6 Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. 7 Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; 8 ma tutto questo non sarà che principio di dolori.
3. La conversazione prosegue sul Monte degli Ulivi, che non è un luogo qualunque ma un luogo qualificato di avvenimenti escatologici (Zaccaria 14,4 profetizza la venuta di Dio su quel monte).
Due sono le domande rivolte a Gesù dai discepoli. La prima riguarda il quando della distruzione del tempio, la seconda intende conoscere quale sarà il segno che possa permettere di riconoscere la prossimità degli avvenimenti finali.
"Venuta" nel nostro testo è indicata col termine "parousìa", che è usato nelle epistole per indicare la "seconda venuta"del Signore. Nei sinottici si trova solo in questo capitolo.
La "fine dell'età presente" è un ebraismo che troviamo solo in Matteo (13,39.40.49;28,20) e richiama Daniele 12,4.13 (tempo della fine o fine [dei tempi]).
4.5. Gesù non risponde alla prima domanda e la mia impressione è che anche alla seconda non risponda in modo esaustivo visto che degli avvenimenti menzionati parli di "principio o inizio di dolori" (v. 8). Piuttosto, egli si preoccupa di esortare i suoi discepoli a guardarsi dai falsi cristi o da presunti "liberatori" (Atti 5,36-37 riferisce di Teuda e di Giuda il Galileo; 8,9 ci parla di Simone il Mago che seduceva con le arti magiche ma che si convertì e si battezzò alla predicazione di Filippo. E Flavio Giuseppe riporta il caso di un falso Messia che volle fondare dal Monte degli Ulivi il regno messianico (Bell. 2,262).
6.7. Al male interno prodotto dai falsi cristi, si aggiunge quello esterno di guerre e rumori di guerre (cioè di guerre vicine e lontane), carestie e terremoti. Sono flagelli che Gesù enumera seguendo la traccia della tradizione apocalittica. In Apocalisse 6,4.8.12 sono elencati con lo stesso ordine. Essi sono "principio di dolori", perché pur essendo già molte le tribolazioni, bisogna aspettarsi ancora di peggio.
- vv. 9-14. Le persecuzioni
9 Allora vi abbandoneranno all'oppressione e vi uccideranno e sarete odiati da tutte le genti a motivo del mio nome. 10 Allora molti si svieranno, si tradiranno e si odieranno a vicenda. 11 Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti. 12 Poiché l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà. 13 Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. 14 E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine".
9. Il peggio che può colpire la comunità cristiana è rappresentata dalle avversità, dalle persecuzioni, dall'odio da parte di "tutte le genti", cioè da parte di tutti i popoli, dal mondo, perché un mondo senza pace non tollera la presenza di chi predica e intende costruire la pace. Tacito, nei suoi Annali (XV:44), chiama i cristiani "odium generis humani", l'odio del genere umano [verso la chiesa].
10-11. Ma il peggio nasce all'interno della chiesa ed è rappresentano da scandali, tradimenti, odio, falsi profeti. Rispetto a quest'ultimi, Matteo nel Sermone sul Monte (7,15-20) aveva già ammonito i suoi lettori a essere vigilanti. I falsi profeti non sono persone che "fanno predizioni sbagliate per il futuro, ma coloro che rivendicano il diritto di esercitare la conduzione della chiesa, ma la cui vita non è conforme all'insegnamento etico di Gesù (7, 21-23)"(Douglas R.A Hare). Non solo la vita, ma anche l'insegnamento.
12. A causa di questa "iniquità" (anomia), infedeltà alla legge di Dio, l'amore si raffredderà. Più di qualsiasi altro pericolo, questa è la minaccia più grave per la chiesa, che senza il servizio e la pratica dell'amore non è nulla (I Cor. 13, 2).
La comunità dei credenti è dunque messa in guardia dai rischi di fenomeni degenerativi della vita cristiana insiti nel suo seno.
13. Per arginare il degrado della chiesa e giungere alla salvezza occorre perseverare, che significa rimanere al proprio posto per contrastare ogni pericolo, sopportare la persecuzione e altre prove senza rinunziare alla fede, ma anche persistere nell'amore (I Cor. 13,7: l''amore sopporta ogni cosa).
14. Nonostante tutta l'ostilità e l'odio che incontra, la chiesa riuscirà a predicare "questo evangelo del Regno" a tutti i popoli nel mondo intero. "E allora verrà la fine", afferma Matteo. In questa precisazione, sembra che Matteo voglia offrire una spiegazione teologica al ritardo del ritorno del Signore che tante persone credevano imminente: il Signore tarda perché la chiesa deve prima completare la sua missione.
Anche noi, sapendo che ogni attesa è già compiuta con Gesù Cristo crocifisso e risorto, impegniamo la nostra vita nel servizio dell'evangelo con fedeltà e costanza, testimoniando della grazia e della misericordia di Dio.
Occorre cogliere bene il senso del discorso di Gesù perché, mentre i discepoli sono interessati a conoscere il "quando" e il "come" dei tempi della fine, la vera preoccupazione di Gesù è incentrata sul tempo presente, sui pericoli ai quali i discepoli sarebbero andati incontro, per prepararli ad affrontare il cammino cristiano con un serio impegno, con determinazione e con speranza.
- Un primo insegnamento che cogliamo dalle parole di Gesù, quando afferma che del tempio non sarebbe rimasta pietra su pietra, è che tutto ciò che ai nostri occhi sembra sicuro, indistruttibile, immutabile deve essere rivisto con l'ottica della precarietà. Non c'è nulla di definitivo e stabile sulla terra. Tutto è mutamento, cambiamento. La nostra vita passa. Civiltà intere sono passate. Una generazione dopo l'altra è passata. A che cosa ci aggrappiamo, dunque? Qual è il fondamento di ogni nostra speranza? Già in altra occasione, Gesù aveva detto: " Non fatevi tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano; ma fatevi tesori in cielo…perché dov'è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore" (Mt. 6:19-21). E nel nostro cap. 24 dirà: "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno" (Mt. 24:35).
Il Salmista aveva detto che la vita dell'uomo è come l'erba, che "verdeggia la mattina, la mattina essa fiorisce e verdeggia, la sera è falciata e inaridisce" (Salmo 90:5-6).
- Un secondo insegnamento di Gesù ci mette in guardia dal potere di seduzione sempre presente nella vita dell'uomo. Siamo sedotti dal desiderio di potere, di dominio, di supremazia, o molto più semplicemente di apparire, di essere qualcuno, addirittura di presentarsi come "il Cristo" o come altri "liberatori" che attraverso le guerre hanno inteso o intendono imporre un'ideologia o addirittura "esportare la democrazia".
- Un terzo insegnamento è che occorre essere consapevoli che il cammino del credente è sempre contrassegnato da contraddizioni e da contrapposizioni. Anche all'interno della chiesa si possono levare falsi profeti, abili seduttori di anime semplici che minano i rapporti personali con la conseguenza che l'amore viene meno.
In una situazione di degrado e di deriva, soltanto chi persevera nella fede può sopravvivere ed essere salvato.
- Un quarto insegnamento è che come credenti dobbiamo avere la consapevolezza che la nostra vita deve essere vissuta con l'intento di lavorare per l'avanzamento del Regno di Dio qui e oggi, nutrendo nel nostro cuore un sano sentimento di attesa di incontrare il Signore. La tensione di vivere tra il già e il non ancora rimane, ma un giorno sarà superata, quando "lo vedremo com'Egli è" (1 Gv. 3:2). Teologia dell'impegno e teologia dell'attesa devono convivere e mai prevalere l'una sull'altra. Scriveva il Past. Antonio Adamo: "La Chiesa del Signore è realtà di attesa e di annuncio, in cui le promesse sono vissute come vere e ogni giorno è breve come l'ultimo e lungo come il primo. La dimensione forte dell'essere della Chiesa sono la fede, la speranza e l'amore. Non si tratta di abbandonare il mondo né di sposarne i principi, ma di vivere con intensità il presente, attendendo con intensa passione le promesse. Nel tempo dell'Avvento ci fermiamo e ascoltiamo le promesse; facciamo silenzio e lasciamo parlare il Signore. Aspettiamo continuando con impegno il nostro viaggio, certi che il Signore saprà incontrarci come e quando egli vorrà. Nell'attesa pronunciamo e facciamo qualcosa di buono, di pacifico, di risanatore. Cerchiamo di essere segno della nuova umanità in Cristo".
Aldo Palladino
Bibliografia
Gunther Dehn. Il Figlio di Dio. Claudiana Editrice, 1950
Douglas R. A. Hare. Matteo. Claudiana srl. 2006
Julius Schniewind. Il Vangelo secondo Matteo. Paideia Editrice.2006
David Syme Russell. L'apocalittica giudaica. Paideia Editrice. 1991
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