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12 gennaio 2014





Lo Spirito Santo soffia dove vuole
(Num. 11: 26-30)


Predicazione di Aldo Palladino



 

Il testo biblico
26 Intanto, due uomini, l'uno chiamato Eldad e l'altro Medad, erano rimasti nell'accampamento, e lo Spirito si posò su di loro; erano fra i settanta, ma non erano usciti per andare alla tenda; e profetizzarono nel campo. 27 Un giovane corse a riferire la cosa a Mosè, e disse: «Eldad e Medad profetizzano nel campo». 28 Allora Giosuè, figlio di Nun, servo di Mosè fin dalla sua giovinezza, prese a dire: «Mosè, signor mio, non glielo permettere!» 29 Ma Mosè gli rispose: «Sei geloso per me? Oh, fossero pur tutti profeti nel popolo del Signore, e volesse il Signore mettere su di loro il suo Spirito!» 30 E Mosè si ritirò nell'accampamento, insieme con gli anziani d'Israele.

***
Qualcuno potrebbe chiedersi che senso ha raccontare oggi questo episodio capitato nell'accampamento del popolo d'Israele nel deserto. Per scoprirlo, dobbiamo ricordare che quello che abbiamo letto è l'epilogo, la conclusione, la soluzione che Dio dà quando molti cominciano a mormorare e a protestare. Il testo ci rimanda alla storia dei lamenti del popolo che s'era stufato della manna e rivendicava le pignatte di carne dell'Egitto e non solo, perché diceva: "Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto a volontà, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell'aglio" (11: 5). E lo stesso testo ci ricorda anche del lamento di Mosé verso l'Eterno per il gran peso che gli era stato messo addosso (11:11). Siamo in una situazione difficile che l'Eterno risolve in un modo saggio e innovativo: non uno solo porterà il peso del popolo. Ecco la novità:  da questo momento non vi sarà più una direzione monarchica dello stanco Mosè; egli sarà affiancato da 70 uomini, che lo aiuteranno nell'opera di guida e di comando. Devono essere uomini su cui Dio riverserà lo Spirito Santo perché siano all'altezza del compito finora affidato a Mosè. Così, nella tenda di convegno, Mosè porta i prescelti e lì essi ricevono lo Spirito Santo.
La ricchezza dei ministeri porterà all'assegnazione e alla divisione dei compiti per un più efficace governo del popolo.
Ma la particolarità di questo episodio sta nel fatto che lo Spirito scende anche su due dei 70 uomini, Eldad e Medad, che non sono nella tenda di convegno, ma sono nell'accampamento e profetizzano (non si conoscono i motivi per cui non siano nella tenda). Un giovane porta la notizia di quanto è avvenuto e Giosuè interviene su Mosè per chiedergli di non permettere a questi due giovani di profetizzare (vv. 26-28). E Mosè, da uomo di Dio, deve correggere l'imputo impulsivo di Giosuè mostrando un'apertura spirituale che è secondo la volontà di Dio: "Sei geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!" (29).
Il comportamento di Giosuè, quand'anche sia un uomo fedele e consacrato, rappresenta qui quei credenti che vorrebbero tenere per sé i doni che l'Eterno elargisce a chi vuole. Nella Scrittura, non è l'unico a comportarsi in tal modo.
Nella parabola del figliuol prodigo (Lc. 15: 11-32), il figlio maggiore pensa pensa di aver lui diritto alla grazia del Padre ed è geloso della misericordia manifestata dal suo Padre verso suo fratello.
Nella parabola del buon samaritano (Luca 10: 25-37), i religiosi passano davanti al ferito e non si fermano perché pensano solo a se stessi e credono di essere i soli degni del Signore, mentre un samaritano si prende cura di quell'uomo e agisce con amore.
Nella chiesa di Corinto, in cui c'è abbondanza di doni dello Spirito, alcuni pensano di avere una specie di monopolio della grazia e disprezzano gli altri. L'apostolo Paolo dovrà insegnare che i doni sono doni del Signore, che è libero di agire dove e come vuole. Nessuno può tenere per sé i doni del Signore, perché essi sono dati per il bene comune, come scrive Paolo: "Vi è diversità di carismi, ma vi è un medesimo Spirito. Vi è diversità di ministeri, ma non v'è che un medesimo Signore…Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune" (1 Cor. 12: 4-7).
C'è anche l'episodio di quel tale che scaccia i demoni nel nome di Gesù, al quale i discepoli vietano di operare perché non fa parte del loro gruppo (Luca 9: 49). Proprio come Giosuè che aveva chiesto a Mosè di vietare a Medad e Eldad di profetizzare.
Dobbiamo dunque stare attenti che questa mentalità o questo modo di agire non ci contagino. Nella cristianità, ancora oggi, c'è chi crede di avere il monopolio esclusivo del possesso dello Spirito Santo, di avere dei doni più degli altri e migliori degli altri,  se non addirittura la verità più vera di quella degli altri, che spesso generano delle rivalità interconfessionali o addirittura delle rivalità interpersonali quando il contrasto è tra fratelli della stessa comunità che si pongono veti l'un l'altro.
Certo, nella chiesa bisogna ben riconoscere doni ricevuti dal Signore e affidare il ministero a persone consacrate e ripiene dello Spirito Santo, perché la confusione non deve essere considerata una libertà dello Spirito, come è avvenuto nel corso della storia, ma bisogna essere attenti a saper cogliere l'azione dello Spirito e a non aver paura delle novità che il Signore ci mette davanti.
Per questo dobbiamo saper accogliere l'esclamazione di Mosè a Giosuè: "Fossero pur tutti profeti nel popolo dell'Eterno e volesse l'Eterno mettere su loro il suo Spirito!".
Mosè avrà la conferma di questa sua visione del popolo di Dio nei profeti e nella Pentecoste.  L'Eterno chiamerà il profeta Amos, un mandriano. Chiamerà Geremia, un figlio di sacerdote, e  chiamerà anche un diplomatico come Isaia.
Geremia profetizzerà la visione di un popolo al quale non sarà data soltanto la legge in precetti, scritta sulla pietra, ma la legge dello Spirito scritta nei cuori, finché giunga il giorno nel quale "tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice l'Eterno" (Ger. 31: 34).
La Pentecoste cristiana, infine, confermerà la speranza dello Spirito sparso su ogni carne. La Chiesa è il popolo di Dio che Dio ha promesso come voce profetica in questo mondo. E noi credenti dobbiamo essere all'altezza di questo compito che ci è stato affidato per annunciare che Cristo è il Salvatore del mondo, è colui che inaugura il Regno di pace, di giustizia, di verità, di amore.
Ma ritorniamo alla domanda iniziale, cioè se ha senso parlare ancora oggi dell'episodio dello Spirito Santo nell'accampamento di Israele.
La mia risposta non non può che essere affermativa, perché sono convinto che le cause della crisi che stiamo vivendo oggi non sono solo economiche, finanziarie, o dovute alla globalizzazione e all'euro, o ai disegni di poteri forti che sognano il dominio del mondo. La crisi ha profonde radici spirituali, perché l'uomo ha abbandonato Dio e di conseguenza nel suo orizzonte di vita  non c'è più alcun senso di giustizia, di solidarietà, di condivisione, di accoglienza, di amore per il prossimo. L'individualismo esasperato ha preso il posto del concetto di comunità.
Occorre, dunque, che la Chiesa sia la voce profetica che torni a richiamare l'uomo alla conversione e all'ubbidienza al Signore, perché lo Spirito Santo possa soffiare potentemente su tutti.

                                                                                            Aldo Palladino

Predicazione nella Chiesa Cristiana Evangelica
C.so Gramsci 24 - Torre Pellice 
Domenica, 12/1/2014

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