Gesù, vero rappresentante
della nostra umanità
di Aldo Palladino
Il testo biblico: “ Nei giorni della sua carne,con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà. Benché fosse figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna”.
oooOoooIl testo biblico che abbiamo appena letto mette in evidenza alcuni aspetti del ministero di Gesù. Infatti, il testo è un inno cristologico, tra i tanti presenti nel NT, avente fondamentalmente lo scopo di porre o riproporre Gesù come centro della confessione di fede cristiana.
Questa (ri)proposizione è resa necessaria perché l’autore di Ebrei “vede la chiesa esposta a un pericolo, al suo interno, a causa di un crescente raffreddamento della fede.
I lettori sono diventati apatici:
- non prestano più attenzione alla predicazione (2,1; 5,11);
- rischiano di rimanere indietro (4,1);
- trascurano le assemblee cultuali, la comune radunanza (10,25);
- prima sapevano resistere nella sofferenza e sopportavano le persecuzioni (10,32 ss.);
- ora stanno per perdere le forze”, stanno per cedere ad una influenza di matrice giudaizzante che li riporta sotto il giogo della legge (13,9-11).
“La causa del raffreddamento della fede va cercata per l’autore in un deficit teologico. I suoi lettori sono rimasti fermi a un livello di conoscenza insufficiente (5,11 ss.). Ciò di cui hanno bisogno è una migliore comprensione della salvezza e, quindi, del dono che è stato dato loro tramite Gesù”(*)
.Questa (ri)proposizione è resa necessaria perché l’autore di Ebrei “vede la chiesa esposta a un pericolo, al suo interno, a causa di un crescente raffreddamento della fede.
I lettori sono diventati apatici:
- non prestano più attenzione alla predicazione (2,1; 5,11);
- rischiano di rimanere indietro (4,1);
- trascurano le assemblee cultuali, la comune radunanza (10,25);
- prima sapevano resistere nella sofferenza e sopportavano le persecuzioni (10,32 ss.);
- ora stanno per perdere le forze”, stanno per cedere ad una influenza di matrice giudaizzante che li riporta sotto il giogo della legge (13,9-11).
“La causa del raffreddamento della fede va cercata per l’autore in un deficit teologico. I suoi lettori sono rimasti fermi a un livello di conoscenza insufficiente (5,11 ss.). Ciò di cui hanno bisogno è una migliore comprensione della salvezza e, quindi, del dono che è stato dato loro tramite Gesù”(*)
Testo e contesto immediato
Nel contesto immediato (4,14-5,1-10) l’autore di Ebrei esorta i suoi lettori a stare “fermi nella fede” (4,14) e a dimostrare che Gesù ha tutti i requisiti per essere dichiarato grande Sommo Sacerdote.
L’originalità di tale dimostrazione sta nel modo in cui viene presentato il ministero sacerdotale di Gesù.
Egli, infatti, viene descritto:
1) come colui che simpatizza con noi nelle nostre debolezze, “poiché è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (4,15), cioè rimanendo fedele a Dio nella sofferenza;
2) come colui che è superiore ai sacerdoti levitici costituiti nel passato;
3) come colui che è stato dichiarato sommo sacerdote da un’investitura diretta da parte di Dio con la citazione di due salmi: “Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato” (Salmo 2,7) e “Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec” (Salmo 110,4).
In particolare, Gesù è presentato come sommo sacerdote con le qualità:
a) di uomo sofferente che prega;
b) di Figlio obbediente nella sofferenza;
c) di colui che è autore di una salvezza eterna per tutti quelli che gli ubbidiscono.
L’autore di Ebrei, dunque, opera un collegamento di tipo teologico e pastorale tra i sacerdoti levitici e la persona di Gesù, ma lo fa evidenziando la superiorità del sacerdozio di Gesù con due elementi nuovi:
1) Gesù non è soltanto un mediatore, ma è fonte di salvezza;
2) il suo ministero è eterno; infatti, più in là dirà che Gesù ha offerto se stesso al posto di tori e capri e lo ha fatto “una volta per sempre” (9,12).
Uomo sofferente che prega
Come uomo sofferente che prega, il ricordo va, secondo alcuni, all’agonia di Gesù nel giardino del Getsemani (=frantoio per le olive) (Mc. 14,32-42), dove è “angosciato e spaventato” e dove invoca il Padre dicendo: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta” (Lc. 22,42).
Secondo altri, l’autore di Ebrei si sarebbe riferito alla preghiera di Gesù sulla croce: “Dio mio, Dio, mio, perché mi hai abbandonato?” (Mt. 27,46).
Gesù è presentato come uomo e, in quanto tale, soggetto alle debolezze umane, alla fragilità, alla tentazione. Di lui vengono esaltate la sua umiliazione e la sua umanità, il suo abbassamento, la sua kénosis cioè lo svuotamento del suo essere. L’inno cristologico più antico, quello di Filippesi 2,6-11, lo descrive in modo in modo mirabile: “…spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce…”.
Figlio obbediente nella sofferenza
Lungo tutta la sua vita Gesù sa di essere il Figlio del Padre. E proprio perché si riconosce Figlio si sottomette, soffre e di fronte alla morte obbedisce al Padre, collabora col Padre al suo progetto (8).
Soltanto l’ubbidienza (la collaborazione) rivela la relazione che lega il Figlio al Padre.
Autore di una salvezza eterna
Poiché Gesù è stato reso perfetto, cioè consacrato al suo ministero di sacerdote e vittima che libera, redime e salva, può trasmettere salvezza a tutti coloro che gli ubbidiscono.
Ciò avviene in quanto come sacerdote e vittima compie la purificazione dei peccati e salva l’uomo dalla paura, dalla tentazione, dal peccato e dalla morte.
All’uomo rimane soltanto di credere in colui che Dio ha mandato (Gv. 6,29) e obbedirgli. “Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Tim. 2, 5).
Alla kénosis seguono la riabilitazione e la gloria (cfr. Filippesi 2,9-11) che procedono da Dio e che sono la logica conseguenza dell’ubbidienza di Cristo.
Quale nostro coinvolgimento in tutto questo?
L’autore di Ebrei intendeva operare un nuovo coinvolgimento dei suoi lettori nella vita cristiana. Voleva riportarli ad una ripresa di responsabilità e ad un rinnovato impegno. E questa operazione coinvolge anche noi, oggi. In che modo?
Ebrei 12, 2 ci dice: “…fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta”.
Una chiave di lettura delle nostre crisi attuali potrebbe essere quella di tornare a scoprire il valore umano e divino di Gesù.
Forse alla base del nostro disorientamento, del nostro scoraggiamento e del nostro disimpegno, c’è dimenticanza o mancanza di riconoscenza dell’opera della croce, del sacrificio di Gesù.
Abbiamo dimenticato o soltanto razionalizzato che Gesù ha preso il nostro posto sul legno della croce e ha portato i peccati di tutti noi, senza alcun coinvolgimento pratico.
Abbiamo forse dimenticato che in Cristo Gesù il regno di Dio è giunto fino a noi.
Egli è colui che realizza in se stesso l’uomo nuovo e un’umanità trasformata.
La sua morte sulla croce e la sua risurrezione ci danno la certezza che la via del cielo è stata inaugurata e che noi, in Cristo nostro precursore, vi abbiamo libero accesso.
Ora Egli ci pone sulla strada dell’ubbidienza nel servizio e ci chiama a uscire dalla nostra vita privata, chiusa in se stessa, per proiettarci all’esterno in un impegno e collaborazione nella comunità, ecclesiale e sociale, in qualunque progetto che concretizzi la speranza cristiana di realizzare anche parzialmente i segni del regno di Dio tra noi.
La nostra realtà, oggi
Ma la realtà nella quale viviamo sovente mette alla prova la nostra fede. Siamo anche noi risucchiati nel vortice di un mondo in delirio, che sempre più ci propone un modello di vita egoistico e individualistico, con la rincorsa vertiginosa al consumo sfrenato.
Assistiamo al successo di quegli arrampicatori che calpestano senza scrupoli gli altri pur di ottenere i loro scopi.
Siamo immersi in una cultura diffusa di sfruttamento, di illegalità, di ingiustizia, di guerra, di diritti civili negati a donne e bambini. E ancor più restiamo spettatori impotenti di quelle multinazionali che accumulano ingiustamente ricchezza in una piccola parte del mondo e depredano la restante parte lasciandola povera.
Siamo di fronte a nuovi sacerdoti e nuovi mediatori rappresentati dalle politiche e dagli interessi dei grandi poteri politici ed economici e da una cultura che vuole imporre con la forza la soluzione dei conflitti internazionali, perché incapace di dialogo e di attivare processi di aiuto e sviluppo reali a popoli e comunità in difficoltà.
Dinanzi a un tale quadro, è nostra responsabilità di credenti riacquisire l’umanità che il Cristo ha portato e annunciare la parola di giustizia pace, amore.
Come fratelli del Gesù uomo siamo chiamati a prendere la nostra croce, uscire dal silenzio della nostra tomba mortale e risorgere alla nuova vita in Cristo che ci coinvolge nel progetto di Dio per questa umanità.
Dobbiamo, dunque, abbandonare e denunciare tutti quei mediatori che finora, nella nostra vita, hanno preso il posto del Signore e rifiutare anche tutte quelle false novità presenti sul mercato delle illusioni, che danno false sicurezze ed effimere felicità.
Sulle orme di Gesù possiamo riprendere il nostro cammino di veri uomini e donne, seguendo il suo insegnamento e le sue prese di posizione, credendo con fede che la sua proposta di una nuova umanità passa attraverso la testimonianza del significato profondo della nuova vita in Cristo.
La nostra proposta è e deve rimanere la mediazione della croce del Cristo, il quale disse un giorno: “ Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati ed io vi darò riposo”.
D’altra parte, dobbiamo incoraggiare anche i non credenti a compiere il bene. Perché lo Spirito di Dio può agire su tutti, su uomini e donne di ogni popolo e nazione, affinché abbiano la forza di percorrere il cammino del servizio e avere accesso al nuovo albero della vita: la croce, dove la storia dell’uomo in Cristo Gesù trova la sua elevazione e la vittoria completa sul peccato e sulla morte.
Come cristiani, sappiamo dove si trova la fonte da cui emana ogni autentica sfida ed ogni efficace consolazione, ogni ricerca di giustizia e d’amore.
La responsabilità che ci spetta, dunque, è quella di testimoniare questa conoscenza. Nello stesso tempo, però, la credibilità di tale testimonianza è indissolubilmente legata alla fedeltà della nostra risposta.
In questo compito ci viene in soccorso lo Spirito Santo.
Aldo Palladino
2 commenti:
Ciao Aldo, avevi mandato l'indirizzo sbagliato del blog, ma l'ho trovato per altre vie.
Bravo ! Bel lavoro!
Paola
Grazie per questo lavoro. Visto che sono venuta a trovarti? Sono Angela, del sito www.federagione.it nonché www.allapiazza.it
Buona continuazione! Angela
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