Luca 24,13-35
LA VITA DELLA CHIESA
di Aldo Palladino
Non so come voi vivete l’inizio del nuovo anno. Da parte mia, avverto il passaggio da un anno all’altro sempre con grande emozione, non solo per il fatto che sono di un anno più vecchio, ma anche e soprattutto perché Dio mi concede e ci concede nella sua bontà, nella sua grazia, un nuovo tempo di vita, di lavoro, al suo servizio.
E questa prima domenica dell’anno 2007 può essere per ciascuno di noi, individualmente, e per tutti noi, collettivamente, l’occasione per un momento di riflessione, di chiarificazione, di dialogo, per interrogarci sul senso del nostro essere chiesa.
Gesù è qui tra noi
I due discepoli di Emmaus, di cui abbiamo letto nel testo di Luca, riferivano a Gesù dei fatti accaduti come di fatti del passato, sia pure di un recentissimo passato, e non riconobbero Gesù “perché i loro occhi erano impediti” (Lc. 24,16). Però, lo riconobbero in seguito quando, seduti a tavola nell’ostello dove si erano rifugiati, Gesù ruppe il pane della comunione. Fu allora che “i loro occhi furono aperti e lo riconobbero” (Lc 24, 31). In quel momento, Gesù non era più per loro un personaggio archiviato negli annali di storia, ma era il Gesù risorto, vivente e presente, Signore della vita, il vincitore della morte.
L’esperienza dei due discepoli di Emmaus ci porta a riflettere che vi è sempre il pericolo di credere che Gesù sia un fatto del passato, relegato nella storia di 2000 anni fa, e che non sia più presente tra noi.
E dobbiamo fare attenzione che anche la Cena del Signore non sia ridotta ad un semplice memoriale di cose del passato. Essa è memoria, sì, del cammino del Signore Gesù sino alla morte della croce, ma è anche annuncio della sua vita di risurrezione e della sua presenza spirituale in mezzo a noi. Infatti Gesù disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” (Mt. 28,20).
Dunque, Gesù vive tra noi, con noi e per noi, per te e me, per questa chiesa come per tutte le chiese cristiane, ed opera per la salvezza dell’intera umanità. E la realtà della sua presenza tra noi, in questa chiesa locale non è un fatto da poco, perché è alla sua presenza che la nostra sensibilità si accentua, che le nostre reazioni cambiano. La sua presenza, inoltre, ci obbliga ad operare delle scelte, a prendere delle decisioni.
Tre decisioni da prendere alla Sua presenza
La prima decisione è di riaffermare tra noi e tutti insieme davanti al Signore il patto, l’impegno di seguirLo con fedeltà nel suo cammino, di essere suoi servitori e suoi imitatori con vera umiltà.
Tu sei chiamato a rinnovare questo patto d’amore e di servizio.
Questa tua decisione, che puoi soltanto prendere con l’aiuto dello Spirito Santo, è una delle basi del funzionamento della chiesa.
Questa comunità è e sarà comunità cristiana evangelica nella misura in cui Gesù è accolto, amato e ubbidito e il suo evangelo predicato per annunciare salvezza e pace agli uomini e alle donne che egli gradisce (Lc. 2, 14).
“La cristianità è piena di gente che ammira Cristo, ma non lo imita, cioè non lo segue. L’esempio classico di uno che ammirava Gesù senza trovare il coraggio di seguirlo è Nicodemo. Imitazione significa sequela. Gesù non ha mai detto: “Imitatemi”, ha sempre solo detto “Seguitemi” (Paolo Ricca, Un giorno una parola 2007, Editrice Claudiana, Torino).
Dunque, cara sorella, caro fratello, deciditi ad imitare il Cristo! Non aspettare a dare tutta la tua vita per lui! Da’ un senso e una precisa direzione alla tua esistenza, convertiti realmente al Signore, tu e la tua famiglia! Rifuggi dal tradizionalismo religioso, che non salva, e fa’ tua l’esperienza di un incontro vero e profondo con Gesù Cristo!
La seconda decisione è fondata su un altro impegno che dobbiamo assumere gli uni gli altri, le une con le altre: l’impegno di stabilire tra noi delle relazioni di sincero amore fondate su tre punti:
1) accoglierci come siamo (Rom. 15, 7); accogliere colui o colei che è debole nella fede (Rom. 14, 1), perché siffatte persone hanno un loro percorso da fare alla scuola del Signore. E noi possiamo soltanto seminare nel loro cuore la parola di Dio, perché se la parola di Dio non agisce in profondità nella vita delle persone non saremo certamente noi a farle cambiare. Infatti Paolo così esortava Timoteo:” Predica la parola, insisti in ogni occasione, favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e con pazienza” (2 Tim. 4, 2).
“Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non porre inciampo sulla via del fratello (o della sorella), né a essere per lui un’occasione di caduta” (Rom. 14,13).
2) Avere fiducia gli uni degli altri. Ciò significa non avere paura del fratello o della sorella; significa agire sempre con vera lealtà, rimuovendo pregiudizi, evitando di sparlare e di infuocare gli animi. Paolo diceva ai Romani:” Cerchiamo di contribuire alla pace e alla reciproca edificazione” (Rom. 14,19).
3) Rispettare le autorità costituite nella chiesa, perché è scritto:” Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per la vostra vita come chi deve renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità” (Eb. 13, 17).
La terza decisione è di impegnarci nel lavoro di crescita della chiesa attraverso lo studio personale, attraverso le linee guida che verranno tracciate dagli Anziani (Pastori) per andare incontro ai bisogni spirituali della comunità, di testimoniare la nostra fede agli altri e di evangelizzare coloro che vengono messi sulla nostra strada senza vergognarci dell’Evangelo.
Il Signore, dunque, ci introduce in quest’altro anno della sua grazia e ci rinnova la sua chiamata a seguirlo e a servirlo. Sta a noi rispondere, con le parole del piccolo Samuele: ”Parla, o Signore, perché il tuo servo ascolta” (1 Sam. 3, 9).
7 gennaio 2007 Aldo Palladino
L’esperienza dei due discepoli di Emmaus ci porta a riflettere che vi è sempre il pericolo di credere che Gesù sia un fatto del passato, relegato nella storia di 2000 anni fa, e che non sia più presente tra noi.
E dobbiamo fare attenzione che anche la Cena del Signore non sia ridotta ad un semplice memoriale di cose del passato. Essa è memoria, sì, del cammino del Signore Gesù sino alla morte della croce, ma è anche annuncio della sua vita di risurrezione e della sua presenza spirituale in mezzo a noi. Infatti Gesù disse: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente” (Mt. 28,20).
Dunque, Gesù vive tra noi, con noi e per noi, per te e me, per questa chiesa come per tutte le chiese cristiane, ed opera per la salvezza dell’intera umanità. E la realtà della sua presenza tra noi, in questa chiesa locale non è un fatto da poco, perché è alla sua presenza che la nostra sensibilità si accentua, che le nostre reazioni cambiano. La sua presenza, inoltre, ci obbliga ad operare delle scelte, a prendere delle decisioni.
Tre decisioni da prendere alla Sua presenza
La prima decisione è di riaffermare tra noi e tutti insieme davanti al Signore il patto, l’impegno di seguirLo con fedeltà nel suo cammino, di essere suoi servitori e suoi imitatori con vera umiltà.
Tu sei chiamato a rinnovare questo patto d’amore e di servizio.
Questa tua decisione, che puoi soltanto prendere con l’aiuto dello Spirito Santo, è una delle basi del funzionamento della chiesa.
Questa comunità è e sarà comunità cristiana evangelica nella misura in cui Gesù è accolto, amato e ubbidito e il suo evangelo predicato per annunciare salvezza e pace agli uomini e alle donne che egli gradisce (Lc. 2, 14).
“La cristianità è piena di gente che ammira Cristo, ma non lo imita, cioè non lo segue. L’esempio classico di uno che ammirava Gesù senza trovare il coraggio di seguirlo è Nicodemo. Imitazione significa sequela. Gesù non ha mai detto: “Imitatemi”, ha sempre solo detto “Seguitemi” (Paolo Ricca, Un giorno una parola 2007, Editrice Claudiana, Torino).
Dunque, cara sorella, caro fratello, deciditi ad imitare il Cristo! Non aspettare a dare tutta la tua vita per lui! Da’ un senso e una precisa direzione alla tua esistenza, convertiti realmente al Signore, tu e la tua famiglia! Rifuggi dal tradizionalismo religioso, che non salva, e fa’ tua l’esperienza di un incontro vero e profondo con Gesù Cristo!
La seconda decisione è fondata su un altro impegno che dobbiamo assumere gli uni gli altri, le une con le altre: l’impegno di stabilire tra noi delle relazioni di sincero amore fondate su tre punti:
1) accoglierci come siamo (Rom. 15, 7); accogliere colui o colei che è debole nella fede (Rom. 14, 1), perché siffatte persone hanno un loro percorso da fare alla scuola del Signore. E noi possiamo soltanto seminare nel loro cuore la parola di Dio, perché se la parola di Dio non agisce in profondità nella vita delle persone non saremo certamente noi a farle cambiare. Infatti Paolo così esortava Timoteo:” Predica la parola, insisti in ogni occasione, favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e con pazienza” (2 Tim. 4, 2).
“Smettiamo dunque di giudicarci gli uni gli altri; decidetevi piuttosto a non porre inciampo sulla via del fratello (o della sorella), né a essere per lui un’occasione di caduta” (Rom. 14,13).
2) Avere fiducia gli uni degli altri. Ciò significa non avere paura del fratello o della sorella; significa agire sempre con vera lealtà, rimuovendo pregiudizi, evitando di sparlare e di infuocare gli animi. Paolo diceva ai Romani:” Cerchiamo di contribuire alla pace e alla reciproca edificazione” (Rom. 14,19).
3) Rispettare le autorità costituite nella chiesa, perché è scritto:” Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per la vostra vita come chi deve renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità” (Eb. 13, 17).
La terza decisione è di impegnarci nel lavoro di crescita della chiesa attraverso lo studio personale, attraverso le linee guida che verranno tracciate dagli Anziani (Pastori) per andare incontro ai bisogni spirituali della comunità, di testimoniare la nostra fede agli altri e di evangelizzare coloro che vengono messi sulla nostra strada senza vergognarci dell’Evangelo.
Il Signore, dunque, ci introduce in quest’altro anno della sua grazia e ci rinnova la sua chiamata a seguirlo e a servirlo. Sta a noi rispondere, con le parole del piccolo Samuele: ”Parla, o Signore, perché il tuo servo ascolta” (1 Sam. 3, 9).
7 gennaio 2007 Aldo Palladino
1 commento:
Da Antonio Di Giorgio residente in Detroit Michigan, Stati Uniti.
Bravissimo Aldo!
Finalmente lo scritto evangelico in lingua Italiana che raggiunge lontani emigranti, ove la stessa radio non e' stato capace data la distanza.
Che bello leggerti e saperti cosi erudito nelle tue vere emozioni.
Il tuo messaggio per l'anno nuovo e' condiviso da tanti cercatori di pace e umanesimo.
Che Dio ti benedica nel tuo lavoro di predicatore dell'evangelo.
Abbracci forti,
Antonio
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