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24 gennaio 2007

Mc. 7,31-37 Gesù guarisce un sordomuto

Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gen 2007)


Parr. S.Maria Madre della Chiesa – Via don Gnocchi, 2 – Settimo Torinese (To)


Predicatore Aldo Palladino


Marco 7, 31-37 (vers. TILC)

31 Poi Gesù lasciò la regione di Tiro, passò per la città di Sidone e tornò ancora verso il lago di Galilea attraverso il territorio delle Dieci Città. 32 Gli portarono un uomo che era sordomuto e lo pregarono di porre le mani sopra di lui. 33 Allora Gesù lo prese da parte, lontano dalla folla, gli mise le dita negli orecchi, sputò e gli toccò la lingua con la saliva. 34 Poi alzò gli occhi al cielo, fece un sospiro e disse a quell'uomo: "Effatà!", che significa: "Apriti!". 35 Subito le sue orecchie si aprirono, la sua lingua si sciolse ed egli si mise a parlare molto bene. 36 Gesù ordinò di non dire nulla a nessuno, ma più comandava di tacere, più la gente ne parlava pubblicamente. 37 Tutti erano molto meravigliati e dicevano: "È straordinario! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!".


Come abbiamo appena letto, la folla, stupita dalla guarigione del sordo che parlava a stento (questa è l’esatta traduzione dal testo greco), esclama: “È straordinario! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!" (vers. TILC), che è il tema della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno.

Chi sono i sordi e i muti? In prima istanza sono quelli che Gesù incontrava per le strade, le campagne ed i villaggi che attraversava durante il suo ministero, ma non sono solo quelli. Ci sono anche i “sordomuti” del nostro tempo, che per scelta si defilano di fronte alla complessità delle situazioni della vita e preferiscono non sentire e non parlare per quieto vivere, per omertà, per non essere esposti a nessun rischio o per altri motivi di comodo.
Forse, tra questi "sordomuti" ci siamo anche noi.
Per questo il Vangelo è il messaggio di Gesù Cristo indirizzato a ciascuno di noi, a te e a me personalmente, a tutti noi come comunità ecclesiale e a tutti noi come membri di questa società.

La Parola per te e per me

Come ha fatto col sordo che parlava a stento, Gesù ci incontra nella nostra umanità. Conosce la nostra solitudine, le nostre angosce, le preoccupazioni e gli affanni della vita quotidiana per la salute, per il lavoro instabile e precario, per il futuro incerto nostro e dei nostri figli. Gesù viene a darci il conforto della sua presenza e della sua parola che guarisce, che consola, libera e salva. Ci mette in disparte, lontano dalle folle, dal rumore che ci assorda e in quell’incontro silenzioso ci rivolge il suo“Effata! Apriti!”.
Non è un semplice invito: è un comando che ci rivolge per vincere la nostra sordità, la nostra incapacità ad ascoltare il grido che da vicino o da lontano si leva da molte parti della terra, dove si muore per le guerre, di fame, di sete, di malattie come l’Aids, la malaria, la lebbra, e così via.

”Effatà! Apriti!” all’ascolto della sua Parola e rendila feconda in te, per la vita tua e dei tuoi cari, per la tua famiglia, che deve diventare la micra ekklesìa, la piccola chiesa domestica, primo e fondamentale luogo della nostra testimonianza di credenti.
Gesù ci chiama a vivere la nostra fede nella sua autenticità e a seguire le sue orme, con una vita umile e coerente. Dunque, vinci il tuo egoismo, vieni fuori dal tuo isolamento, non lasciare che le preoccupazioni di questa vita limitino il tuo spirito e ti paralizzino. Vivi con gioia la tua fede e sappi che Gesù è la Parola che si è fatta carne per essere Dio con noi, Dio per noi, Dio in noi. Egli è l’Amico vero che non ti tradirà mai, che ti sa comprendere, che ti è accanto in ogni momento. Gesù ti ama di un amore incommensurabile fino al punto che ha dato la sua vita per te sulla croce.

In questo tempo, Egli ci chiama a liberare la nostra bocca in un inno di riconoscenza, ad aprirla per proclamare le virtù di Colui che ci ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce (1 Pt. 2, 9) e che ci chiama a predicare l’Evangelo della grazia e a vivere questa parola predicata per renderla parola applicata.
L’apostolo Paolo disse: “Se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato” (Rom. 10, 9).

La Parola per le chiese

Ma il comando di Gesù: “Effata! Apriti!”, è rivolto anche a noi come chiesa locale e a noi tutti come chiese cristiane delle varie confessioni da anni in cammino per la ricerca di una unità visibile. Noi sappiamo che la nostra unità spirituale esiste già fra noi, perché l’apostolo Paolo scriveva: “Sforzatevi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace. Vi è un corpo solo e un solo Spirito, come pure siete stati chiamati ad una sola speranza, quella della vostra vocazione. V’è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti” (Ef. 4, 3-6). Ed è da questi fondamenti, da questo patrimonio di fede che realizza la nostra comunione, che possiamo ripartire per accogliere quell’”Effata! Apriti” di Gesù come atto di guarigione che ci libera dalla diffidenza reciproca, dai pregiudizi, dalla paura dell’altro, e che ci mette in comunicazione, in ascolto, in dialogo, per vincere le forze diaboliche che creano disunione e separazione.
Nel Vangelo di Giovanni è scritto: “Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri” (Gv. 13, 35).
E Paolo scrive: “Perciò, accoglietevi gli uni gli altri, come anche Cristo vi ha accolti per la gloria di Dio” (Rom. 15:7).

La Parola per noi come membri della società

Ma “Effatà! Apriti!” è una parola rivolta anche a noi come membri di questa società, cittadini di questo Stato. E in questo ambito, la nostra responsabilità di credenti non è minore di quella che abbiamo nella nostra chiesa locale. “Voi siete il sale della terra… Voi siete la luce del mondo. (Mt. 5, 13-14) disse Gesù, disegnando la nostra identità di inviati con la missione di trasmettere – laddove ci troviamo – i valori cristiani attraverso le nostre scelte. La nostra voce per la sofferenza dei poveri, per i deboli e gli indifesi, per i diseredati, per i malati, per tutti coloro che non hanno voce, deve essere levata chiara e forte, perché se non facciamo questo diventiamo sale insipido che “non è più buono a nulla se non ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Il compito missionario che ci è stato affidato è di aprirci all’ascolto dei bisognosi e di andare incontro alle loro necessità con la nostra solidarietà, con il nostro aiuto, con il nostro conforto, con il nostro impegno, e con l’annuncio dell’amore di Dio manifestato nella persona del Signore e Salvatore Gesù Cristo.

Il Signore ci guarisce dal nostro sordomutismo e ci fa dono di quella Parola che dà speranza ai disperati, coraggio a chi vive nella paura, dignità a chi, uomo o donna, venga respinto per il colore della pelle o per motivi socioculturali. Siamo stati resi ambasciatori di quella parola vivente ed efficace, che non potrà mai essere ridotta al silenzio.

Dunque, care sorelle e cari fratelli. Questa è la nostra comune vocazione che vogliamo riaffermare in questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Voglia il Signore benedirci tutti insieme in questo cammino!

Aldo Palladino




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