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17 febbraio 2025

Gesù calma la tempesta

Marco 4,35-41

Gesù calma la tempesta

Meditazione di Aldo Palladino

Il testo biblico

35 In quello stesso giorno, alla sera, Gesù disse loro: «Passiamo all'altra riva». 36 E lasciata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano delle altre barche con lui. 37 Ed ecco levarsi una gran bufera di vento che gettava le onde nella barca, tanto che questa già si riempiva. 38 Egli stava dormendo sul guanciale a poppa. Essi lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t'importa che noi moriamo?» 39 Egli, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Il vento cessò e si fece gran bonaccia. 40 Egli disse loro: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» 41 Ed essi furono presi da gran timore e si dicevano gli uni gli altri: «Chi è dunque costui, al quale persino il vento e il mare ubbidiscono?»

Introduzione

Questo racconto va inquadrato nel contesto delle narrazioni che riferiscono dell’intensa attività di insegnamento di Gesù nell’arco di una giornata presso il Mare di Galilea (chiamato anche  Lago di Tiberiade o di Gennesaret). Aveva raccontato e spiegato la parabola del seminatore (4,1-20; vedi anche Matteo 13,3-9 e Luca 8,5-8), quella della lampada sul candeliere (4, 21-24; Mt. 5,15-16, Lc. 8,16-18), quella del seme che da sé germoglia e cresce (4,26-29), e quella del granello di senape (4, 30-34; Mt. 16,31-32; Lc. 13,18-19). Sono parabole cosiddette del Regno di Dio (1), perché attraverso di esse Gesù rivela il mistero del Regno in modo accessibile e suscita una riflessione profonda in chi ascolta. 

Il nostro testo, in particolare, porta i discepoli a una comprensione progressiva dell’identità di Gesù.

Passiamo all’altra riva”

Alla sera di quella giornata, pur stanco e affaticato, il pensiero di Gesù va “all’altra riva”. Gesù vuole attraversare il lago e approdare “all’altra riva”, nella Decapoli, ad est del lago di Galilea, la regione dei Geraseni (5:1). Perché? Perché dall’altra parte del lago c’è gente che ha bisogno della sua Parola, anche se sono non ebrei. Sono pagani che parlano un’altra lingua, gente di altra cultura e tradizioni. Gente diversa. A quei “diversi” Gesù vuole parlare. “Passiamo all’altra riva” è un invito ai discepoli a mettersi in contatto con quegli altri, con quei “diversi”. 

Il testo non ci dice quale sia stata la reazione dei discepoli. Possiamo solo immaginare cosa abbiano pensato, loro che storicamente si sono ben tenuti lontani da quella gente. Tuttavia, alla parola di Gesù, salgono nella barca e salpano.  

 

“Così com’era”

Il nostro testo afferma che i discepoli, congedata la folla, presero Gesù nella barca “così com’era” (ὡς ἦν).

È un’espressione alquanto enigmatica che ha dato luogo a fiumi di inchiostro con diverse interpretazioni. Ne elenco alcune:

1.     L’espressione potrebbe indicare che i discepoli presero Gesù senza particolari preparativi, esattamente nella condizione in cui si trovava in quel momento, probabilmente stanco dopo l’insegnamento alla folla. Questo sottolineerebbe l’urgenza della partenza.

2.     Dato che nei versetti precedenti (Marco 4,1) si dice che Gesù insegnava alla folla dalla barca, "così com’era" potrebbe significare che i discepoli non fecero altro che allontanarsi dalla riva con lui già a bordo, senza farlo scendere e risalire.

3.     Alcuni vedono in questa frase un'allusione alla condizione umana di Gesù: lo prendono così com’è, nella sua semplicità e forse nella sua fatica, senza richieste particolari o cambiamenti.

4.     Può anche indicare che i discepoli accolgono Gesù senza volerlo modificare o adattare alle loro aspettative, ma accettandolo nella sua interezza, con la sua missione e identità.

L’espressione, pur essendo breve, ha quindi una forte carica simbolica e teologica, riflettendo l’atteggiamento con cui i discepoli e ogni credente dovrebbero accogliere Gesù: senza condizioni, senza pretese, così com’è.

 La tempesta

Durante la traversata del lago, improvvisamente, si scatena una tempesta così violenta che le onde minacciano di sommergere la barca. I discepoli sono fortemente agitati e spaventati per il pericolo di affondare. Gesù, invece, a poppa della barca, dorme profondamente su un cuscino, un dettaglio che sottolinea sia la sua umanità (la stanchezza) sia la sua fiducia assoluta nel Padre. 

Al versetto 38, i discepoli svegliano Gesù con un’invocazione carica di ansia e rimprovero: "Maestro, non t’importa che moriamo?". 

Questa domanda non è solo una richiesta di aiuto, ma esprime un dubbio sulla cura e sull’interessamento di Gesù nei loro confronti. È un grido di disperazione, tipico dell’essere umano di fronte alla prova. La tempesta, infatti, è simbolo delle difficoltà e delle incertezze che i credenti affrontano nella loro vita di fede, simbolo anche delle crisi cui la comunità cristiana dovrà fronteggiare.

     Nella Bibbia, c’è un episodio di tempesta nel libro del profeta Giona. Fu la tempesta, provocata da Dio, che fermò la fuga di Giona, che si era imbarcato su una nave diretta verso la Spagna (Tarsis) per sottrarsi al compito che Dio gli aveva affidato di andare a predicare alla città di Ninive. Dio, dunque, sovverte i nostri piani umani e traccia le nostre vite secondo la sua volontà. Giona, infatti, attraverso le vicende raccontate in quel meraviglioso libro biblico, è costretto a tornare indietro e ad andare là dove Dio gli aveva detto. 

Sollecitato dai discepoli, Gesù si sveglia, comanda al vento e al mare di calmarsi, e tutto torna sereno. Poi si rivolge ai discepoli con due domande incisive: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?" (v. 40). La paura e la mancanza di fede sono contrapposte. I discepoli hanno visto Gesù compiere miracoli, ma ancora non comprendono pienamente chi Egli sia.

 

L’identità di Gesù

Al v. 41 la reazione dei discepoli è sorprendente: "Chi è costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?". Dopo tutto ciò che hanno visto, vivendo sempre con Lui, ancora non hanno capito la sua identità. Questo episodio segna un punto di svolta: Gesù non è solo un maestro o un profeta, ma colui che ha potere sulla natura stessa. Nel contesto biblico, solo Dio domina il mare (Salmo 89,9; 107,23-30). Il fatto che Gesù calmi la tempesta con la sua parola lo pone sullo stesso piano di Dio. I discepoli hanno una comprensione limitata di Gesù, ma con questa esperienza cominciano a comprendere che il loro Maestro ha poteri, privilegi e autorità che solo Dio ha. La loro fede viene messa alla prova e sfidata a crescere.

La domanda "Chi è costui?" non è solo una questione storica, ma è anche la domanda di ogni generazione di cristiani che si confrontano con la realtà del male e della sofferenza.

Il rimprovero di Gesù sulla loro mancanza di fede è un invito a fidarsi di Dio anche nei momenti di tempesta. Questo episodio insegna che la paura non è sconfitta semplicemente con la conoscenza intellettuale, ma con la fiducia profonda in Cristo. La vera fede non è solo credere nei miracoli, ma riconoscere in Gesù il Signore della storia e della vita.

Come i discepoli, anche noi spesso viviamo momenti di dubbio e paura. Ci chiediamo se Dio sia davvero presente nelle nostre difficoltà. La risposta di Gesù è chiara: Egli è con noi, anche quando sembra dormire. La domanda "Chi è costui?" non è solo dei discepoli, ma è nostra. Ogni giorno siamo chiamati a rispondere: Gesù è il Signore, colui che ha autorità su ogni aspetto della nostra vita. Confidiamo in Lui, anche nelle tempeste!

              Il commento di teologi e psicologi

Questo brano ci sfida a riflettere sulla nostra fede e ci invita ad approfondire i racconti biblici anche da diverse prospettive, teologiche e psicologiche.

Diversi teologi hanno commentato l’episodio della tempesta: 

- Rudolf Bultmann (esegeta e teologo protestante): vede questo episodio come un esempio della proclamazione kerygmatica della potenza di Cristo. Secondo lui, il racconto non è solo storico, ma un’espressione simbolica della vittoria di Cristo sul caos e sulle forze distruttive.

- Nicolas Thomas Wright (vescovo anglicano e teologo inglese): interpreta la tempesta sedata come una dimostrazione della signoria di Gesù, che agisce con l'autorità stessa di Dio. Vede nel timore dei discepoli un'indicazione del loro bisogno di comprendere più profondamente chi sia veramente Gesù. 

- Karl Barth (teologo protestante svizzero): sottolinea come l'episodio mostri l'umanità e la divinità di Cristo insieme. La paura dei discepoli è vista come un riflesso della condizione umana di fronte al mistero di Dio.

Dal punto di vista psicologico, il commento all’episodio della tempesta si può desumere dal loro pensiero:

-  Carl Gustav Jung (psichiatra e psicanalista svizzero): avrebbe potuto interpretare l'episodio in chiave simbolica, vedendo la tempesta come un'archetipo delle crisi interiori dell'uomo e Gesù come l'elemento di equilibrio e armonia psichica.

- Viktor Frankl (neurologo e psichiatra austriaco): pur non commentando direttamente questo passo, il suo concetto di “significato nella sofferenza” potrebbe applicarsi qui: i discepoli affrontano la paura e il dubbio, ma attraverso questa crisi scoprono un senso più profondo della fede.

 

 

                                                                                                                               Aldo Palladino

 



(1) Altre parabole del regno di Dio sono: ·  La parabola della zizzania (Matteo 13,24-30), ·  La parabola del lievito (Matteo 13,33; Luca 13,20-21), ·  La parabola del tesoro nascosto (Matteo 13,44), ·  La parabola della perla preziosa (Matteo 13,45-46), ·  La parabola della rete (Matteo 13,47-50)

 

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