Romani 13:1-7
Il cittadino di fronte alle autorità
Meditazione di Aldo Palladino
Testo biblico (Riveduta)
"Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori; perché non v'è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono ordinate da Dio. Talché chi resiste all'autorità, resiste all'ordine di Dio; e quelli che resistono si attireranno addosso una condanna. Poiché i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie. Vuoi tu non aver paura dell'autorità? Fa' quel che è bene, e ne avrai lode, perché il magistrato è per te un ministro di Dio per il bene. Ma se fai quel ch'è male, temi; poiché egli non porta la spada invano, perché è un ministro di Dio, un vindice per infliggere una giusta punizione a chi fa il male. Perciò è necessario essergli soggetti, non solo per timore della punizione, ma anche per motivo di coscienza. Poiché è anche per questo che voi pagate i tributi; perché quelli che attendono a questo compito sono ministri di Dio, e attendono costantemente a quest'ufficio. Rendete a tutti quel che dovete loro: il tributo a chi è dovuto il tributo, la gabella a chi la gabella; il timore a chi il timore; l'onore a chi l'onore."
Introduzione
Meditiamo su questo testo dell'epistola ai Romani che ci raggiunge con delle affermazioni che sono estranee alla sensibilità di un credente del XXI secolo, abituato a non accettare qualsiasi pensiero supinamente ma a vagliarlo ed esaminarlo da più punti di vista per coglierne il senso più profondo.
Cosa intendeva dire l'apostolo Paolo con questo scritto? Voleva dirci che bisogna obbedire alle autorità in ogni tempo e luogo in modo acritico anche quando esse agiscono in modo oppressivo e ingiusto?
Per rispondere a questa domanda è necessario accostarsi al tema inquadrando il testo biblico nel suo contesto, esaminando il pensiero di Paolo, il suo atteggiamento di fronte alle autorità nonché il messaggio globale della Scrittura.
Il contesto storico
Quando Paolo scrisse questa lettera si trovava sotto l'autorità dell'Impero Romano, un governo autoritario che perseguitava i cristiani. È plausibile pensare che egli non intendesse giustificare ciecamente le ingiustizie del potere romano, anzi che fosse necessario opporsi alle autorità che violavano la legge. Due episodi emblematici ci aiutano a comprendere quale fosse il suo atteggiamento di fronte ai soprusi delle autorità. Atti 16:16-24, 35-40 riporta l'episodio di Paolo e Sila che a Filippi chiesero giustizia e le scuse dei pretori, che li avevano prima battuti con le verghe, poi fatti incarcerare e, infine, liberare quando avevano saputo che Paolo e Sila erano cittadini romani. Paolo non fece passare inosservato questo errore giudiziario, che infrangeva la Lex Iulia, e pretese le scuse personali dei pretori.
Anche a Gerusalemme accadde un episodio analogo. In Atti 21-25 c'è un intero racconto di come Paolo abbia fatto valere i suoi diritti di cittadino romano per sfuggire ai complotti dei giudei contro di lui.
Cosa deduciamo da queste esperienze dell'apostolo Paolo? Certamente che leggere questo passo in modo letterale può portare a pericolose distorsioni, come la giustificazione di regimi totalitari, la sottomissione passiva all'ingiustizia o l'accettazione di leggi contrarie alla volontà di Dio. Paolo sa bene che l'autorità è voluta da Dio ma se chi la esercita non segue principi di giustizia, di verità, di pace, di solidarietà o della difesa del bene comune deve essere combattuta e contrastata. Paolo non sta dicendo che ogni governo sia automaticamente giusto: sta affermando un principio generale sull'ordine e sulla funzione dell'autorità, che va compreso alla luce dell'intera Scrittura.
L'autorità viene da Dio, ma non è Dio
Infatti, quando egli afferma che "non v'è autorità se non da Dio" (13,1), non intende dire che ogni governante agisce in accordo con la volontà di Dio. Significa che l'idea stessa di autorità ovvero che il principio di autorità necessario per la convivenza umana, per l'ordine sociale, è un principio divino. Qualsiasi gruppo umano per ben funzionare e per convivere in armonia ha bisogno di regole, norme, leggi emanate da un'istituzione umana - qualunque sia la forma di governo – che in quanto tale non è perfetta. Nella Bibbia, infatti, troviamo molti esempi in cui l'autorità umana viene giudicata e condannata quando non risponde a criteri in evidente opposizione alla volontà divina.
Ad esempio:
· Il faraone d'Egitto resiste alla volontà di Dio e viene punito (Esodo 5-14).
· Il Re Nabucodonosor: deve riconoscere che la sua autorità viene da Dio e non da se stesso (Daniele 4).
· Gesù davanti a Pilato dice chiaramente che l'autorità di Pilato gli è stata data dall'alto, ma ciò non significa che Pilato agisca in modo giusto (Giovanni 19,11).
Questi esempi mostrano che le autorità sono sotto il giudizio divino e non hanno un potere assoluto, soprattutto se non perseguono la libertà, la verità, la giustizia, la pace secondo il pensiero di Dio.
L'obbedienza alle autorità ha un limite
Leggendo la Scrittura, vediamo chiaramente che l'obbedienza alle autorità ha un limite: non possiamo obbedire quando ci viene chiesto di violare la volontà di Dio,
In Atti 5,29, Pietro e gli apostoli affermano: "Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini". Ciò significa che quando un governo impone leggi ingiuste, la resistenza diventa un dovere.
In Efesini 5,11 Paolo esorta: "Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, anzi denunciatele". Di fronte a governi corrotti o che limitano la libertà del popolo, il credente non può restare indifferente ma deve opporsi con determinazione, deve denunciare apertamente.
Nella Bibbia ci sono diversi esempi di disobbedienza civile:
· Le ostetriche ebree disobbediscono all'ordine del faraone di uccidere i neonati maschi (Esodo 1,17). E quando nacque Mosè, i suoi genitori non ebbero paura di nasconderlo per tre mesi andando contro l'editto del Faraone (Ebrei 11,23).
· Daniele e i suoi amici (Shadrac, Meshach e Abednego) rifiutano di adorare l'immagine del re e Nabucodonosor li fa gettare nella fornace ardente da cui Dio li salvò (Daniele 3,1-30). Anche Daniele disubbidisce all'editto del re Dario in cui si vieta di non rivolgere preghiere a qualsiasi dio o uomo ma solo al re (6,7-10).
· La regina Ester si presenta davanti al re per perorare la causa del suo popolo disubbidendo al divieto del re, che aveva vietato a chiunque di presentarsi davanti a lui senza autorizzazione (Ester 4,16).
· Nel Nuovo Testamento, Pietro e Giovanni disobbediscono alle autorità ebraiche quando queste chiedono loro di smettere di predicare Gesù (Atti 4: 18-19).
· I primi cristiani non si piegano al culto dell'imperatore e affrontano il martirio.
Il ruolo del credente nella società
Dunque, il principio è che l'autorità di Dio sta al di sopra dell'autorità del governo. Tutti - il cristiano in particolare – sono chiamati ad obbedire, rispettare ed onorare le autorità di governo (1 Pietro 2,13-17) sempre che quest'ultime autorità non violino le leggi divine. L'obbedienza cristiana non è cieca, deve sempre essere praticata col discernimento della volontà di Dio.
Paolo invita i cristiani a essere cittadini responsabili, a pagare le tasse e a rispettare le leggi giuste. Ma il credente deve avere il ruolo di sentinella, pronto a lanciare l'allarme quando c'è un "nemico", qualunque esso sia, che minaccia la comunità umana.
Martin Lutero ha fatto una distinzione tra i "due regni", il regno temporale (governo civile) e il regno spirituale (il dominio di Dio), ed ha affermato che il cristiano, pur dovendo rispettare le autorità, non è moralmente vincolato a obbedire se la legge umana va contro la legge di Dio. In questo senso, l'autorità terrena dovrebbe essere rispettata fintanto che non richieda un'azione contraria alla volontà di Dio.
Dietrich Bonhoeffer, teologo e pastore tedesco che si oppose al nazismo, ha una posizione simile. Bonhoeffer considerava necessario resistere a un governo che operava palesemente contro la giustizia di Dio, affermando che obbedire a un regime nazista significava tradire il messaggio di Cristo. Il pensiero di Bonhoeffer sottolinea che un'autorità corrotta non è da Dio, e in tal caso l'opposizione diventa moralmente giustificata.
Martin Luther King ha lottato per il riconoscimento dei diritti civili e contro la segregazione razziale degli afroamericani.
Molti cristiani hanno saputo coniugare rispetto per l'ordine civile e resistenza ai regimi oppressivi.
In ambito filosofico, alcuni studiosi, come Kant, hanno riflettuto sul passaggio di Romani 13 in relazione all'autonomia morale dell'individuo. Secondo Kant, l'obbedienza morale non deve derivare da una sottomissione passiva ma deve essere frutto della propria capacità di discernimento e della legge morale interiore. La prospettiva kantiana mette l'accento sulla libertà e responsabilità individuale: gli individui devono seguire le leggi solo se queste rispettano la morale universale.
Dunque, la nostra fede ci chiama a un cammino di fiducia e sottomissione a Dio, anche in un mondo imperfetto e spesso ingiusto. La nostra sottomissione non è una resa, ma un atto di testimonianza che proclama la sovranità di Dio su ogni cosa. La nostra obbedienza non è una debolezza, ma un segno di forza interiore e di fiducia nel Signore. Viviamo come testimoni di Cristo, mostrando al mondo che un'altra vita è possibile: una vita di fede, integrità e giustizia.
Come possiamo vivere con integrità e giustizia, servendo Dio anche nelle piccole cose della nostra vita quotidiana? Come possiamo sottometterci alle autorità senza compromettere la nostra fede, ma usando la nostra vita come strumento di testimonianza? Preghiamo il Signore affinché ci dia forza, sapienza e coraggio per vivere secondo il Suo disegno, sapendo che siamo sotto la Sua sovranità e che ogni nostra azione può portare gloria a Lui.
Preghiamo per la nostra nazione, per i nostri governanti e per tutte le autorità, affinché possano operare secondo la volontà di Dio. E preghiamo per noi stessi, affinché possiamo essere fedeli a Cristo, nostro Re e Signore.
Aldo Palladino