Matteo 12, 38-42 (Lc. 11, 29-32; Mt, 16, 1-4)
I DETTI SU GIONA
Studio esegetico/omiletico
a cura di Aldo Palladino
PRECISAZIONE
Ho riportato qui di seguito i testi di Matteo e Luca perché
sono quelli che ci trasmettono i "detti su Giona". I testi paralleli
di Marco 8,11-12 e di Gv. 6, 30, non avendo alcun riferimento a Giona,
non sono stati inclusi.
Matteo 12, 38-42
38 Allora
alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo
vederti fare un segno». 39 Ma egli rispose loro: «Questa
generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato,
tranne il segno del profeta Giona. 40 Poiché, come
Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio
dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. 41 I
Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno,
perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c'è più
che Giona! 42 La regina del mezzogiorno comparirà nel
giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle
estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c'è più
che Salomone!
Luca 11, 29-32
29 Mentre la
gente si affollava intorno a lui, egli cominciò a dire: «Questa
generazione è una generazione malvagia; chiede un segno ma nessun segno le sarà
dato, tranne il segno di Giona. 30 Infatti come
Giona fu un segno per i Niniviti, così anche il Figlio dell'uomo lo sarà per
questa generazione. 31 Nel giorno del giudizio la regina del
mezzogiorno si alzerà con gli uomini di questa generazione e li condannerà;
perché ella venne dagli estremi confini della terra per udire la sapienza di
Salomone; ed ecco qui c'è più di Salomone. 32 Nel
giorno del giudizio i Niniviti si alzeranno con questa generazione e la
condanneranno; perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco qui c'è
più di Giona.
Mt. 16, 1-4
I farisei e i sadducei si avvicinarono a lui per metterlo alla prova e gli chiesero di
mostrare loro un segno dal cielo. 2 Ma egli
rispose: «Quando si fa sera, voi dite: "Bel tempo, perché il cielo
rosseggia!" 3 e la mattina dite: "Oggi tempesta,
perché il cielo rosseggia cupo!" L'aspetto del cielo lo sapete dunque
discernere, e i segni dei tempi non riuscite a discernerli? 4 Questa
generazione malvagia e adultera chiede un segno, e segno non le sarà
dato se non quello di Giona». E, lasciatili, se ne andò.
***
IL SEGNO
Nella
controversia con scribi e farisei (o con farisei e sadducei secondo Matteo
16,1, o con la folla secondo Lc. 11, 29 e Gv. 6,30), che manifestano a Gesù la
curiosità di vedergli fare "un segno" (Mt. 12, 38; Lc. 11, 29) o
"un segno dal cielo" (Mc. 8,11; Mt 16, 1), la risposta di Gesù, in
Matteo 12 e 16 e in Luca 11, è un rinvio al "segno del profeta
Giona", mentre in Marco 8 c'è il rifiuto categorico di un
segno.
Nel linguaggio biblico il termine semeion indica un segno generalmente miracoloso, vale a dire uno stravolgimento della realtà ordinaria. Per gli interlocutori di Gesù esso poteva coincidere con un'opera potente e prodigiosa, un miracolo che desse la dimostrazione della messianicità di Gesù o della sua grandezza come quella di Mosè e Aaronne che hanno rivelato il progetto di Dio attraverso una serie di segni (cfr. Esodo, capitoli 7-11: le dieci piaghe). Per Gesù, invece, il segno è un'azione liberatrice che risponde ad un bisogno immediato e reale di qualcuno, ma che fondamentalmente addita una realtà nascosta che trascende il segno stesso .
Nel linguaggio biblico il termine semeion indica un segno generalmente miracoloso, vale a dire uno stravolgimento della realtà ordinaria. Per gli interlocutori di Gesù esso poteva coincidere con un'opera potente e prodigiosa, un miracolo che desse la dimostrazione della messianicità di Gesù o della sua grandezza come quella di Mosè e Aaronne che hanno rivelato il progetto di Dio attraverso una serie di segni (cfr. Esodo, capitoli 7-11: le dieci piaghe). Per Gesù, invece, il segno è un'azione liberatrice che risponde ad un bisogno immediato e reale di qualcuno, ma che fondamentalmente addita una realtà nascosta che trascende il segno stesso .
Nei capitoli che precedono il
nostro testo, Matteo racconta alcuni miracoli di guarigione e opere
straordinarie operate da Gesù: ha guarito un lebbroso (Mt. 8,1-4),
il servo del centurione (Mt. 8,5-13), la suocera di Pietro (Mt. 8,14-15), i
malati e molti indemoniati (Mt. 8,16), un paralitico (Mt. 9, 1-8), ed ha
anche calmato la tempesta (Mt. 8,23-27), scacciato i demoni (Mt. 8,28-34) e
riportato in vita la figlia di Iairo, che era data per morta (Mt. 9,18-26), ma
questi segni non sono sufficienti agli scribi e farisei per riconoscere la
messianicità di Gesù. Di lui avevano già detto: "Costui scaccia i
demoni se non per l'aiuto di Belzebù, principe dei démoni", mentre
la folla stupita aveva detto: "Non è questi il figlio di Davide?"
(Mt. 12, 23-24).
Scribi e farisei, dunque, chiedono a Gesù un segno, un segno
speciale, un segno dal cielo, un super-segno, sbalorditivo e sconvolgente, ma
soprattutto rispondente ai loro criteri e paradigmi culturali per
l'accertamento della sua messianicità.
L'INVETTIVA DI GESU'
Gesù apostrofa i suoi interlocutori con parole di rimprovero e
di giudizio: "Questa generazione malvagia e adultera chiede un
segno…" (v, 39a).
È la generazione concreta in quel tempo
concreto, rappresentata dai dirigenti intellettuali (scribi e
farisei) che incarnano la "coscienza religiosa" del popolo di
Israele. Ma l'accusa di Gesù può essere riferita sia ai contemporanei di Gesù
sia ad ogni generazione che ricerca un segno.
"La malvagità
della richiesta di un segno dal cielo consiste nella riluttanza a credere che
Dio è presente e attivo nel ministero di Gesù; l'adulterio "richiama il
linguaggio dei profeti sull'infedeltà d'Israele verso Dio (per esempio Os. 2,2;
Ger. 3,8-9; Ez. 23,37). "I profeti usavano quell'analogia a proposito
della partecipazione a culti stranieri, mentre qui sembra riferirsi a una
fondamentale mancanza di fede nel Dio vivente" (Hare).
IL SEGNO DI GIONA
"… e segno non le sarà dato tranne il segno del profeta
Giona" (39b). Se in nessuna delle opere potenti fatte da
Gesù viene vista l'eccellenza e la straordinarietà della sua vita e della sua
parola di salvezza, questa generazione non ha bisogno di nessun altro segno,
tranne quello del profeta Giona (non di Giona ma dato nella
figura di Giona), il segno dei segni, l'unico con cui gli evangeli danno voce
alla comunità post-pasquale che si è a lungo interrogata sul significato dei
segni ricevuti, concludendo che la vicenda di Giona è una profezia della morte
e della risurrezione di Gesù. Questo è più evidente in Matteo che in Luca.
Infatti, Matteo fa due affermazioni importanti:
- la prima, "poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti" (Mt. 12,40), stabilisce un parallelo tra l'esperienza di Giona (2,1) nel ventre del pesce e la sepoltura di Gesù nel cuore della terra;
- la seconda, "i Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c'è più che Giona!" - espressione che troviamo anche in Luca -, paragona la predicazione di Gesù a quella di Giona ai Niniviti dei quali è detto che si convertirono tutti "dal più grande al più piccolo" (Giona 3,5).
- la prima, "poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti" (Mt. 12,40), stabilisce un parallelo tra l'esperienza di Giona (2,1) nel ventre del pesce e la sepoltura di Gesù nel cuore della terra;
- la seconda, "i Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c'è più che Giona!" - espressione che troviamo anche in Luca -, paragona la predicazione di Gesù a quella di Giona ai Niniviti dei quali è detto che si convertirono tutti "dal più grande al più piccolo" (Giona 3,5).
Il paradosso è che i Niniviti, che si convertirono alla
predicazione di Giona, e la regina del mezzogiorno (la regina di Seba di I Re
10,1-10), che fu affascinata dalla sapienza di Salomone, nel giudizio finale
condanneranno "questa generazione", che rifiuta di riconoscere la
grandezza del momento storico che stanno vivendo: la presenza di Gesù,
immensamente più grande di un profeta e di un re saggio, e la realtà
dell'annuncio evangelico, immensamente più grande di qualsiasi pensiero,
filosofia, sapienza umana.
Dunque, il racconto di Giona,
che è una parabola dal respiro universalistico che rende possibile anche la
conversione dei pagani, viene diversamente applicata in Matteo e in Luca.
Secondo G. Ravasi, Matteo ne dà un'interpretazione preminentemente
"pasquale", mentre Luca propone l'interpretazione
"missionaria", omettendo del tutto quella pasquale (dello stesso
parere è il Craddock nel suo commentario di Luca). Ed è molto probabile che ciò
sia dipeso dalla tipologia dei destinatari dei due vangeli, quello di Matteo
destinato a lettori di matrice giudeo-cristiana, più attenti al cuore del
messaggio cristiano, la Pasqua di Cristo, e quello di Luca a lettori di matrice
pagana, ai quali era utile dimostrare che le attenzioni e l'amore di Dio erano
per loro come lo furono per i Niniviti.
L'ESPRESSIONE "TRE GIORNI E TRE
NOTTI" (1)
La troviamo nel v. 40. Alcuni esegeti
pensano ad una profezia, altri di vedervi un logion che
anticipa e rimanda ad uno sviluppo successivo. In questo caso il
riferimento sarebbe il racconto della passione. Gesù stabilisce un confronto
tra Giona e il figlio dell'uomo citando Giona 2,1 ("…Giona rimase nel
ventre del pesce tre giorni e tre notti"). Guardiamo il background giudaico
di questa espressione.
Nell'AT oltre che in Giona
2,1, l'espressione «tre giorni e tre notti» appare in
1 Sam. 30,12 e si riferisce al tempo in cui un servo egiziano è rimasto senza
mangiare né bere. La tradizione ebraica la lega ad un'altra espressione, «il
terzo giorno». La morte è attestata solo dopo tre giorni, nel frattempo l'anima
rimane in prossimità per incoraggiare la speranza di un risveglio.
Ecco i testi che riportano l'espressione "il terzo
giorno": Os 6,2; Gen. 42,18; Es. 19,16;
Gs. 2,16; Giona 2,1; Esd,
8,15; Ester 5,1;Gen 22,4.
Questa "collana" mostra come nel terzo giorno si risolve
una situazione, si passa da un'attesa ad un compimento, da una situazione di
angoscia, di disperazione, di schiavitù, ad una liberazione. Al culmine si
trova il passaggio dalla morte alla vita presente nella tradizione rabbinica in
commento ad Os 6,2. In linea con questa interpretazione sta il legame tra
il segno di Giona e la morte e risurrezione di Gesù che troviamo in tutti i
commentari. L'interpretazione
immediata del logion riguarda la passione e
risurrezione di Gesù o semplicemente la sua morte e discesa agli inferi, in
assenza di alcun riferimento esplicito alla liberazione di Giona e al risalire
dal cuore della terra…
Il passaggio da «tre giorni e
tre notti» ad altre espressioni come «il terzo giorno» o«dopo tre giorni» non cambia il significato.
Infatti, tutte queste espressioni mostrano il senso teologico
dell'intervento di salvezza di Dio in favore del suo popolo ma non una precisa
durata di tempo. Alcuni studiosi notano che la cifra «3» nei sinottici ha
una proporzione maggiore nei racconti della passione che nel resto del racconto
evangelico; il segno di Giona in Matteo potrebbe allora rientrare in questo
contesto generale della passione di Gesù.
PER LA PREDICAZIONE
"Qui c'è più che Giona, qui c'è
più che Salomone" (vv. 41 e 42), potrebbe essere una chiave
interpretativa dell'intero brano con la quale scorgere una realtà più grande,
più alta. È la realtà di una proposta che sollecita la nostra fede ad
intraprendere un cammino di introspezione interiore per comprendere se le
domande che sono dentro di noi siano dei cliché del nostro ambiente etico,
teologico e spirituale, con cui pensiamo di trovare le nostre spiegazioni,
o se rappresentano un incondizionato e libero tentativo di capire il nuovo che
è davanti a noi. Gli interlocutori di Gesù non hanno saputo cogliere in Gesù la
linea di demarcazione tra il vecchio e il nuovo, la nuova frontiera che rompeva
con la struttura mentale del tempo e sacrale del Tempio, perché chiusi e
impenetrabili nella loro roccaforte di vita che credevano coerente con la
Torah. Chiedendo un segno, hanno dimostrato che non cercavano di capire, ma di
mettere alla prova, giudicare, accusare, preoccupati di difendere i propri
convincimenti. E questo loro atteggiamento li rendeva ciechi e incapaci di
vedere che il Segno era lì davanti a loro, tra di loro, in carne ed ossa, con
la sua parola di salvezza e di benedizione.
Gesù è più che Giona e più
che Salomone, perché Giona ha predicato ai Niniviti la bontà e la
misericordia di Dio e Salomone ha costruito un tempio al Signore, ma Lui, Gesù,
ha dato la sua vita per tutta l'umanità e ha distrutto il suo tempio per
riedificarlo dopo tre giorni (morte e risurrezione). Inoltre le due storie, di
Giona e della regina di Seba, ci narrano di viaggi che sradicano due persone
dal loro paese e vanno in terra straniera: Giona, per rispondere ad una
chiamata ben precisa di Dio, e la regina di Seba, perché attratta dalla
sapienza e dalla gloria del re Salomone. Anche Gesù percorre un viaggio, dal
cielo alla terra, per venire incontro a tutti noi, sconfinando come in terra
straniera. E la sua vita è un continuo sconfinamento per abbattere i muri
dell'egoismo, le barriere culturali e sociali dell'odio, dell'indifferenza,
dell'ingiustizia, della xenofobia, schierandosi dalla parte dei poveri, dei
deboli, degli emarginati, e dando a tutti la speranza di un mondo di pace e di
fraternità, un mondo senza confini, aperto e solidale.
Aldo Palladino
Bibliografia
1.
Douglas R.A. Hare. Matteo.
Claudiana, 2006.
2.
Fred. B. Craddok. Luca. Claudiana,
2002.
3.
Julius Schniewind, Il
Vangelo secondo Matteo. Paideia Editrice, 1977.
4.
G. Ravasi. Il
segno di Giona. Da Famiglia ristiana (http://www.famigliacristiana.it/blogpost/il-segno-di-giona.aspx)
5.
Catherine Rendu. Il
segno di Giona, pag. 24. Istituto teologico di Assisi. 2010
6.
Bert L. van der Woude. Racconti
biblici come specchio dell'anima. Quando la tua vocazione ti
spaventa, pag. 37.
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