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26 settembre 2014


I TESSALONICESI 5: 12-28

"Esaminate ogni cosa e ritenete il bene"

Predicazione del Pastore Paolo Ribet
Domenica, 21 settembre 2014 
Tempio Valdese di C.so Vittorio Emanuele II, 23 - Torino



Il testo biblico
12 Fratelli, vi preghiamo di aver riguardo per coloro che faticano in mezzo a voi, che vi sono preposti nel Signore e vi istruiscono, 13 e di tenerli in grande stima e di amarli a motivo della loro opera. Vivete in pace tra di voi.
14 Vi esortiamo, fratelli, ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli, a essere pazienti con tutti.
15 Guardate che nessuno renda ad alcuno male per male; anzi cercate sempre il bene gli uni degli altri e quello di tutti.
16 Siate sempre gioiosi; 17 non cessate mai di pregare; 18 in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
19 Non spegnete lo Spirito. 20 Non disprezzate le profezie; 21 ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene; 22 astenetevi da ogni specie di male.
23 Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. 24 Fedele è colui che vi chiama, ed egli farà anche questo.
25 Fratelli, pregate per noi.
26 Salutate tutti i fratelli con un santo bacio.
27 Io vi scongiuro per il Signore che si legga questa lettera a tutti i fratelli.
28 La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.

Letture di appoggio: Salmo 111:10  "Il timore dell'Eterno è il principio della sapienza".



1.- Il brano della Prima lettera di Paolo ai Tessalonicesi proposto dal lezionario "Un giorno – una parola" ci permette di riprendere il filo dei sermoni che sono stati pronunciati nelle due ultime domeniche. Quindici giorni fa, infatti, il past. D'Amore aveva affrontato il tema della vita comunitaria, mentre domenica scorsa il past. Platone si è soffermato sul rapporto fra le religioni e la terribile sfida che i fondamentalismi lanciano al mondo moderno.

2.- Ora, nei primi versetti che abbiamo letto sono condensate delle esortazioni dell'apostolo per  una vita comunitaria vissuta sotto il segno della pace: «Vivete in pace tra voi». Nei versetti successivi, poi,  Paolo approfondisce alcuni pensieri e scende nel particolare. Infatti, il problema, nella lettera e nella comunità di Tessalonica (Salonicco), è dato dai cosiddetti spiritualisti: c'è il rischio che, da un lato, essi esagerino con le loro manifestazioni di entusiasmo, e, dall'altro, che i responsabili della comunità blocchino, per insofferenza nei confronti di questi,  anche delle espressioni legittime dello Spirito. Paolo afferma: non dobbiamo spegnere la gioia nel culto. Di qui l'affermazione dell'apostolo, che si rivolge ai responsabili della comunità consigliando: «Vigilate, senza diventare settari; controllate, ma non gettate il bambino con l'acqua del bagnetto. Dio può usare anche degli strumenti e delle forme di spiritualità che non vi piacciono. Ma se sono per il bene, siano le benvenute!»

3.- E oggi? La parola di Paolo «esaminate ogni cosa e ritenete il bene» è di estrema attualitàanche per noi – in molti campi del vivere quotidiano: Se partiamo dal livello "più interno", nella chiesa: ci invita a convivere fra opzioni diverse e a non spegnere lo Spirito solo perché noi non lo capiamo. Nel confronto fra le Chiese o fra le generazioni o fra le teologie (non importa quale sia il campo del confronto) siamo invitati all'umiltà: non è detto che il nostro modo di vedere, sentire e vivere le cose sia l'unico apprezzato da Dio (mentre noi spesso lo pensiamo!).

4.- Ma vi è un altro livello, che è oggi estremamente preoccupante, il livello del cosiddetto scontro di civiltà: credo che tutti noi siamo rimasti inorriditi a leggere sui giornali dei massacri che insanguinano il Vicino Oriente a causa del fondamentalismo islamico.
Anche in una situazione tanto drammatica, siamo esortati a non fare di tutt'erba un fascio, a non
contrapporre paura a paura e chiusura a chiusura, ma a cercare di vivere aperti verso gli altri e verso orizzonti a cui non siamo abituati. Il radicalismo, l'integralismo e l'intolleranza nascono dalla paura dell'altro, ma «l'amore vince la paura», dice la Parola (I Giovanni 4:18). La coerenza non è necessariamente sinonimo di integralismo e di oscurantismo – "esaminare ogni cosa" significa saper esaminare anche se stessi.

5.- In questa estate, per molti versi calda, abbiamo letto sui giornali di una escalation di attacchi a chiese cristiane nel mondo musulmano, con eccidi che danno seriamente da pensare e il Sinodo si è pronunciato anche su questo tema:  Art.43 Il Sinodo esprime inquietudine e angoscia per i crescenti conflitti armati e le violenze in varie aree del mondo, confessa la propria distanza dall'insegnamento evangelico "beati i costruttori di pace" (Mt 5,9), a motivo dell'incostanza del proprio impegno a fare dell'Italia un Paese costruttore di pace, anziché esportatore di politiche e strumenti di guerra; dichiara la sua solidarietà alle comunità civili, etniche e religiose colpite, talvolta nel nome di un dio armato che incoraggia la violenza e lo spargimento del sangue dei suoi figli e delle sue figlie, esprime solidarietà alle minoranze religiose perseguitate; in particolare vive una comunione di preghiera con quelle cristiane che sono vittime di odio e intolleranza religiosa, chiede l'intervento della comunità internazionale a protezione delle vittime di persecuzione e violenze attraverso l'apertura di canali umanitari e l'adozione di ogni tipo di azione diplomatica; auspica che le Nazioni Unite adottino misure e strategie che fermino le stragi e proteggano i civili, e che consentano l'avvio di negoziati per il cessate il fuoco; rinnova il proprio impegno al confronto e al dialogo con uomini e donne delle varie comunità di fede perché la logica della convivenza pacifica e del dialogo prevalga su quella degli integralismi, dei settarismi e dell'intolleranza, tanto più quando giustificati nel nome di Dio; incoraggia le chiese a pregare, ad agire per la pace e a promuovere il rispetto dei diritti umani e il dialogo con gli uomini e le donne che intendono condividere la ferma condanna della violenza".
Dopo gli attentati delle Torri Gemelle, di Londra e di Madrid è diventata più pressante l'angosciosa domanda se stiamo vivendo uno scontro di civiltà. Ci troviamo forse di fronte a opposti integralismi che si fondano su (o usano) la religione per colorare di santità le loro ideologie egoistiche? C'è chi risponde di si e c'è chi risponde di no e il dibattito è molto acceso, anche perché, purtroppo, sul campo non pesano soltanto le idee, ma grava come un macigno anche il sangue di migliaia di vittime di atti di guerra e di terrorismo.

6.- Quello della violenza integralista è un problema attuale, dunque, ma non è un problema solo di oggi, ed ha toccato, nel corso della storia, tutte le chiese.
Per fare un esempio che è lontano nel tempo, ma ci è vicino nello spirito, possiamo dire che proprio le parole di Paolo in I Tessalonicesi 5:21 furono al centro di una polemica molto forte che seguì al rogo di Michele Serveto, a Ginevra, nel 1553. Serveto era uno spagnolo geniale e molto colto che, tra l'altro, è tuttora famoso per aver scoperto la circolazione del sangue venoso. Si occupò anche di teologia e scrisse due libri che gli costarono la vita: nel primo rifiutava l'idea della Trinità e col secondo andava violentemente contro Calvino. Mentre fuggiva dall'inquisizione francese che l'aveva condannato a morte, si fermò a Ginevra. Lì si fece riconoscere e fu arrestato e poi condannato al rogo (1553). Questa condanna sollevò un dibattito accesissimo. Teodoro di Beza commentò: «Le ceneri di questo infelice erano appena raffreddate che ci si mise a discutere del castigo degli eretici».
Fu in modo particolare Sebastien Castellion a prendere posizione con un'opera su «L'arte didubitare e di credere, d'ignorare e di sapere». S. Castellion (1515 – 1563) era un fine pensatore francese (savoiardo) che aderì alla Riforma, nella sua forma (diciamo così) moderata, seguendo su alcuni temi le tesi di Erasmo da Rotterdam. Egli si scontrò con Calvino, in quanto riteneva insostenibile il fatto che persone venissero uccise perché propugnavano delle idee, sia purcriticabili. Sua è la famosa frase: «Uccidere un uomo non significa difendere un'idea, ma solo uccidere un uomo». La discussione, come abbiamo detto, ebbe come uno dei suoi fulcri proprio il testo di I Tessalonicesi 5:21 che abbiamo ascoltato oggi. Castellion lo leggeva in modo positivo: «rimani aperto nei confronti del dubbio, della discussione, di altre possibili ipotesi diverse dalle tue, mettiti in questione – e la testimonianza interiore dello Spirito Santo ti aiuterà a trovare la strada della verità»; mentre Calvino si dimostrava più rigido e negativo perché voleva difendere l'assoluta santità di Dio nei confronti della ragione umana: «E' Dio, scriveva Calvino, che dona lo spirito di discernimento ai fedeli, affinché essi distinguano per non essere raggirati dagli inganni degli uomini». Il centro della discussione è dunque capire dov'è la verità e sapere se vi è chi ne detiene in qualche modo il monopolio e come eventualmente la può gestire. Calvino,  combattendo sulla breccia per l'affermazione della Riforma, è drastico nei suoi giudizi: la verità è  nella retta interpretazione della Scrittura (cioè nella parte Riformata). Castellion è più possibilista e chiama al dialogo.

7.- Se di fronte al male che colpisce i cristiani nel mondo per mano di fanatici musulmani, noi chiediamo vendetta contro i musulmani che sono fra noi, non distruggiamo il nemico, madistruggiamo noi stessi. 
Termino con una parola di Sébastien Castellion: «Io vi consiglio, scrive Castellion, predicatori ed insegnanti, tanto da una parte che dall'altra (cattolici ed evangelici) di ricordarvi del detto del Maestro celeste, che disse: "Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio". Da cui si può ben comprendere il contrario, che infelici sono i buttafuoco, che amano ed eccitano alla guerra, perché saranno chiamati figli del diavolo. Non pensate che sia un piccolo scandalo incitare i principi e i popoli alla guerra» (cit. p. 32).

                                                                              Past. Paolo Ribet





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