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18 novembre 2012


Apocalisse 2:8-11

Lettera alla chiesa di Smirne

Predicazione di Aldo Palladino


Il testo biblico
8 «All'angelo della chiesa di Smirne scrivi:
Queste cose dice il primo e l'ultimo, che fu morto e tornò in vita:
9 "Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita.
11 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda".

Testi di appoggio: Matteo 5:1-11; Rom. 8:11-23
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"Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita"
Sono parole che troviamo nella lettera alla chiesa di Smirne, la seconda di sette lettere destinate alle sette chiese dell'Asia minore, parole che furono indirizzate ad una comunità perseguitata e che contengono un'esortazione e una promessa, parole che nel corso dei secoli hanno sostenuto la fede di molti credenti fino ai nostri giorni. Era un versetto della Bibbia molto popolare tra i cristiani a giudicare dalle iscrizioni trovate nelle catacombe di Roma.  
Molti di noi l'abbiamo imparato a memoria alla Scuola Domenicale, al catechismo, e chissà quante volte abbiamo letto "Sii fedele fino alla morte" ammirando l'affresco che Paolo Paschetto nel 1939 dipinse nell'abside dell'aula sinodale valdese a Torre Pellice (TO). Ricorderete la grande quercia che affonda le sue enormi radici nella roccia e la Bibbia al centro della chioma. E ricorderete anche le parole scritte alla base dell'affresco, tratte dal Giuramento di Sibaud: "Noi giuriamo e promettiamo al cospetto dell'Iddio vivente di mantenere tra noi l'unione e l'ordine…giuriamo fedeltà fino all'ultima goccia del nostro sangue", e le date 1689 (inizio del Glorioso Rimpatrio, il 27 agosto) - 1939 (V cinquantenario rievocativo di quell'evento).


Una parola d'incoraggiamento
Smirne e la comunità valdese della nostra regione alpina. Due comunità che, seppure in due differenti situazioni storiche, ma in una comune condizione di sofferenza e tribolazione, hanno ricevuto una parola di forte incoraggiamento che le ha aiutate ad affrontare la persecuzione con piena speranza e fiducia nell'aiuto del Signore.
"Da dove mi verrà l'aiuto?" (Salmo 121), pregava il salmista e con lui ogni credente. E l'apostolo Paolo si domandava: "Chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Rom. 7:24). La storia dell'uomo è in continua tensione tra invocazione d'aiuto e superamento della sofferenza, e la risposta, nella storia dell'umanità, è giunta a noi nella persona di Gesù Cristo. Non è un caso che nel nostro testo, Gesù dia il messaggio alla Chiesa di Smirne ricordando che Lui è "il  primo e l'ultimo (8), che fu morto e tornò in vita", lo stesso che nel libro dell'Apocalisse si presenta come "l'Alfa e l'Omega, Colui che era, che è e che viene" (1:8), "il principio e la fine" (22:13). Gesù ricorda ai credenti di Smirne la sua sofferenza, la sua morte, la sua risurrezione.
Questo è per noi di grande insegnamento, perché non dobbiamo dimenticare che la nostra esperienza terrena si colloca imprescindibilmente tra il "primo e l'ultimo" (v. 8 e Rom. 14:9). Cristo Gesù segna l'inizio della vera vita, l'inizio della nostra conversione, del cambiamento che riempie di nuovo e più profondo significato la nostra esistenza, ma è anche l'ultima opportunità che abbiamo per entrare nel regno di Dio. Tutto di Gesù Cristo, vita, sofferenze, patimenti, morte e risurrezione stanno lì a sostenere la nostra fede in qualunque circostanza della nostra vita.
Da Gesù Cristo, dunque, i credenti di Smirne, come i nostri padri valdesi, hanno tratto la forza e il coraggio per opporsi ai loro persecutori. La comunità di Smirne rifiutò sia il culto dell'imperatore romano sia le calunnie e le blasfemie di un gruppo di Giudei, che il nostro testo chiama "la sinagoga di Satana", che congiuravano contro di loro. L'ostilità anticristiana dei giudei di Smirne è attestata anche da un testo extra biblico (Martirio di Policarpo XIII 1), che ci trasmette il resoconto del martirio del vescovo Policarpo, avvenuto in quella città nel 155 d.C. (alcuni studiosi dicono nel 156 o nel 162).

Il Signore conosce la nostra condizione
Ma c'è nel testo biblico un altro motivo di incoraggiamento per la chiesa di Smirne: è quello di sapere che il Signore afferma di conoscere non le sue opere, ma la sua tribolazione: l'ostilità all'Evangelo, la sua estrema povertà economica e sociale, l'incertezza di sicurezze, l'idolatria diffusa, la sua emarginazione e la sua posizione di minoranza in un contesto pagano.
La comunità di Smirne anche se povera, anzi più che povera perché il greco utilizza il termine mendicante, è ricca spiritualmente. Dio non misura la nostra ricchezza col redditometro, né si mette a misurare o a contabilizzare, perché il nostro bilancio personale è sempre in rosso e davanti a Lui noi siamo sempre carenti e insufficienti. Tuttavia, egli ama e considera ricco chi si nutre della sua Parola, chi è mendicante del suo amore, della sua grazia, chi fa opere di misericordia e solidarietà verso tutti, chi accoglie suo Figlio Gesù Cristo come Signore e Salvatore e agisce secondo la logica del suo Regno, in cui beati, felici, prediletti sono i poveri in spirito, gli afflitti, i mansueti, gli assetati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i facitori di pace, i perseguitati (Mt. 5:1-11).
Secondo la prospettiva di Dio, nel suo Regno tutto è capovolto: gli ultimi della terra diventano i primi, i deboli sono i veri forti, la sofferenza si tramuta in gloria e la stessa creazione è liberata dalla schiavitù di ogni forma di contaminazione e corruzione per godere anch'essa della libertà dei figli di Dio (Rom. 8:20-21).

Non temere! Divieni fedele!
Alla comunità di Smirne e a tutte le comunità che essa prefigura, anche alla nostra chiesa, il Signore rivolge dunque l'esortazione a non temere e a essere fedele fino alla morte. Ma noi sappiamo che la fedeltà all'Evangelo non è nelle nostre prerogative, perché essa è un dono di Dio che riceviamo solo da Gesù Cristo, l'unico che è stato fedele al Padre fino alla fine.  Infatti, il testo originale non dice "sii fedele", ma "divieni fedele", perché la nostra fedeltà è costitutiva della nostra sequela con Gesù. È un valore del discepolato che si nutre della vita del Maestro e ne assimila le virtù e l'insegnamento.
Fratelli e sorelle, non temiamo per la nostra vita e aggrappiamoci saldamente al Signore. Egli tiene  nelle sue mani misericordiose il nostro mondo e le sue sorti e ci è vicino nei momenti difficili della nostra vita. Egli ci lascia due promesse: la corona della vita e ci preserva dalla morte seconda, la prima segno di vittoria, la seconda segno di liberazione e di vita eterna col Signore.

                                                                                                 Aldo Palladino

Predicazione Tempio Valdese
C.so Vittorio Emanuele II, 23
Torino
Domenica, 18 novembre 2012

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