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27 febbraio 2012

 


Matteo 21: 23-27
L'autorità di Gesù

Riflessione di Aldo Palladino




Il testo biblico
23 Quando giunse nel tempio, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre egli insegnava, e gli dissero: «Con quale autorità fai tu queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?» 24 Gesù rispose loro: «Anch'io vi farò una domanda; se voi mi rispondete, vi dirò anch'io con quale autorità faccio queste cose. 25 Il battesimo di Giovanni, da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?» Ed essi ragionavano tra di loro: «Se diciamo: "dal cielo", egli ci dirà: "Perché dunque non gli credeste?" 26 Se diciamo: "dagli uomini", temiamo la folla, perché tutti ritengono Giovanni un profeta». 27 Risposero dunque a Gesù: «Non lo sappiamo». E anch'egli disse loro: «E neppure io vi dico con quale autorità faccio queste cose.

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L'ambiente culturale
Il brano che abbiamo letto fa parte della serie di narrazioni di dispute (Mt. 21:23 – 22:46) tra Gesù e i capi ufficiali del giudaismo. Sono molti gli episodi riportati dai vangeli in cui Gesù si scontra con scribi e farisei, con i detentori del potere religioso, ai quali rivolge parole sferzanti e dure.
I personaggi sono sempre gli stessi; c'è un trinomio costituito:
-       da Gesù che predica, insegna, guarisce malati, aiuta, consola;
-       dalla folla di ascoltatori;
-       dai soliti capi religiosi, sempre vigili e attenti più per amore della popolarità, dei privilegi e della poltrona da tenere ben stretta che per amore della verità.
Qui, Il luogo del ministero di Gesù è il Tempio di Gerusalemme. Come dire, Gesù sposta la sua azione nella tana del lupo. Predicare e insegnare nel Tempio di Gerusalemme significa aumentare la sfida attraverso una sorta di "occupazione del  territorio" e iniziare quel cammino che lo porterà alla croce.  Dunque, dalle campagne e dai villaggi della Palestina e dalle sinagoghe Gesù si volge al Tempio.
Tempio e sinagoga hanno funzioni diverse:
- il Tempio è per gli ebrei "la casa di Dio", un tempio unico e irripetibile in altro luogo, in cui si svolgono sacrifici animali e l'insieme di riti e cerimonie previste dalla Legge mosaica;
- la sinagoga è la casa dell'assemblea, la casa dell'interpretazione, in cui la comunità locale si raccoglie per il culto e lo studio dei testi sacri.
Nella sinagoga è possibile l'intervento di laici e si invitano le persone presenti a parlare all'assemblea. Ma nel tempio le cose stanno diversamente. I capi sacerdoti, secondo le prescrizioni mosaiche, in quanto discendenti della famiglia di Levi, erano i consacrati, gli unici scelti e titolati a esercitare il ministero dell'altare, della religione, l'unica autorità riconosciuta a gestire la zona e le attività del Tempio. Dunque, predicare e insegnare nel Tempio costituiva una violazione di un territorio che era di competenza esclusiva dei capi sacerdoti, una critica alla loro autorità. Chi l'avesse fatto avrebbe trovato la loro opposizione e quella degli scribi e degli anziani.  


L'accusa
Questa premessa è utile a farci comprendere la reazione dei sacerdoti e degli anziani, i quali rivolgono a Gesù la domanda: "Con quale autorità (o potere) fai tu queste cose? E chi ti ha dato questa autorità (o potere)?".
 Se autorità è una combinazione di diritto e potere, qui l'accento è posto sul diritto e la domanda va parafrasata in questo modo: "Che diritto hai di fare queste cose? Chi ti ha dato un simile diritto?". È quindi evidente che questa domanda ha un carattere sanzionatorio, di giudizio. I capi religiosi non cercano un'informazione, ma vogliono far cadere Gesù in un tranello.
Alla loro domanda, Gesù oppone una contro-domanda sulla natura della predicazione di Giovanni Battista e "costringe gli avversari a ricordare l'appello al ravvedimento del Battista, la sua offerta di perdono, il suo annuncio di colui che viene. Ricorda anche il battesimo di Gesù, in occasione del quale la sua autorità era stata sancita da una voce dai cieli: "Tu sei il mio diletto Figlio; in te mi sono compiaciuto". Chiedendo una risposta alla parola di Dio, mediata dal Battista, Gesù pone i suoi interlocutori (e l'evangelista i suoi lettori) di fronte a una decisione personale, la sola che possa rispondere al quesito sull'autorità di Gesù. La sua risposta attraverso una contro-domanda, dunque, non è un modo di eludere la domanda delle autorità religiose: è una seria affermazione teologica.
"Gesù sa molto bene da dove gli viene l'autorità, e lo sa bene anche il lettore, ma egli non lo rivelerà a questi capi religiosi, che lo hanno già rifiutato. A che servirebbe? Se non hanno riconosciuto la parola di Dio nella testimonianza resa da Giovanni Battista a Colui che sarebbe venuto, come potrebbero riconoscerla in una testimonianza resa da Gesù a se stesso?" (Lamar Williamson jr. – Marco . Claudiana).
Gesù aveva detto: "…se voi mi rispondete, vi dirò anch'io con quale autorità faccio queste cose".    
Ma i capi religiosi erano chiusi a qualsiasi approfondimento sul ministero del Battista e, dunque, di Gesù, per cui per opportunismo e per mancanza di fede non potevano rispondere.
Dove non c'è fede non si è pronti a udire la parola di Dio, neppure se annunciata da Gesù stesso. Il contrasto non è risolto. Anzi si acuisce e si va verso lo scontro finale che porterà Gesù alla croce.

L'autorità è servizio
Autorità è un termine che ci mette di solito in allarme, perché evoca nella storia umana comportamenti di potere, strapotere, dominio sull'altro e su tutti per controllare, reprimere, vietare, ecc. L'autorità di Gesù non si esprime così. Il suo modo di parlare, di agire, manifesta la sua disponibilità a mettersi a disposizione di tutti per aiutare ad affrontare la vita senza contraddizioni, senza paura, senza pregiudizi, ma con lealtà, fiducia, rispetto, avendo la verità e  l'amore per Dio e per il prossimo come causa e fine del suo agire. Per Gesù l'autorità è l'espressione del servizio. Non ci può essere autorità senza servizio. Solo chi serve con umiltà è autorevole. La logica cristiana sovverte la logica del mondo pagano e capovolge i valori fasulli dell'apparenza, dell'esteriorità, della finzione.
Gesù ha autorità ed è l'autorità per eccellenza: predica con autorità (Mt. 7: 29), ha il potere di rimettere i peccati (Mt. 9: 6), è padrone del sabato (Mc. 2: 28), guarisce malattie (Mt. 8: 8), domina gli elementi (Mc. 4: 41) e gli spiriti maligni (Mt. 12: 28). Egli è Maestro e Signore (Gv 13: 13), ma è venuto per servire e per dare la propria vita (Mc. 10: 42). Quell'autorità l'ha ricevuta da Dio, ma l'ha saputa conservare e sviluppare nella sua vita attraverso la sua fedeltà a Dio Padre e attraverso l'amore e le compassioni per tutti i sofferenti e i bisognosi. Ha espresso la sua autorità non innalzandosi, ma abbassandosi, non schierandosi coi poteri forti, ma stando dalla parte dei piccoli, dei poveri e degli indifesi.

L'insegnamento
Questo brano del vangelo di Matteo è carico di tensione per lo scontro evidente tra Gesù e i suoi oppositori. Ma quella tensione si risolve perché Gesù prende in mano la situazione e mette in difficoltà i suoi avversari. Questi, alla fine dell'episodio, non hanno parole per accusarlo e Gesù, per parte sua, non spreca altre parole per convincerli della loro malafede.
Alla fine di ogni dialogo o confronto, le parole restano là sospese nel silenzio, come morte, e rivivono solo se animate da esperienze di vita che si concretizzano in atti d'amore, di servizio, di solidarietà e di aiuto verso situazioni di bisogno. Ed è per questo motivo che Gesù è vincente su tutto e su tutti. Gli avversari criticano e accusano; il loro compito è di salvare la dottrina e lo status quo. Al contrario, Gesù difende e protegge i deboli, gli indifesi e aiuta quelli che invocano il suo soccorso; la sua missione è di muovere le coscienze e di salvare questa umanità proponendo la vita del suo Regno.
Credo che questo sia il compito che Egli ci ha affidato.

                                                                                  Aldo Palladino

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