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03 maggio 2010


Colossesi 3,12-17

 

LA VITA DELL'UOMO NUOVO

 

Predicazione di Aldo Palladino

 

Tempio Chiesa Cristiana Evangelica Battista

Via Viterbo, 119

Torino

 

 

Il testo biblico

12 Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. 13 Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi. 14 Al di sopra di tutte queste cose rivestitevi dell'amore che è il vincolo della perfezione. 15 E la pace di Cristo, alla quale siete stati chiamati per essere un solo corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti.

16 La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza; cantate di cuore a Dio, sotto l'impulso della grazia, salmi, inni e cantici spirituali. 17 Qualunque cosa facciate, in parole o in opere, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù ringraziando Dio Padre per mezzo di lui.

 

Ambiente e contesto

Colosse era una cittadina della Frigia (una regione dell'odierna Turchia), che viveva di pastorizia e del commercio della lana. La comunità che vi si trovava si suppone sia nata dalla predicazione di Epafra (1,7; 4,13.15) e formata prevalentemente da pagani convertiti (1,21; 2,13). L'apostolo Paolo non l'ha mai visitata (2,1), anche se era sempre tenuto aggiornato sulla situazione della comunità. Per una serie di motivi, linguistici e teologici, si ritiene che non sia Paolo l'autore della lettera ai Colossesi.

Questa lettera è stata scritta per far fronte a quella che è stata chiamata l'eresia di Colosse, una sorta di contaminazione culturale, sincretistica, che era un'amalgama di cristianesimo, filosofia greca, atteggiamento gnostico contrapposto [alcuni cercavano di soggiogare il corpo con un ascetismo rigoroso e altri ostentavano di tenere il corpo in totale disprezzo tale da essere liberi di vivere in modo licenzioso], giudaismo legalistico e perfino culti misterici che davano la salvezza per mezzo dell'illuminazione. In tutto questo, Cristo non era apertamente rifiutato, ma occupava un posto accanto a tante altre potenze, angeliche e non.

Da qui nasce la lettera ai Colossesi, che riafferma il primato di Cristo (1,13-20; 2,9-15), che mette in guardia da coloro che ingannano con parole seducenti (2,4) o da coloro che fanno strani ragionamenti (2,8) ed esorta la comunità alla vita nuova in Cristo (3, 1-17).

Insomma, il messaggio rivolto ai Colossesi è questo: "Non andate a cercare altrove le risposte per la vostra vita, perché in Cristo voi avete tutto pienamente".

Sono passati circa 2000 anni da quando questo testo è stato scritto, ma esso conserva la sua attualità, perché ben si adatta a fornirci indicazioni per capire il nostro tempo e a darci l'orientamento più giusto dinanzi alle sollecitazioni legate alla nostra umanità, in cui sono presenti il "culto della prestazione" o la "tirannia del piacere", e ai   problemi che conseguono alla globalizzazione: l'incontro di etnie e culture svariate,  secolarizzazione sempre più inarrestabile, filosofie di vario tipo, ideologie politiche, religiosità di ogni genere, ecc., a cui aggiungiamo la complessa situazione sociale con la crisi economica in atto e il problema delle multiformi e nuove povertà.

Come rispondiamo noi credenti di fronte a questo panorama e ai cambiamenti in atto? Quali sono, oggi, gli itinerari di fede e di vita che il cristiano deve oggi percorrere per essere credibile nel mondo moderno e nella nostra società? In che modo rispondiamo alla nostra vocazione? 

Ebbene, la parola che ci è rivolta oggi ci dice sostanzialmente tre cose:

1) vivere pienamente l'identità che ci è stata donata da Gesù Cristo (relazione con Dio);

2) nutrirsi della parola di Cristo (relazione con la Scrittura);

3) vivere le relazioni personali, nella chiesa e nel mondo, con riconoscenza e ringraziamento 

    (relazione col prossimo).

 

1) Vivere pienamente l'identità che ci è stata donata da Gesù Cristo

Il testo ci dice che Dio ci ha scelti (eletti) per essere suoi testimoni, ci ha chiamati ad essere santi per separarci dal male, e ci ha amati. In proposito, il discepolo di Gesù, Giovanni, ci dice: "Diletti, se Dio ci ha così amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (I Giovanni 4,11). Questa identità non è una conquista personale, che dipende dalle nostre forze, dalla nostra intelligenza, dai nostri meriti o dalle nostre opere, ma è un dono immeritato di Dio. Noi siamo eletti, santi ed amati da Dio, perché oltre ad essere "mendicanti della grazia di Dio" (Lutero), siamo figli della sua grazia.

La nostra risposta a quella grazia è la fede, intesa come adesione a Dio. Da qui nasce la nostra relazione con Dio, ma anche la nostra relazione con il prossimo in novità di vita.

Senza sentirci migliori di chi ci sta di fronte, noi credenti in Cristo siamo chiamati ad essere presenti e perfettamente integrati nel mondo, pur sapendo di non essere del mondo e di non doverci conformare ai modelli e alle ideologie contrarie all'evangelo.

La nostra identità di cristiani, che nel nostro testo è paragonato ad un vestito che ci è stato donato dal Signore, deve essere la manifestazione dello stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù, sentimento che ha abbattuto ogni tipo di barriere, sentimento che stimola l'incontro e il dialogo con gli altri, ma soprattutto il servizio in uno spirito di condivisione e solidarietà.

Il nostro testo dice: "Rivestitevi dell'amore che è il vincolo della perfezione" (v. 14), amore per Dio e amore per il prossimo, dentro e fuori la chiesa, un amore che ci completa, perché senza l'amore noi non siamo nulla (1 Cor. 13,1-3).

 

2) Nutrirsi della parola di Dio

Questa seconda esortazione ci invita a nutrire la nostra interiorità con la parola del vangelo. Quando alimentiamo il nostro essere interiore non facciamo che mettere delle fondamenta alla nostra personalità o non facciamo altro che modellare il nostro carattere.

Ho sempre pensato che il carattere di ognuno di noi sia difficile da domare, eppure posso raccontarvi l'esperienza vissuta da mio padre, che oltre ad essere un gran lavoratore era anche un giocatore d'azzardo e perfino un bestemmiatore. Ma un giorno passando davanti alla chiesa valdese di Campobasso, udì cantare degli inni. Entrò in quella chiesa e non ne uscì più. Incominciò a leggere la Bibbia e fu convinto dallo Spirito di Dio di sottomettere la sua vita a lui. Smise di giocare d'azzardo e smise di bestemmiare. Non fu mai un fanatico, ma la Bibbia lo aiutò a vivere con integrità.

Penso sia vera quella parola del profeta Geremia: " La mia parola non è forse come il fuoco, dice il Signore, e come un martello che spezza il sasso?" (Geremia 23,29). La parola di Dio spezza i nostri cuori, ci scalda con il suo calore, ma ci affina per farci diventare puri come l'oro.

Ricordiamo che Gesù disse: "Sta scritto: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" (Matteo 4,4).

 

3) Vivere le relazioni personali, nella chiesa e nel mondo, con riconoscenza e ringraziamento      
Forse noi non abbiamo compreso appieno il privilegio di vivere la nostra fede nel contesto comunitario; e forse non esprimiamo a sufficienza la nostra riconoscenza e il nostro ringraziamento a Dio Padre, per mezzo di Gesù Cristo.

La chiesa è:

-   la palestra in cui impariamo a stare insieme, a esprimere i nostri dubbi, i nostri sentimenti, le 

   nostre preoccupazioni affinché riceviamo l'aiuto e il sostegno pratico, morale e spirituale;

-   è il luogo dove ci istruiamo e ci esortiamo gli uni gli altri con ogni sapienza, dove i nostri figli

   ricevono l'educazione necessaria per crescere nella conoscenza e nella grazia di Dio;

-   è la casa dove tutti insieme, come dice la lettera agli Ebrei, "per mezzo di Gesù offriamo

   continuamente a Dio un sacrificio di lode; cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome"

   (Ebrei 13,15), attraverso la preghiera, il canto, la predicazione, la comunione fraterna.

Qui noi credenti impariamo la vita di relazione per poi testimoniare agli altri ciò che è avvenuto e che avviene quando si incontra Dio in Cristo Gesù.

"Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita", dice Pietro (1,15b- 17).

La nostra testimonianza, in parole e in opere (17), non è animata da una strategia di conquista, ma da un sincero amore per l'altro e dal desiderio di onorare il Signore e di vivere in modo degno di Lui.

Che il Signore ci aiuti a vivere la nostra vocazione con rinnovato impegno e fedeltà.

                                                            
                                                 Aldo Palladino

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro fratello questo insegnamento e' stato molto utile per me. Ti prego di dirmi se tieni dei corsi di teologia per corrispondenza o via email. Sarei molto interessata che Dio ti benedica!!