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08 dicembre 2007


 

 

 

Apocalisse 3, 7-13

 

LA LETTERA
ALLA CHIESA DI FILADELFIA

 

Predicatore:   Aldo Palladino

 

Chiesa Valdese di Via T. Villa – Torino

9 dicembre 2007

Il testo biblico

7 «All'angelo della chiesa di Filadelfia scrivi:

Queste cose dice il Santo, il Veritiero, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre:

8 Io conosco le tue opere. Ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, pur avendo poca forza, hai serbato la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. 9 Ecco, ti do alcuni della sinagoga di Satana, i quali dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, io li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi per riconoscere che io ti ho amato. 10 Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra. 11 Io vengo presto; tieni fermamente quello che hai, perché nessuno ti tolga la tua corona.

12 Chi vince io lo porrò come colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più; scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, e della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome.

13 Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese.

 

 

Altre letture bibliche: Giacomo 1, 2-4.12; 2 Timoteo 4,6-8; Romani 8,31-39

 

***

 

Informazioni preliminari sulla città di Filadelfia

Filadelfia è una città della regione della Lidia, nell'Asia minore (l'odierna Turchia), dove era sorta una chiesa cristiana fortemente perseguitata. È la sesta di sette città, nominate nel libro dell'Apocalisse (= rivelazione), a cui Giovanni, discepolo di Gesù, trasmette un messaggio che egli aveva ricevuto dal Signore per apocalisse, cioè per rivelazione.

Filadelfia significa "amore fraterno". Fu fondata nel 189 a.C. da Attalo II (220-138 a.C.), detto anche Filadelfo, così chiamato per il grande amore che ebbe per suo fratello Eumene II, re di Pergamo, aiutandolo a fronteggiare in guerra il nemico comune.

È anche definita la "porta d'Oriente", perché era attraversata da un'importante via di comunicazione, una strada dell'impero che proseguiva verso est.

Filadelfia esiste ancora oggi con il nome di Alisehir (città di Dio).

 
Il contesto storico

Il messaggio alla chiesa di Filadelfia è rivolto a dei credenti che si trovano in una situazione storica molto critica. Si tratta di una piccola comunità cristiana, costituita da persone provenienti dal paganesimo e dal giudaesimo, che subisce delle persecuzioni per un effetto onda delle più grandi persecuzioni e violenze della seconda metà del I secolo: la persecuzione romana durante il regno di Nerone (54-68 d.C.), la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio (70 d.C.) ad opera delle truppe di Tito, e la persecuzione di Domiziano contro i cristani (81-96), che si rifiutavano di adorarlo come Dio.

Oltre a tutto questo, occorre ricordare il giogo imposto dai Romani con l'applicazione di tasse gravose, un'economia povera anche a causa di due terremoti che mettono in ginocchio la città, l'opposizione di gruppi di Giudei, che pensavano di essere gli unici destinatari delle promesse di Dio e, quindi, gli unici eredi del regno, la situazione di chiesa di minoranza; tutti questi elementi rappresentano il contesto in cui quei credenti erano chiamati a esprimere la loro fede.

Lo stesso Giovanni viene arrestato ad Efeso, dove curava la comunità locale e quelle vicine, ed esiliato nell'isola di Patmos, il luogo in cui scrive l'Apocalisse, la rivelazione di Gesù Cristo.

Diversi anni dopo, Policarpo, vescovo della vicina chiesa di Sardi (a 45 Km. da Filadelfia), muore martire (nel 155).

Dunque, la vita non è facile per i credenti di Filadelfia.

 

Giudizio e salvezza appartengono al Signore

Ma in questo momento buio, quando lo scoraggiamento, la paura, l'angoscia, l'isolamento, si fanno strada nella vita di quei credenti, arriva la parola del Signore, parola di esortazione e di incoraggiamento, ma anche la parola ultima e definitiva che Egli solo può pronunziare sulla nostra vita, come individui, come chiese, come nazioni, perché il diritto di giudicare e salvare appartiene al Signore, che ha, in forma metaforica, le chiavi per l'accesso al suo regno. Soltanto Lui è l'autorità suprema che decide di ciascuno di noi, sia per chiamarci al suo servizio, sia per approvare o disapprovare il nostro cammino, sia per salvarci (7).

Nessun uomo, dunque, può arrogarsi la prerogativa di condannare, santificare, beatificare altri uomini, né di decidere qual è la vera chiesa. Solo colui che ha la "chiave di Davide" può farlo. Quella "chiave", con riferimento a Isaia 22,22, è un'immagine che induce al rispetto, al timore, ad un'umile accettazione della sovranità di Dio e alla sottomissione a Lui e a Lui soltanto.

 

Essere fedeli al Signore

Alla chiesa di Filadelfia, come anche a quella di Smirne, cioè a due su sette chiese, il Signore rivolge parole di elogio. Qui non troviamo rimproveri.   

Che cosa ha fatto di particolare questa chiesa tanto da ricevere l'approvazione del Signore? Ce lo dice il nostro testo, al v.8, con cinque affermazioni illuminanti: due riguardano ciò che Dio ha operato e le altre tre riguardano ciò che la chiesa ha fatto per il Signore e che il Signore stesso riconosce:
1)"Io conosco le tue opere", cioè il Signore (ri)conosce tutte le attività svolte dai credenti di Filadelfia;
2)“io ti ho posto una porta aperta”, cioè il Signore ha affidato una missione a questa chiesa, un servizio di testimonianza e di evangelizzazione;
3)“pur avendo poca forza”,
4)“hai serbato la mia parola”,
5)“non hai rinnegato il mio nome”.

Questa chiesa non era ricca, né potente e, nonostante fosse portatrice di un messaggio straordinario, carico di speranza e di salvezza, non mostrava segni di superbia e di orgogliosa superiorità. Era una chiesa sobria, umile, che svolgeva con serietà il compito affidatole credendo solo nella forza della parola del Signore e restando fedele a proclamare la salvezza che c'è nel nome di Gesù Cristo.

Queste erano le opere che il Signore ha visto in questa chiesa. In quella situazione, non era cosa da poco.

E anche per noi oggi non è cosa da poco, nonostante tutte le attenuanti che possiamo invocare, restare fedeli, attaccati alla parola del Signore    e non rinnegare il suo nome. Il nostro passato storico di Valdesi è ricco di eventi in cui molti nostri fratelli e molte nostre sorelle sono morti per la fede in Cristo, ma ciò non deve costituire un punto di forza per affermare un presunto nostro potere, oggi. Certo, possiamo godere e gioire della libertà conquistata dai nostri padri, ma siamo chiamati, come individui e come comunità, a vivere la nostra fede senza vacillare e senza pensare di vivere di rendita, perché il Signore sa se e come noi stiamo rispondendo alla sua chiamata.

 

Le promesse del Signore

La chiesa di Filadelfia riceve dal Signore delle promesse:

a)    la promessa del Suo amore, che non verrà mai meno, è garanzia di un legame indissolubile e di una comunione senza fine. È un amore vincente che costringerà oppositori e persecutori a piegarsi dinanzi ai credenti di Filadelfia e, dunque, a riconoscere il Signore che questi annunziavano [la storia della conversione dell'apostolo Paolo ne è un esempio];

b)    la promessa della sua protezione nelle difficoltà, nella prova, nella tentazione o, come altri traducono, nell'"ora del cimento", che evoca l'idea di un combattimento;

c)   la promessa della Sua venuta; Gesù viene per coloro che lo invocano, ma viene anche per quelli che lo disprezzano e lo rifiutano. Viene come Signore e Salvatore per i primi, come Giudice per i secondi (Giovanni 3,18).  

In virtù di queste promesse, il credente è chiamato:

Ø       a conservare la Parola dell'Evangelo con la stessa costanza che Gesù ha avuto nel compiere il suo servizio tra gli uomini ("la mia esortazione alla costanza");

Ø       a tenere fermamente quello che ha, vale a dire la fede in Cristo, la pazienza di saper attendere il compimento della volontà di Dio e la gioia del servizio, nonostante le prove che attraversa.

 

Il credente riceve i segni della sua totale appartenenza a Dio

Il risultato di questo impegno è la corona, metafora della vittoria per chi, come l'apostolo Paolo corre la corsa e giunge al traguardo (2 Timoteo 4,6-8) o segno di chi è ufficialmente invitato alla banchetto del Padrone di casa.

Ma un'altra meravigliosa immagine è per chi vince(12). Chi vince diventerà come una colonna nel tempio di Dio sulla quale saranno incisi tre nomi (12):
- il nome di Dio, che viene scritto sul credente vincente, sulla sua fronte (14,1; 22,4), segno di totale appartenenza a Dio;
- il nome della nuova Gerusalemme (Ez. 48,35; 21,10; Isaia 62,2);
- il nome nuovo di Cristo, cioè il nome nuovo che avrà come "Risorto".

Tutto ciò ci riempie di gioia e ci stimola a impegnarci qui ed ora per l'avanzamento del Regno di Dio. Avremo certamente alti e bassi nella nostra vita, avremo l'opposizione di chi non crede in questo progetto, ma noi andremo avanti con il sostegno della parola: "Nessuno ci separerà dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù" (Romani 8, 37-39).


                                                                Aldo Palladino

 

1 commento:

Lisandra Shailou ha detto...

Condivido quanto hai spiegato, i riferimenti biblici lo confermano, molto bella e chiara la spiegazione, grazie