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09 settembre 2012

Matteo 5: 6
Cercare la giustizia di Dio
 Meditazione di Aldo Palladino


 

Il testo biblico

6 Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.


Questo versetto del Sermone sul monte, il quarto delle Beatitudini annunciate da Gesù, ci pone di fronte ad una parola, "giustizia"(gr. dikaiosyne), molto diffusa nella Scrittura.

La troviamo anche nell'ottava beatitudine: "Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli" (Mt. 5:10), e in altri momenti.
Al suo battesimo, Gesù dice a Giovanni Battista: "…conviene che noi adempiamo ogni giustizia" (Mt. 3: 15).   
In Mt. 5:20, c'è questa esortazione di Gesù: "Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli".
E ancora: "«Guardatevi dal praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere osservati da loro; altrimenti non ne avrete premio presso il Padre vostro che è nei cieli (Mt. 6:1).
E in Mt 6:33: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più".
Matteo fa largo uso della parola "giustizia", perché sappiamo che egli scrive il suo Vangelo soprattutto per i giudei, che conoscevano il senso di questo termine largamente usato nell'Antico Testamento.
Al tempo di Gesù, per i giudei "giustizia" era la condotta di chi si conduce rettamente davanti a Dio.
Essi pensavano che se non sei un ladro, un assassino, un adultero, un bugiardo, se osservi i rituali previsti dalla Legge, frequenti il Tempio alle scadenze previste, preghi, paghi la decima, se fai tutto questo, ti puoi considerare una persona "giusta" e puoi perfino pensare di essere approvato e benedetto da Dio.

Questo modo di pensare lo troviamo in molti episodi evangelici.
C'è il giovane ricco che ritiene di aver osservato tutti i comandamenti e che chiede a Gesù: "…che mi manca ancora?" E Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi ciò che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi" (Mt. 19:20).
Ricordiamo anche la parabola del fariseo e del pubblicano, scritta "per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri" (Lc. 18:9), in cui il fariseo si esalta come "giusto", elencando tutte le sue buone opere di osservante della Legge e disprezzando le malefatte del pubblicano.
C'è il fariseo Simone, che dall'alto della sua "giustizia" non si era degnato di lavare i piedi a Gesù né di ungergli il capo con olio, né di baciarlo, ma è pronto a giudicare e diffamare la peccatrice che fa tutte queste cose a Gesù (Lc. 7:36-50).

Gesù si oppone a questa mentalità. La sua predicazione si leva forte e decisa contro questa auto-giustizia, contro chi si autodichiarava giusto. Per questo Gesù afferma: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori" (Mc. 2:17). E in un'altra occasione accusa gli scribi e i farisei di ipocrisia e di iniquità, mentre di fuori appaiono giusti alla gente (Mt. 23: 27-28).


Ancora ai nostri giorni la razza dei farisei dei giusti che si autoassolvono, dei sani che non hanno bisogno del medico, non si è estinta. La società ne è piena e le nostre chiese, tutte le chiese, al loro interno ne esprimono degli ottimi esemplari. Uno dei tanti motivi che rendono le nostre chiese evangeliche deboli e fiacche, disunite e frammentate, senza gioia e senza passione, chiese di poca fede, "non sta nel fatto che nelle nostre chiese ci sono troppi peccatori, ma che ci sono troppi giusti che non hanno voglia di Cristo e non sono affamati del suo Evangelo, perché sono troppo pieni della loro giustizia" (Vittorio Subilia in La Parola che brucia. Claudiana; 1991, pag 86). Sono tanti quelli che pensano di fare il proprio dovere per il funzionamento della chiesa e che si sentono soddisfatti del proprio tran-tran di vita e non sentono il bisogno di altro. Sono molti i credenti che assurgono a giudici dei comportamenti altrui e non mettono in discussione minimamente la propria condotta o la propria vita.
Così l'evangelismo italiano è lacerato da scomuniche reciproche di una chiesa verso un'altra, da una denominazione verso un'altra e viceversa . E non ci ricordiamo che quando Giovanni disse a Gesù: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva», Gesù gli rispose: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi" (Mc. 9:38-40). Una affermazione forte quella di Gesù che rivela un'apertura straordinaria verso chi non fa parte del suo gruppo di seguaci.

Abbiamo anche letto il versetto di Matteo 5:20: "Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli" (Mt. 5:20).
A quale giustizia si riferisce Gesù? Evidentemente non alla giustizia che giudica e disprezza il prossimo, che basa la relazione con Dio sulle proprie opere, facendone una questione di dare e avere, ma alla giustizia di Dio che giustifica e perdona. Il regno dei cieli è per coloro che si affidano a questa giustizia divina, che vivono la loro vita sotto l'impulso della grazia e della misericordia rivelate nella persona di Gesù Cristo .
La giustizia di cui parla Gesù è quella che stabilisce una relazione di fedeltà e ubbidienza del credente con Dio e che rende il rapporto col prossimo umano e amorevole. È la giustizia che provoca cambiamento, conversione, e che dirige il nostro sguardo non sul peccato degli altri, ma su Gesù Cristo.
La giustizia di cui parla Gesù è quella che ci insegna a lasciare il giudizio a Dio, perché nulla sfugge al suo sguardo e dalle sue mani. Ciò significa che dobbiamo resistere alla tentazione di sentirci i primi della classe, di dare sempre lezioni agli altri per metterli in riga e per dimostrare che i veri credenti siamo noi.

C'è tanta strada ancora da fare sul cammino verso la maturità cristiana. Abbiamo bisogno di cercare la giustizia di Dio accostandoci all'opera della croce di Gesù Cristo e di comprendere che questo è il tempo di crocifiggere il nostro orgoglio e ogni desiderio umano di innalzare noi e di abbassare gli altri. Ricordiamoci che Gesù ha detto: "…chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato». (Lc 18:14).

                                                                                              Aldo Palladino

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