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26 settembre 2011



Filippesi 2: 1-13

Gesù Cristo,
fondamento della vita comunitaria

Predicazione di Aldo Palladino


Domenica, 25 settembre 2011
Tempio Valdese
C.so Vittorio Emanuele II, 23
Torino

Il testo biblico
1 Se dunque v'è qualche incoraggiamento in Cristo, se vi è qualche conforto d'amore, se vi è qualche comunione di Spirito, se vi è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, 2 rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. 3 Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, 4 cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. 5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.
12 Così, miei cari, voi che foste sempre ubbidienti, non solo come quand'ero presente, ma molto più adesso che sono assente, adoperatevi al compimento della vostra salvezza con timore e tremore; 13 infatti è Dio che produce in voi il volere e l'agire, secondo il suo disegno benevolo.

***
Contesto
La comunità di Filippi è la prima comunità cristiana europea (Atti 16,24-40), nata dall'evangelizzazione dell'apostolo Paolo. È una comunità che Paolo loda perché fortemente impegnata in campo missionario (1,3.5), per la solidarietà a lui manifestata con dei doni quando era in prigione (2,25) e per il sostegno alle chiese della Macedonia in difficoltà (2 Cor. 8,1-5).
Ma poiché non esistono comunità perfette, anche nella chiesa di Filippi non tutto fila liscio: i rapporti fraterni sono lacerati da incomprensioni, da rivalità, come testimonia l'appello di Paolo all'umiltà e alla concordia (2,2 ss) e la sua esortazione a due donne della comunità, Evodia e Sintiche, ad andare d'accordo (4,2-3).
Paolo dunque scrive e interviene per sopperire ad un deficit morale lì presente. Quale cura è adatta a quella comunità? Oggi la psicologia, la sociologia, la pedagogia forniscono gli strumenti per capire meglio i meccanismi e le dinamiche che sono alla base delle disfunzioni di un gruppo, di un corpo, qual è la chiesa, o di tutti i conflitti interpersonali, e offrono le soluzioni per fronteggiare ogni principio di disgregazione.
Ma a quell'epoca, in assenza di strumenti di analisi appropriati, quale terapia somministra l'apostolo Paolo ai Filippesi?

Inno cristologico
Nel nostro testo, le prime parole (1-4) di Paolo sono esortazioni che costituiscono l'abc della vita comunitaria: essere concordi e unanimi, non far nulla per spirito di parte o vanto personale, mostrare amore, rispetto e umiltà, vivere con sentimenti di solidarietà verso gli altri. Ma la cosa sorprendente e che "in una situazione di evidente crisi etica, Paolo non fa la morale ai Filippesi,  ma intona un inno a Cristo (quello che è riportato nei versetti da 5 a 11) e invita i Filippesi a cantarlo con lui, perché ritiene che non sia la morale a guarire l'immoralità, ma la fede"(©). Infatti, l'apostolo Paolo ricorda ai Filippesi quest'antico inno cristologico per orientare la loro vita e la loro fede.
Così inizia quest'inno:"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù" .
Di quale sentimento avevano bisogno i Filippesi?  
È quello racchiuso nella persona e nell'opera di Gesù Cristo, contrassegnata dal duplice movimento di abbassamento (6-8) e innalzamento (9-11), che troviamo nel nostro brano.
È sorprendente che Paolo per mettere ordine nella vita comunitaria dei Filippesi scomodi il fondamento della rivelazione: Dio che decide di abbandonare il suo trono per scendere verso il basso a incontrare l'umanità e che in Cristo Gesù si fa uomo, di più, che si fa servo, schiavo; Dio che diventa altro, che cambia e si fa umano.
In questo ricordo del movimento verso il basso sta l'insegnamento di Paolo ai Filippesi, i quali hanno bisogno di rimuovere il senso di autosufficienza e di orgoglio e di riscoprire che la fede non fa salire in alto, ma ci fa scendere dal nostro piedistallo dai nostri altari, su cui ci siamo posti come idoli di noi stessi, per farci incamminare con umiltà verso quelle zone dell'umanità dove a nessuno piacerebbe vivere.
L'ascesi e la mistica cristiana incoraggiano il distacco dal mondo, la solitudine, il silenzio, la preghiera e promuovono il movimento verso l'alto, nella ricerca di Dio. Tutte cose belle e apprezzabili, ma Dio, in Cristo Gesù, nel nostro brano è in basso, nelle zone più disumanizzate di questo mondo, tra gli esclusi, gli emarginati, i poveri, i sofferenti, i malati, i carcerati, gli stranieri, gli affamati, tra tutti quelli che invocano aiuto, salvezza, pace, giustizia, verità. Gesù non abita nei palazzi del potere, ma tra la gente esclusa e ai margini della società. E per venire tra noi Cristo Gesù: "…spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce".
1)      "Spogliò se stesso", nel senso che si svuotò (in greco ekenosen), mise da parte il suo status d'origine, privandosi del suo spendore e dei suoi privilegi (gloria, identità e diritti divini);
2)      "prendendo forma di servo" (in greco doulos, schiavo), abbandonando volontariamente la condizione di Signore e assumendo quella sociale di schiavo, vale a dire di uno che agli occhi del mondo non conta nulla; la salvezza dell'umanità inaugurata da Gesù non passa attraverso il potere, come l'uomo pretenderebbe, ma attraverso il servizio. 
3)      "divenendo simile agli uomini", perché in ogni cosa Gesù ha manifestato di essere uomo, dalla sua nascita alla sua morte, senza mai peccare (Ebr. 4,15);
4)      "umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". La via dell'umiliazione, nell'ambito di quel movimento di abbassamento, sta nell'ubbidienza di Gesù a Dio Padre, del quale accetta liberamente e volontariamente il progetto di salvezza dell'intera umanità per realizzarlo fino alla morte sulla croce.

Cristo al centro della vita della chiesa
Questo movimento di abbassamento di Gesù Cristo diventa per tutti noi un progetto di vita, una proposta di una vita nuova nella comunità che rappresenta la vera avventura della nostra fede, cioè vivere e lavorare con persone che come me e come te sono state amate e redente dal Signore. La comunione fraterna che realizziamo non nasce in noi stessi, per quello che noi siamo, ma nasce dalla condivisione e dalla comunanza di avere come collegamento Gesù Cristo e la sua opera. Per mezzo di Cristo noi apparteniamo gli uni agli altri e questa appartenenza è più forte ed effettiva di quanto noi sentiamo, perché il legame che abbiamo è un legame eterno.
Se comprendiamo questa realtà spirituale, cominceremo a guardarci con occhi diversi, a comprendere e perdonare le debolezze che ci caratterizzano, a rispettarci, a stimarci e a vivere nella concordia e nell'amore. 

L'inno cristologico mette in evidenza che a Gesù Dio dà "il nome che è al di sopra di ogni nome" (11). E il nome è quello di "Signore" (Kyrios). E questo è sconvolgente per la mentalità del tempo, perché Signore è l'appellativo riservato a Dio.
Questo rappresenta il secondo movimento, quello dell'innalzamento di Gesù.
È un movimento che coinvolge anche noi, perché, come abbiamo letto: "Se alcuno vuol essere il primo, dovrà essere l'ultimo e il servitore di tutti" (Mc. 9:35).
Nel Nuovo Testamento, lo schema abbassamento-innalzamento si presenta come una parènesi rivolta prima ai diretti destinatari e poi a tutti i lettori.
Lc. 14,11: "Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato" (ved. anche 18, 14).
Gc. 4, 10 dice: " Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà".
1 Pt. 5, 6: " Umiliatevi dunque sotto la potente sua mano, affinché egli vi innalzi a suo tempo".

I Filippesi, dopo il canto dell'inno, come hanno reagito? Forse hanno risposto come facciamo anche noi oggi quando cantiamo inni di lode e di adorazione a Dio, quando cantiamo di essere disposti a servire, ad amare, ad ubbidire...
Certo è che i Filippesi si sono trovati di fronte a un inno che non era un imperativo, ma era una chiamata alla libertà di decidere cosa volevano essere nei confronti di Dio e verso i fratelli e le sorelle della loro comunità.
Anche noi oggi siamo dinanzi a questa scelta.

                                               Aldo Palladino

  


(©) Paolo Ricca. Come in cielo, così in terra. Itinerari biblici. Claudiana – Torino, (pag. 98).


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