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03 febbraio 2009

Matteo 17, 1-9: La trasfigurazione di Gesù

Predicazione del Past. Stefano D'amore

 

 

Domenica, 1 febbraio 2009

Tempio Valdese di Torino

C.so Vittorio Emanuele II, 23

 

Il testo biblico

1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro; la sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce. 3 E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui. 4 E Pietro prese a dire a Gesù: «Signore, è bene che stiamo qui; se vuoi, farò qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia». 5 Mentre egli parlava ancora, una nuvola luminosa li coprì con la sua ombra, ed ecco una voce dalla nuvola che diceva: «Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo». 6 I discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran timore. 7 Ma Gesù, avvicinatosi, li toccò e disse: «Alzatevi, non temete». 8 Ed essi, alzati gli occhi, non videro nessuno, se non Gesù tutto solo.

9 Poi, mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti».

 

Letture di appoggio: Filippesi 2,5-11; II Corinzi 4,3-10

 

Care sorelle, cari fratelli,

in un crescendo di nuovi arrivi, di nuovi personaggi, la scena man mano si completa: Gesù, prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Poi compaiono Mosè ed Elia e infine parla Dio.

Una scena che sembra un dipinto, proprio come quella immaginata e dipinta da Raffaello, per chi la ricorda.

Matteo non è un regista di film né di teatro, eppure ci fornisce tutti gli elementi per poterla vedere oggi con i nostri occhi questa strana esperienza mistica, fatta di apparizioni, luci, voci e metamorfosi, così vicina ad esempio a quella di Paolo sulla via per Damasco.

 

È chiaro fin da subito che questo racconto ha un forte carattere simbolico. Nelle predicazioni del mese di gennaio abbiamo incontrato diversi testi che rivelano l'identità di Gesù (proprio perché siamo nel tempo di Epifania). Provando a riassumere questo brano potremmo dire che qui viene espressa la conferma dell'identità di Gesù. I suoi discepoli possono sentirsi rassicurati, perché non chiunque poteva essere oggetto di quella trasfigurazione. Gesù è in linea di continuità con le profezie dei più grandi profeti (Mosè ed Elia), questo è il senso e Dio stesso dice che in questo suo figlio si compiace. Lo aveva già fatto in occasione del suo battesimo e ora lo ribadisce: "Questo è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto". E ora aggiunge anche "ascoltatelo!".

Anche la luce, il fulgore del volto e dei vestiti vanno in quella direzione. Ancora per noi l'immagine della luce ci rimanda a qualcosa di puro, candido, divino. Il messaggio è chiaro: Gesù è uomo ma è anche uno con il Padre. Lo confermano le profezie e lo conferma Dio.

Ma è importante notare che questa conferma arriva dopo che Gesù ha fatto già un po' di cose… Questo significa che secondo Matteo il Signore non conferma un'identità ideologica di Gesù. Dalla nuvola non arriva una voce che dice: quest'idea di mio figlio mi piace, questo programma per un ipotetico futuro lo sottoscrivo. Dio parla di suo figlio che è un uomo in carne ed ossa e che ha già guarito malati, paralitici e lebbrosi, che ha già istruito sull'amore verso i nemici, che ha condannato il formalismo religioso, i tesori sulla terra e il giudizio degli altri, che ha incontrato nelle loro case le emarginate e i peccatori.

Insomma, da Dio giunge una voce che approva e conferma il ministero di Gesù, così come era stato portato avanti fino ad allora. E l'invito forte a proseguire nella sequela di quest'uomo, ascoltandolo, arriva fino a noi.

 

Ma oggi mi piacerebbe che ci soffermassimo su un piccolo particolare di questo racconto, una frase che passa inosservata tra i commentatori e forse anche alla nostra lettura.

Non solo il volto di Gesù si trasforma, anche la scena che abbiamo descritto finora, carica di personaggi, significati… si trasforma!

Di fronte alla Parola di Dio che fuoriesce e scende dalla nuvola, i discepoli cadono a terra, presi da timore. Questo gesto è fondamentale nella nostra narrazione, da qui in poi entriamo in una nuova prospettiva.

Nonostante la loro immaturità, nonostante si trovino spesso a non comprendere le parabole di Gesù, sebbene siano a tratti distratti, titubanti o a volte anche assenti, l'istinto dei discepoli li porta a gettarsi per terra. Interviene la semplicità, la spontaneità del loro cuore e della loro fede: di fronte a Dio ogni protezione crolla, non resta che prostrarsi inermi di fronte alla Sua presenza e coprirsi gli occhi (proprio come Mosè sul Sinai ed Elia nella grotta avevano fatto). Non resta che ammettere la propria piccolezza di fronte a Dio, ai suoi progetti, alle sue dichiarazioni.

Questo gesto di crollare a terra, sopraffatti dalla voce di Dio, di gettare la faccia per terra e di chiudere gli occhi, è fondamentale perché permette loro (e arriviamo alla frase incriminata), permette loro, una volta alzati gli occhi, di vedere l'essenziale: Gesù da solo.

(Prendere la Bibbia) "Non videro nessuno, solo Gesù. Gesù solo. Soltanto Gesù. Gesù da solo. Gesù tutto solo (nelle varie traduzioni che si possono trovare).

È chiaro il senso del versetto: ad un tratto non c'era più nessuno dei personaggi di prima ed era rimasto solo lui.

Ma è rimasto "solo lui" o "lui da solo"?

Cioè, Gesù senza quelli che c'erano prima o Gesù in solitudine?

Piccola questione linguistica che dà un colore diverso, una pennellata d'ombra sul nostro dipinto.

Intravediamo grazie a quella parola di sole quattro lettere, una macchia d'inchiostro in mezzo a tante altre, un Gesù dal volto più umano, un Gesù che certo sa sedere ai banchetti di nozze, ma spesso si ritira in disparte per pregare, e a volte è trascinato da un destino che non vuole, imprigionato in un futuro impossibile da programmare.

E riaffiorano alla nostra mente altre situazioni in cui Gesù è solo. Tentato in mezzo al deserto, ogni volta che si ritira per pregare, nel giardino del Gezemani, sulla croce. La storia di Gesù deve essere stata anche una storia di solitudine.

Gesù deve essere stato anche solo. Ma a volte ci convinciamo che questa parola sia più vicina all'avverbio "solamente" che al sostantivo "solitudine". E come non ci è immediato riconoscere la solitudine di Gesù (e perché no forse anche la solitudine di cui soffre Dio) ci è difficile pure scorgere quando il nostro prossimo è solo. Ci fa male svelare la solitudine nascosta tra le pieghe della nostra esistenza. Non sopportiamo l'idea di scoprirci soli e non amiamo che qualcuno ci metta di fronte alla sua dolorosa solitudine.

 

Mi scopro solo, Signore,

come la stella del mattino

come il primo uomo sulla terra

come l'ultimo vecchio della borgata

solo,

come la voce che grida nel deserto

come chi si nasconde in una grotta sotto il mare

come chi conduce un popolo verso lo sterminio

solo,

come un colpo di fortuna

come l'unico bacio del traditore

come chi si è perso senza rendersene conto.

 

Fratelli e sorelle,

la sensazione di toccare il fondo conosce bene molti dei nostri cuori... Ma anche noi, in compagnia dei discepoli, siamo invitati dalla voce di Gesù che dice "Alzatevi, non temete".

Una volta ascoltata la Parola di Dio e invitati da Gesù, come i discepoli, risolleviamo il nostro sguardo perché forse proprio nella crudezza di questa immagine di Gesù tutto solo, se la osserviamo e la riconosciamo come vera, possiamo trovare una risposta.

Proprio nell'essenzialità del "Gesù solo" sta la novità che ci libera. Scompaiono Mosè ed Elia, le vecchie sicurezze, la proposta di mettere le tende nei ricordi o nelle tradizioni a cui leghiamo Cristo e la nostra fede si rivelano infantili, sparisce ciò che distrae, ciò che acceca e resta invece chiaro e nitido un solo contorno. Solo Gesù, come dissero i Riformatori: Solus Christus.

Ed è un Gesù adulto, indipendente quello in cui crediamo, che riprende subito dopo il suo percorso tra i villaggi della Palestina, verso Gerusalemme, verso la croce, dalla parte dei piccoli e dei deboli, spaventato e fedele. E' un Gesù che indica una via propria, che rivela l'amore di Dio. L'unico centro da cui partire, o con il quale proseguire. Il cammino dei discepoli al fianco di Gesù infatti prosegue. Dopo essersi rigenerati, raccolti sul monte per ricevere un messaggio e guardare in trasparenza la propria fede, arriva la discesa, ricomincia la settimana. Dal monte si scende e ci si immerge, con i versetti successivi, nella storia del ragazzo indemoniato, nel pagamento della tassa, nell'incontro con i bambini. L'urgenza di un mondo in agonia necessita che di tanto in tanto ci si fermi, ci si rigeneri e ci si disseti ad una fonte, ma richiede anche prontezza nel saper ripartire, anche per incontrare volti e storie di solitudine.

E tutto ciò acquista senso e significato se la strada che percorriamo guarda alla resurrezione. Noi sappiamo, a differenza dei discepoli, che su quell'altro monte, il Golgota, Dio sarà di nuovo presente e confermerà ancora suo figlio resuscitandolo.

Fratelli e sorelle, consapevoli che la via tracciata è stretta e tortuosa percorriamola insieme, certi che lungo quel cammino il Signore non farà mancare la sua presenza e pregando di riuscire, alzando gli occhi, a non vedere nessuno se non Gesù tutto solo.

Amen

                                                                                                Stefano D'Amore

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