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19 febbraio 2015



Il cammino verso l'unità
Badante badata

                         Meditazione del Pastore Luca Negro


     
     Ricordo il mio commosso stupore quando un'anziana donna rumena, di professione badante, una domenica mattina al culto, in chiesa, rivolse al Signore una spontanea preghiera di intercessione per l'anziano da lei assistito, molto sofferente e giunto alla fine della vita. Mi colpirono la tenerezza, la partecipazione, il sincero affetto. La storia mi è tornata in mente quando ho visto di recente le scene di un delicato film, "A simple life", che parla appunto di un'anziana a servizio di una famiglia borghese per oltre 60 anni, la quale, assistendo con dedizione profonda l'ultimo rampollo della stirpe, viene poi colpita da un ictus. Cosa succede quando chi si è preso cura per tutta la vita, della propria o della altrui famiglia, diviene per l'età o per un evento traumatico, essa stessa bisognosa di accudimento?
La domanda, confessiamolo, ci trova sovente impreparati. Sicuramente lo è chi ha fatto del servizio agli altri la ragione della propria vita. Il cambiamento è talmente radicale che molti dichiarano candidamente di temere la perdita della propria autonomia molto più che la morte stessa. Ma il cambiamento trova spesso impreparata anche la società, la quale facendo sempre di più leva sull'efficienza e sulla produttività, manifesta sempre più spesso un grave deficit di attenzione sociale verso chi si viene a trovare in una simile situazione e non ha mezzi per far fronte alla sua mutata condizione. C'è poco spazio sociale per badare a chi ha badato per tutta una vita! Quasi nessuno, se si tratta di una persona sola, straniera o povera.
Nel film che citavo prima, accade che il giovane accudito, dinanzi alla malattia della anziana domestica, scopra un sentimento di sincera gratitudine che lo porta poi a prendersi cura di lei con tenerezza, quasi filiale. E' così che dovrebbe essere. E' così che una società dimostra di essere umana e matura: quando ben al di là del sostegno sociale ed economico che comunque vanno garantiti, le relazioni si rafforzano nel senso della compassione, dell'empatia. E chi per tanto tempo è stato accudito, impara a restituire le attenzioni a chi si trova a svolgere questa ultima fatica, che è il diventar vecchi e morire.
Vorrei che attraverso questa "Finestra", stamattina arrivasse una nota di sincera gratitudine verso chi ha speso la propria vita ad assistere altri, andando ben oltre il mansionario. Ma mi piacerebbe tanto che fosse anche una nota di incoraggiamento per chi, per lunghi anni ha ricevuto premure e assistenza, ed oggi si trova dinanzi all'urgenza di prendersi cura del proprio caro in difficoltà, ammalato o anziano. Finché una generazione saprà restituire all'altra le tenerezze ricevute, rinunciando a giudizi di bilancio e di merito; finché sapremo manifestare una gratitudine personale e sociale ai nostri vecchi, e sapremo dare onore a chi oggi è nella difficile condizione della perdita, anche solo parziale, della propria autonomia, ci sarà un futuro di benedizione per noi, come recita l'antico comandamento divino "Onora tuo padre e tua madre affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra". Più che un comandamento prezioso, una promessa.

                                                                                                                                                          PASTORE LUCA NEGRO





Domenica 15 Febbraio 2015
Culto Evangelico – Federazione delle chiese evangeliche in Italia
via Firenze 38, 00184 Roma – tel. 06.4825120 – email: culto.radio@fcei.it

18 febbraio 2015





LETTERE PATENTI DI CARLO ALBERTO (1848)


"CARLO ALBERTO, per grazia di Dio re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, duca di Savoia, di Genova, ecc. ecc. principe di Piemonte, ecc. ecc.
     Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni valdesi, i Reali Nostri Predecessori hanno gradatamente e con successivi provvedimenti abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente restringevano le loro capacità civili. E Noi stessi, seguendone le traccie, abbiamo concedute a que' Nostri sudditi sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e larghe dispense dalla osservanza delle leggi medesime. Ora poi che, cessati i motivi da cui quelle restrizioni erano state suggerite, può compiersi il sistema a loro favore progressivamente già' adottato, Ci siamo di buon grado risoluti a farli partecipi di tutti i vantaggi conciliabili con le massime generali della nostra legislazione.
     Epperciò per le seguenti, di Nostra certa scienza, Regia autorità, avuto il parere del Nostro Consiglio, abbiamo ordinato ed ordiniamo quanto segue:
     I Valdesi sono ammessi a godere di tutti i diritti civili e politici de' Nostri sudditi; a frequentare le scuole dentro e fuori delle Università, ed a conseguire i gradi accademici.
     Nulla è però innovato quanto all'esercizio del loro culto ed alle scuole da essi dirette.

Date in Torino, addi' diciassette del mese di febbraio, l'anno del Signore mille ottocento quarantotto e del Regno Nostro il Decimottavo".


     Le Lettere Patenti pongono fine a secoli di lotte, di persecuzione, di segregazione, di violenza, di morti nelle carceri, sul rogo. I Valdesi ricevono così un primo riconoscimento di popolo civile, che fa della sua fedeltà all'Evangelo bandiera della libertà di religione, di fede, di pensiero. Libertà di coscienza. Non solo per se stessi ma per tutti.
È per questo che il 17 febbraio è un giorno di liberazione di ogni uomo,  di ogni donna.
È pur vero che le Lettere Patenti non autorizzarono la libertà di culto o quella di costruire templi al di fuori del ghetto alpino in cui furono per secoli relegati, ma furono il primo passo verso una più ampia e totale libertà. Per questa bisognerà attendere ancora molti anni.