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25 luglio 2012

Marco 9: 38-41
L'esorcista che opera nel nome di Gesù

di AldoPalladino



Il testo biblico
38 Giovanni gli disse: «Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non ci seguiva». 39 Ma Gesù disse: «Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. 40 Chi non è contro di noi, è per noi. 41 Chiunque vi avrà dato da bere un bicchier d'acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa.

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Un esorcista che lavora in proprio
Il titolo dato a questo episodio, in alcune versioni della bibbia, è: condanna dello spirito settario. Evidentemente questo titolo è già un'interpretazione dell'episodio raccontato dall'evangelista, derivata dalle parole e dal comportamento dei discepoli di Gesù. Questi vietano ad un esorcista di scacciare i demòni nel nome di Gesù, adducendo come motivo il fatto che non li seguiva, che non faceva parte del loro gruppo.
In effetti, l'esorcista del nostro brano era una sorta di battitore libero che utilizzava il nome di Gesù per i suoi fini professionali. Conosceva la potenza insita nel nome di Gesù e, dunque, se ne serviva per liberare e guarire. Non sappiamo quale fosse il suo atteggiamento personale verso Gesù, se di fede o soltanto di rispetto più o meno superstizioso, certo è che egli non era entrato a far parte del gruppo dei discepoli.
Negli Atti degli Apostoli (19:13 e ss.) c'è un caso analogo in cui sette esorcisti itineranti giudei, figli del capo sacerdote Sceva, tentarono di invocare il nome di Gesù, annunziato dall'apostolo Paolo, su quelli che erano posseduti da spiriti maligni. Ma in questa occasione, lo spirito maligno si oppose dicendo: "Conosco Gesù, e so chi è Paolo; ma voi chi siete?". In questo caso, il comportamento degli esorcisti viene svelato come un vero abuso del nome di Gesù perché in loro non c'è alcun minimo sentimento in favore di Gesù e della comunità cristiana.

L'insegnamento di Gesù
Gesù, nel nostro brano, censura il comportamento dei discepoli e tempera il loro zelo settario, che vuole escludere l'altro perché non fa parte del gruppo, che forse non la pensa come il gruppo, che non vive con le stesse regole della cerchia dei discepoli. Gesù giudica meschino lo spirito che anima i suoi discepoli, che non sopportano che altri, al di fuori del gruppo, operino per l'avanzamento del Regno di Dio, e dice loro: "Non glielo vietate, perché non c'è nessuno che faccia qualche opera potente nel mio nome, e subito dopo possa parlar male di me. Chi non è contro di noi, è per noi" (vv. 39-40).
Con questa affermazione si deduce il carattere di apertura di Gesù verso coloro che, pur non essendo suoi discepoli, vivono in un rapporto di sintonia e complicità con lui. Quando il nome di Gesù non è oltraggiato, denigrato, disprezzato o offeso, ma utilizzato per finalità utili alla promozione della dignità dell'uomo e alla sua liberazione da tutte le forme di incatenamento, la comunità cristiana non ponga ostacoli e non metta in atto forme di censura o di diniego a quelli che lavorano nel nome di Gesù anche al di fuori della chiesa.

Il compito dei cristiani
La tentazione delle comunità cristiana di pensare di possedere Gesù in modo esclusivo o di avere il monopolio della verità è sempre presente nel corso della storia, ma non aiuta a costruire ponti di relazioni fondate sul rispetto dell'altro e sul confronto con l'altrui pensiero in modo sereno.
Avere al di fuori della chiesa degli amici dell'Evangelo è un bene da incoraggiare e coltivare, perché compito dei cristiani non è fare proseliti, ma predicare l'amore di Dio e lavorare perché il Regno di Dio si diffonda in questa nostra società.
Dunque, le parole di Gesù ci insegnano a capire che il mondo cristiano è più grande del nostro gruppo di chiesa e a non porre steccati di separazione con altri credenti o con chi è alla ricerca della verità, perché Gesù dice: "Chi non è contro noi, è per noi". Chi non è contro la comunità cristiana è a favore della comunità cristiana.
In tal senso, chi fa del bene a dei cristiani perché sono di Cristo, anche con un gesto minimo come quello di dare un bicchier d'acqua, avrà la sua ricompensa. Il v. 41 s'inquadra, dunque, nel più ampio discorso per cui tutto quello che viene fatto ai discepoli di Gesù, alla chiesa, è come fatto al Signore stesso (Mt. 25:40).

                                                                                                            Aldo Palladino