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23 giugno 2011

                               Libro dei Numeri 31: 1-24
Vendetta d'Israele sui Madianiti

Riflessione biblica di Aldo Palladino




Il testo biblico
1 Poi il SIGNORE disse a Mosè: «Vendica il male che i Madianiti hanno fatto ai figli d'Israele; 2 poi sarai riunito ai tuoi padri».
3 Allora Mosè disse al popolo: «Mobilitate fra voi degli uomini per la guerra, e marcino contro Madian per eseguire la vendetta del SIGNORE su Madian. 4 Manderete alla guerra mille uomini per ciascuna delle tribù d'Israele».
5 Così furono forniti, dalle schiere d'Israele, mille uomini per tribù: cioè dodicimila uomini, armati per la guerra. 6 Mosè mandò alla guerra quei mille uomini per tribù, e con loro Fineas, figlio del sacerdote Eleazar, il quale portava gli oggetti sacri e aveva in mano le trombe squillanti. 7 Essi marciarono dunque contro Madian, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè, e uccisero tutti i maschi. 8 Uccisero pure, con tutti gli altri, i re di Madian: Evi, Rechem, Sur, Cur e Reba, cinque re di Madian. Uccisero pure con la spada Balaam, figlio di Beor. 9 I figli d'Israele presero prigioniere le donne di Madian e i loro bambini, predarono tutto il loro bestiame, tutte le loro greggi, e ogni loro bene; 10 appiccarono il fuoco a tutte le città che quelli abitavano e a tutti i loro accampamenti, 11 e presero tutte le spoglie e tutta la preda: gente e bestiame. 12 Poi condussero i prigionieri, la preda e le spoglie a Mosè, al sacerdote Eleazar e alla comunità dei figli d'Israele, accampati nelle pianure di Moab, presso il Giordano di fronte a Gerico.
13 Mosè, il sacerdote Eleazar e tutti i capi della comunità uscirono per incontrarli fuori dal campo. 14 Mosè si adirò contro i comandanti dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra. 15 Mosè disse loro: «Avete lasciato la vita a tutte le donne? 16 Ecco, sono esse che, per suggerimento di Balaam, trascinarono i figli d'Israele all'infedeltà verso il SIGNORE, nel fatto di Peor, per cui il flagello scoppiò nella comunità del SIGNORE. 17 Ora dunque uccidete ogni maschio tra i bambini, e uccidete ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo; 18 ma tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini, lasciatele in vita per voi.
19 E voi accampatevi per sette giorni fuori del campo; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato una persona uccisa si purifichi il terzo e il settimo giorno: questo, tanto per voi quanto per i vostri prigionieri. 20 Purificherete anche ogni veste, ogni oggetto di pelle, ogni tessuto di pelo di capra e ogni utensile di legno».
21 Il sacerdote Eleazar disse ai soldati che erano andati alla guerra: «Queste sono le disposizioni della legge che il SIGNORE ha prescritto a Mosè: 22 l'oro, l'argento, il bronzo, il ferro, lo stagno e il piombo, 23 tutte le cose che resistono al fuoco, le farete passare per il fuoco e saranno rese pure; ma saranno purificate anche con l'acqua di purificazione; e tutte le cose che non resistono al fuoco, le farete passare nell'acqua. 24 Vi laverete le vesti il settimo giorno e sarete puri; poi potrete entrare nel campo».

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La guerra "santa"
Ancora guerra per vendicare il male ricevuto. È una delle tante pagine tristi della storia d'Israele, in particolare, e dell'umanità, in generale, che oggi non riusciamo a comprendere né ad accettare. La nostra fede, nutrita dalla grazia giustificante di Cristo Gesù, ci fa vedere le cose da una prospettiva d'amore fino al perdono dei nostri nemici (Lc 6:27,35; Mt. 5:44) e ci sollecita a prendere le distanze dalla guerra "santa" e "giusta", soprattutto da quella fatta in nome di Dio.
Il male commesso dai Madianiti (Nu 25:1-6), è di avere indotto al peccato (sessuale) e all'idolatria molti Israeliti. Inoltre, occorre ricordare che tra i Madianiti e il popolo d'Israele non c'è stato mai un buon rapporto.
È difficile oggi, nel XXI secolo, accettare che Dio ordini di rispondere al male con il male. Si può al limite capire che lo faccia un uomo, che è malvagio sin dalla sua  fanciullezza, ma non Dio. 
Come, dunque, comprendere queste tristi pagine in cui, dopo aver massacrato tutti i maschi di Madian, Mosé incita a uccidere le donne che avevano avuto rapporti sessuali con uomini israeliti? (17) Quale messaggio dobbiamo raccogliere noi credenti che consideriamo la Scrittura lampada ai nostri piedi e luce sul nostro sentiero ? (Sl 119:105)
Dobbiamo certamente imparare che la Rivelazione divina secondo la Bibbia è storica, cioè è intessuta nella trama delle vicende umane che si snodano sul terreno di usi, costumi, tradizioni, interessi economici, politici e religiosi. Ma è anche una Rivelazione progressiva che tiene conto della lentezza dell'uomo a comprendere il piano della salvezza che dalla Legge mosaica conduce alla pienezza in Cristo. Per questo motivo, le pagine della Bibbia piene di violenza non devono essere assunte letteralmente, ma devono essere lette in vista della meta a cui Dio, come "paziente pedagogo del suo popolo" (sant'Agostino), vuole condurci.
Dunque, Dio entra nel nostro mondo di peccato per farci entrare nel suo progetto d'amore e di salvezza ma, prima che noi ne comprendiamo l'estensione e la grandezza e ci sottomettiamo a Lui con grande umiltà, spesso lo riceviamo adattandolo alle nostre vedute primitive, alla nostra incomprensione e alla nostra miseria.

                                                                                    Aldo Palladino

Libro dei Numeri 31: 25-54
Bottino di guerra

Riflessione biblica di Aldo Palladino





Il testo biblico
25 Il SIGNORE disse ancora a Mosè: «Tu, con il sacerdote Eleazar e con i capi famiglia della comunità, fa' il conto di tutta la preda che è stata fatta: della gente e del bestiame; 27 e dividi la preda fra i combattenti, che sono andati in guerra, e tutta la comunità. 28 Dalla parte spettante ai soldati, che sono andati in guerra, preleverai un tributo per il SIGNORE: cioè uno su cinquecento, tanto delle persone quanto dei buoi, degli asini e delle pecore. 29 Lo prenderete sulla loro metà e lo darai al sacerdote Eleazar come offerta al SIGNORE. 30 Dalla metà che spetta ai figli d'Israele prenderai uno su cinquanta, tanto delle persone quanto dei buoi, degli asini, delle pecore, di tutto il bestiame e lo darai ai Leviti, che hanno l'incarico del tabernacolo del SIGNORE».
31 Mosè e il sacerdote Eleazar fecero come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè.
32 Or la preda, cioè quello che rimaneva del bottino fatto dagli uomini che erano stati alla guerra, consisteva in seicentosettantacinquemila pecore, 33 settantaduemila buoi, sessantunmila asini 34 e trentaduemila persone, ossia donne 35 che non avevano avuto rapporti sessuali con uomini. 36 La metà, cioè la parte di quelli che erano andati alla guerra, fu di trecentotrentasettemilacinquecento pecore, 37 delle quali seicentosettantacinque per il tributo al SIGNORE; 38 trentaseimila bovini, dei quali settantadue per il tributo al SIGNORE; 39 trentamilacinquecento asini, dei quali sessantuno per il tributo al SIGNORE, 40 e sedicimila persone, delle quali trentadue per il tributo al SIGNORE. 41 Mosè diede al sacerdote Eleazar il tributo prelevato per l'offerta al SIGNORE, come il SIGNORE gli aveva ordinato. 42 La metà che spettava ai figli d'Israele, dopo che Mosè ebbe fatta la spartizione con gli uomini andati alla guerra, la metà spettante alla comunità 43 fu di trecentotrentasettemilacinquecento pecore, 44 trentaseimila buoi, 45 trentamilacinquecento asini e sedicimila persone. 46 Da questa metà, 47 che spettava ai figli d'Israele, Mosè prese uno su cinquanta, tanto degli uomini quanto degli animali, e li diede ai Leviti che hanno l'incarico del tabernacolo del SIGNORE, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè.
48 I comandanti dei reparti dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, si avvicinarono a Mosè e gli dissero: 49 «I tuoi servi hanno fatto il conto dei soldati che erano ai nostri ordini e non ne manca neppure uno. 50 Noi portiamo, come offerta al SIGNORE, ciascuno gli oggetti d'oro che ha trovato: catenelle, braccialetti, anelli, pendenti, collane, per fare l'espiazione per le nostre persone davanti al SIGNORE». 51 Mosè e il sacerdote Eleazar presero dalle loro mani tutto quell'oro in gioielli lavorati. 52 Tutto l'oro dell'offerta che essi presentarono al SIGNORE, da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia, pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli. 53 Ma gli uomini dell'esercito si tennero il bottino che ognuno aveva fatto per conto suo. 54 Mosè e il sacerdote Eleazar presero l'oro dei capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda di convegno per ricordare al SIGNORE i figli d'Israele.

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La vittoria è del Signore
Usanza comune a tutti i popoli dell'antichità era la spartizione del bottino di guerra tra i vincitori. Anche Israele si comporta allo stesso modo con la differenza che il bottino viene diviso secondo precise indicazioni. C'è una parte spettante ai soldati e alla comunità (27) e di essa una percentuale è destinata, come offerta o tributo al Signore, per sostenere il sacerdote e il servizio dei Leviti (29-30). In più, dopo aver verificato che non c'erano stati morti tra le loro fila, i comandanti decidono di recare al Signore un'offerta di oggetti d'oro (oltre 270 kg) che ognuno di loro aveva sottratto al nemico. Con il loro sacrificio di espiazione, tutti i comandanti ringraziano il Signore che nella sua grazia ha preservato loro e i soldati dalla morte (48-50).
Anche se oggi parlare di bottino di guerra ci fa inorridire, l'episodio ci fa capire che nel valutare le nostre azioni, le nostre imprese, le nostre attività, si è sempre pronti a prenderci il merito dei risultati raggiunti, soprattutto quando sono positivi. Ma ogni uomo, ancor più se credente, sa bene che ogni sua azione ha l'approvazione di Dio solo se rispetta la Sua volontà.  Quello che l'uomo fa deve passare al vaglio del giudizio e della grazia di Dio che dà la sua benedizione a chiunque opera con giustizia e verità.

Offerta per il Signore
Quale insegnamento possiamo trarre da questa triste pagina di storia? Se comprendiamo che il Signore è la causa di ogni nostro bene, come hanno fatto i comandanti d'Israele anche noi possiamo orientare la nostra vita e il nostro agire non per noi stessi, ma per Lui. Dalla vita traiamo gratificazioni, soddisfazioni e affermazioni personali, insieme con illusioni, disillusioni, sconfitte e altro, ma per gustare la vera felicità a cui tutti tendiamo, dobbiamo probabilmente investire nella consapevolezza che il fine di ogni nostro sogno, di ogni nostra aspirazione, di ogni nostro progetto ha senso se sappiamo mettere il Signore e ogni sua esigenza dentro di essi. Il "bottino" che realizziamo nella nostra esistenza deve comportare un'offerta per il Signore, cioè il riconoscimento della sua grazia e del suo amore che non mancano mai. È un tributo di riconoscenza e di adorazione che Gli è dovuto.

                                                                                 Aldo Palladino
Marco 7: 24-30
Una pagana conquista Gesù

Riflessione biblica di Aldo Palladino



Il testo biblico
24 Poi Gesù partì di là e se ne andò verso la regione di Tiro. Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non poté restare nascosto,25 anzi subito, una donna la cui bambina aveva uno spirito immondo, avendo udito parlare di lui, venne e gli si gettò ai piedi. 26 Quella donna era pagana, sirofenicia di nascita; e lo pregava di scacciare il demonio da sua figlia. 27 Gesù le disse: «Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». 28 «Sì, Signore», ella rispose, «ma i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figli». 29 E Gesù le disse: «Per questa parola, va', il demonio è uscito da tua figlia». 30 La donna, tornata a casa sua, trovò la bambina coricata sul letto: il demonio era uscito da lei.

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Una forte tentazione
La donna che si getta ai piedi di Gesù è sirofenicia di nascita, una pagana che il vangelo di Matteo chiama col nome arcaico "Cananea" (Mt 15:22) . Ad andare da Gesù l'ha spinto l'amore per la sua bambina che è malata. Ma Gesù, stranamente, non risponde al suo bisogno e la tratta un po' duramente. Alle sue sollecitazioni ed alla sua insistenza sa solo rispondere: «Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini».
Cosa intende dire Gesù con questa sua affermazione?
Come Messia inviato dal Padre egli sa di essere stato mandato per la casa d'Israele. Egli intende muoversi nei limiti indicati da Dio, che prevede che la salvezza passi ai pagani attraverso i Giudei. E quindi, quella donna davanti a lui rappresenta una forte tentazione a cambiare la rotta della storia della salvezza. La durezza della reazione di Gesù a quella donna riflette forse la durezza di questa tentazione. In definitiva, Gesù sa bene che prima di rivolersi ai pagani, il suo compito è di parlare al popolo di Dio, e deve farlo fino in fondo, fino a Gerusalemme.
Ma proprio quando Gesù accampa i suoi diritti di rispettare il mandato del Padre, c'è qualcosa che cambia le cose: è la risposta umile, dolce, sottomessa della donna pagana che dichiara: "…i cagnolini, sotto la tavola, mangiano le briciole dei figli" (28). Dinanzi a questa parola Gesù crolla, perché riconosce la grande fede incrollabile di questa donna.

La vittoria della fede
Da questo momento la donna sirofenicia non è più una pagana né una cagnolina, ma è una figlia di Dio. La forza della sua fede ha cambiato il "no" di Dio e di Gesù in un "si". E "l'incontro con la donna, che aveva costituito una tentazione per Gesù, diventa, si può dirlo, a cagione della vittoria della fede, un conforto per lui. Nella solitudine e nell'oscurità Dio gli ha mostrato, con la primizia dei pagani, quale ricca messe di popoli gli stava davanti. Questa donna non ha solo ricevuto qualche cosa da Gesù (la guarigione della figlia), ma fa parte di quella cerchia di donne che hanno potuto aiutarlo" (Günther Dehn).

                                                                                 Aldo Palladino

07 giugno 2011

Atti 2:1-21

 

Festa di Pentecoste, la chiesa parte in missione

 

Cenni esegetici ed omiletici

 

di Aldo Palladino



Il testo biblico
1 Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. 2 Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. 3 Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro. 4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.
5 Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo. 6 Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. 7 E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei? 8 Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa? 9 Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, 10 della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani, 11 tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue». 12 Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l'uno all'altro: «Che cosa significa questo?» 13 Ma altri li deridevano e dicevano: «Sono pieni di vino dolce».
Discorso di Pietro alla Pentecoste
14 Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così:
«Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole. 15 Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno; 16 ma questo è quanto fu annunciato per mezzo del profeta Gioele:
17 "Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno,
i vostri giovani avranno delle visioni,
e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.
18 Anche sui miei servi e sulle mie serve,
in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.
19 Farò prodigi su nel cielo, e segni giù sulla terra,
sangue e fuoco, e vapore di fumo.
20 Il sole sarà mutato in tenebre, la luna in sangue,
prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore.
21 E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato".

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Contesto
L'evangelista Luca apre gli Atti degli Apostoli con una promessa e una precisazione.
La promessa: "Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati in Spirito Santo fra non molti giorni" (At. 1:5).
La precisazione: alla domanda dei discepoli: "È in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?" (Atti 1:6), Gesù risponde: "Non spetta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità. Ma riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all'estremità della terra" (Atti 1:8).
È evidente che Gesù corregge i desideri dei discepoli di conoscere il futuro di Israele, cioè il loro futuro, riportandoli all'attualità della loro vocazione missionaria. Non il futuro deve essere l'oggetto delle loro/nostre preoccupazioni, ma l'oggi dell'evangelo e della predicazione. Non visionari, ma testimoni.


CENNI ESEGETICI

La discesa dello Spirito Santo
v. 1
a) Un po' di storia. La festa della Pentecoste nasce nella lontanissima tradizione giudaica
 come festa delle primizie, della mietitura, giorno di gioia e di ringraziamento (Es. 23:16, Num. 28:26; Lev. 23:16 ss) in cui si offrivano le primizie dei prodotti della terra. In Es. 34:22, Deut. 16:10 è chiamata "festa delle settimane" (Shavuôt), appellativo che la colloca sette settimane dopo la Pasqua e l'offerta del primo covone.  Di qui il termine "pentecoste", termine greco che significa 50° giorno (dopo la Pasqua).
Alle origini, la Pentecoste è una festa agricola, come tutte le altre grandi feste giudaiche, ma meno importante della festa di Pasqua (pèsah) e dei Tabernacoli, che nell'AT avevano assunto un carattere storico-salvifico legato agli eventi del tempo di Mosé. In seguito, probabilmente dopo la caduta del tempio e l'abolizione del culto nell'anno 70, questo carattere fu attribuito anche alla festa di Pentecoste.
Nel giudaismo, la festa è anche associata con il rinnovo del patto fatto con Noè e successivamente con Mosé per cui essa fu considerata come anniversario della legge data al Sinai, come testimoniano gli scritti rabbinici e i manoscritti di Qumrân.  
La Pentecoste cristiana è l'evento centrale dell'alleanza nuova, come la Toràh lo fu della prima, stabilendo così che non c'è una nuova alleanza, ma il compimento della prima. A Pasqua si è liberati, a Pentecoste si sceglie di restare liberi. Pasqua e Pentecoste sono intimamente connessi e l'una non può reggere senza l'altra.
La Pentecoste è festa della gioia a cui tutti dovevano partecipare, anche i servi, gli stranieri, gli orfani e le vedove. Nessuno doveva essere escluso (Deut. 16:11-12).
b) "Tutti erano insieme". La comunità riunita nel giorno di Pentecoste era molto variegata. Agli apostoli occorre aggiungere il gruppo delle donne e dei 120 (1:14-15). Furono loro i primi destinatari, protagonisti e testimoni dell'azione dello Spirito Santo.
c)  Il luogo. Due sono le ipotesi: o una casa con grandi stanze dove si poteva stare seduti  e mangiare (il cenacolo), o il tempio, ipotesi questa giustificata dalla presenza di giudei della diaspora provenienti da vari paesi e dei discepoli che di solito stavano lì ad adorare (Lc. 24:52).

vv. 2-4
     Fenomeni acustici (suono come vento che soffia impetuoso) e fenomeni luminosi (lingue come di fuoco) precedono e accompagnano l'evento di Pentecoste.
I segni (vento, fuoco e lingue) rievocano le teofanie dell'AT, che esprimono la presenza  e l'azione di Dio e del suo Spirito.
Il vento o soffio, ruah in ebraico e pneuma in greco, indica lo spirito. Simboleggia l'azione creatrice di Dio(II Sam. 22:16 [soffio del vento delle sue narici]; [forte vento orientale]; Giob. 37:10 [soffio di Dio]; Ez. 13:13 [vento tempestoso].. E a Pentecoste lo Spirito Santo genera la chiesa e le affida la missione della predicazione e della testimonianza
Il fuoco è il simbolo usato nella Bibbia per farci capire che Dio accompagna il suo popolo con la sua luce e il suo calore. Lo Spirito Santo, allora, presentato come fuoco, rivela la presenza e la vicinanza di Dio all'uomo (Gen. 15:17 [fiamma di fuoco]; Es. 3:2-6 [fiamma di fuoco in mezzo a un pruno]; Es. 13:21-22 [colonna di fuoco]; 19:18 [il Signore in mezzo al fuoco]; 40:38 [ fuoco sul tabernacolo]).
La conseguenza di questo avvenimento straordinario è che coloro sui quali si posano le lingue di fuoco:
a) sono riempiti di Spirito Santo;
b) cominciano a parlare in altre lingue. 
     a) L'effusione dello Spirito Santo ha qui il significato di battesimo dello Spirito Santo, che avviene nella vita di un credente al momento della sua conversione (Atti 11:15-16; Rom. 6:3; 1 Cor. 12:13).
     b) Il parlare in altre lingue o in lingue diverse può avere due significati: lingue come idioma, lingue straniere, linguaggio umano (vv. 7-11), oppure lingue non umane (le lingue "degli angeli" di 1 Cor. 13:1), la cosiddetta glossolalia (v. 12 e ss.), fenomeno tipico del cristianesimo primitivo o di gruppi estatici.  
Poiché è improbabile che vi fossero stati due tipi di fenomeno (glossolalia e linguaggio umano), si deve dedurre che Luca ha fatto confluire due diverse rappresentazioni (e forse due diverse relazioni) dell'evento di Pentecoste. Tuttavia, c'è chi sostiene che la glossolalia abbia riguardato, in un primo momento, i discepoli, le donne e il gruppo dei 120, e il parlare e comprendere le lingue diverse, in un secondo momento, abbia interessato tutti gli altri convenuti, la folla.

Lo stupore della folla
vv. 5-13
La popolazione presente a Gerusalemme era costituita in gran parte da Giudei e proseliti della diaspora giunti nella terra dei loro padri per un periodo di soggiorno dalla Pasqua alla Pentecoste.
Qualcuno ha ipotizzato che molti Giudei siano tornati per fissarvi definitivamente la loro residenza forse per essere presenti all'apparizione del Messia che era attesa nel tempio di Gerusalemme o sul Monte degli Ulivi.
È una folla di varia provenienza. La selezione delle regioni indicate è forse solo un'indicazione del mondo allora conosciuto o è un tentativo di rappresentare simbolicamente l'universalità del messaggio cristiano e la missione della chiesa realizzata dallo Spirito, che a partire da Gerusalemme sarebbe stata portata fino alle "estremità della terra" (1:8). 
Ed è una folla di cui Luca afferma per tre volte che era confusa, stupita, meravigliata, perplessa, quando per altrettante volte ha udito parlare "nella propria lingua" (v. 5),"nella nostra propria lingua natìa" (v. 8), "delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue" (v. 11). Dunque, la straordinarietà dell'evento sta nel fatto che tutti i presenti riuscivano a intendere ogni discorso nella propria lingua. Pentecoste diventa per questo motivo la festa del prodigio ecumenico creato dallo Spirito Santo, protagonista di un'unità che abbatte le barriere culturali, a cominciare dal linguaggio. L'elenco dei popoli e dei paesi che Luca presenta è solo l'inizio di quel mondo al quale la chiesa è chiamata a testimoniare il nome di Gesù Cristo. 
Non è impresa facile, perché avversari e oppositori ci saranno sempre, al pari di di quei saccenti e critici che hanno la risposta pronta per denigrare: "Sono pieni di vin dolce".

La testimonianza apostolica
vv. 14-21
Ma Pietro si alza in piedi con gli undici e risponde a quella meschina accusa. Non è solo. Il gruppo dei discepoli è accanto a lui per sostenere la predicazione e la testimonianza di Pietro. Egli rievoca la profezia di Gioele 2:28-32 seguendo il testo della LXX, ma con alcune lievi alterazioni per adattare la profezia al contesto.
Il primo cambiamento è la frase di Gioele: "Dopo questo avverrà che…", che viene alterata in "avverrà negli ultimi giorni…".  Questo ci fa pensare che Pietro credeva che l'effusione dello Spirito Santo fosse l'adempimento di quella profezia e che tutti stessero vivendo gli ultimi giorni.
Il secondo cambiamento è l'alterazione di Gioele 2:30: "farò prodigi nei cieli e sulla terra" in "farò prodigi su nel cielo, e segni sulla terra". Probabilmente, i segni a cui allude Pietro sono quelli cosmici che accompagnano le raffigurazioni apocalittiche della fine del mondo, a meno che non si riferisse ai segni cosmici che accompagnarono la crocifissione.
Il terzo cambiamento operato da Pietro riguarda il giorno del Signore. In Gioele, il Signore è Jahweh. Per Pietro e Luca il Signore è Gesù, dato che al v. 36 si dichiarerà che Gesù è il Signore.

BREVI NOTE OMILETICHE

1) La Pentecoste è il compimento della promessa di Gesù del dono dello Spirito Santo: "Ma quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, Egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio" (Gv. 15:26-27). Ma, per la citazione che Pietro ne fa nel suo discorso, Pentecoste è anche la realizzazione della profezia di Gioele: "…Io spanderò il mio Spirito su ogni persona" (Atti 2:17).
L'azione dello Spirito Santo è rappresentata simbolicamente dal vento, dal fuoco e dal parlare in lingue, perché la chiesa che nasce a Pentecoste viene coinvolta nella libertà, nell'amore e nella comunione.
Libertà. A Pasqua si è liberati, a Pentecoste si sceglie di essere liberi. La chiesa inizia l'avventura della fede come luogo di una relazione con Dio fondata sulla libertà di servi che riconoscono in Gesù Cristo, morto e risorto, l'unico Signore della loro vita.
Amore. A Pasqua l'amore di Dio è manifestato nel dono di suo Figlio, a Pentecoste la chiesa decide di amare e testimoniare Gesù Cristo e il suo amore per tutta l'umanità.
Comunione. È l'abbattimento di tutte le barriere che relegano l'uomo nell'isolamento, nella solitudine, e genera un nuovo modo di vivere e comunicare basato su una nuova capacità di ascoltare e di parlare il linguaggio di ogni uomo, che non è fatto solo di parole, ma anche di gesti concreti, di comportamenti autentici di solidarietà, vicinanza, condivisione, accoglienza. Il nuovo linguaggio allarga i confini del popolo di Dio e crea un'umanità nuova, aperta, universale in cui, come dice l'apostolo Paolo "non c'è più Giudeo né Greco, né schiavo né libero, né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3,28). È la comunione delle persone e dei popoli, che elimina forme di giudizio e di pregiudizio sulle diversità di tutti e di ciascuno.

2) La Pentecoste è la festa che fa uscire dalla paura gli apostoli. Chiusi in se stessi, depressi e sconfitti, ora hanno il coraggio di uscire allo scoperto, di schierarsi apertamente e di arringare la folla tramite Pietro. È la fede che prende atto della vocazione ricevuta: "Mi sarete testimoni". Ed è per tutti: giovani, vecchi, uomini e donne, vedove, orfani, stranieri, servi, serve (Dt. 16:11-12) e chiunque invocherà il nome del Signore.
Non è solo la festa relegata in un calendario liturgico, ma è la festa di un popolo che gioisce ad ogni nuova conversione. È la festa di ogni comunità in cui lo Spirito agisce per sostenere la predicazione del vangelo di Gesù Cristo, per raggiungere increduli, superstiziosi, indifferenti, persone in ricerca, deluse e sfiduciate.
Per questi motivi, possiamo dire che Pentecoste è la festa che può realizzarsi ogni giorno sia per chi è chiamato a predicarne la potenza, sia per chi ne ascolta la parola di speranza, di consolazione, di vita e di pace. Dunque, essa è una realtà costante da cui dipende la vita della comunità ecclesiale.
Le comunità in cui ha la presidenza lo Spirito Santo si riconoscono: comunità accoglienti, aperte, calorose nei rapporti umani, pronte all'evangelizzazione, ad aiutare chi è nel bisogno, che non hanno paura dell'altro, comunità non diffidenti, comunità che amano studiare la Parola di Dio e che vivono in uno spirito di servizio, esprimendo unità attraverso la varietà dei doni di tutti e di ciascuno.

 

3) Una poesia di Jean Debruynne, tratta da "Il Cenacolo" 1/2001
Ho detto a Dio
che la sua Pentecoste non valeva gran cosa
e che il suo Spirito Santo non era tanto efficace
con tutte queste guerre, queste divisioni,
questa gente che muore di fame,
questa droga e tutti questi omicidi.
Ma Dio mi ha risposto:
E' a te che ho donato
Il mio Spirito.
Che cosa ne hai fatto?
Chi farà la giustizia
se tu non incominci ad essere giusto?
Chi farà la verità
se tu stesso non sei vero?
Chi farà la pace
se tu non sei in pace con te stesso e con i tuoi fratelli?
Sei tu che io ho inviato
per portare
la buona notizia.

 


                                                          Aldo Palladino


Testi d'appoggio
Gv. 15:26-27; Gal. 3:28

Bibliografia

Gustav Stählin – Gli Atti degli Apostoli – Paideia Brescia     
William H. Willimon – Atti degli Apostoli – Claudiana Torino
I.Howard Marshall. Gli atti degli Apostoli - Edizioni GBU Roma
Nuovo Testamento Annotato, vol. II – Claudiana Torino

06 giugno 2011






Jean Debruynne. Due poesie

Ti auguro di vivere

Ho detto a Dio (Pentecoste, Spirito Santo)




          Ti auguro di vivere

          Ti auguro di vivere
senza lasciarti comprare dal denaro.
Ti auguro di vivere senza marca, senza etichetta,
senza distinzione,
senza altro nome
che quello di uomo.
Ti auguro di vivere
senza rendere nessuno tua vittima.
Ti auguro di vivere
senza sospettare o condannare
nemmeno a fior di labbra.
Ti auguro di vivere in un mondo
dove ognuno abbia il diritto
di diventare tuo fratello
e farsi tuo prossimo.


Ho detto a Dio (Pentecoste, Spirito Santo)

Ho detto a Dio
che la sua Pentecoste non valeva gran cosa
e che il suo Spirito Santo non era tanto efficace
con tutte queste guerre, queste divisioni,
questa gente che muore di fame,
questa droga e tutti questi omicidi.
Ma Dio mi ha risposto:
E' a te che ho donato
Il mio Spirito.
Che cosa ne hai fatto?
Chi farà la giustizia
se tu non incominci ad essere giusto?
Chi farà la verità
se tu stesso non sei vero?
Chi farà la pace
se tu non sei in pace con te stesso e con i tuoi fratelli?
Sei tu che io ho inviato
per portare
la buona notizia.