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29 marzo 2010

Dichiarazione UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO
adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948

 

Preambolo

Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti dell'uomo hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godono della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell'uomo;

Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;

Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;

Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nell'eguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vita in una maggiore libertà;

Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

Considerato che una concezione comune di questi diritti e di queste libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

 

L'Assemblea Generale
proclama

 

la presente Dichiarazione Universale dei Diritti Dell'Uomo come ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

 

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione, di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

 

Articolo 2

  1. Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
  2. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del Paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale Paese o territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità.

 

Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

 

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

 

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a trattamento o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

 

Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

 

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad un'eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad un'eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

 

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un'effettiva possibiltà di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

 

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

 

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonchè della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.

 

Articolo 11

  1. Ogni individuo accusato di reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie per la sua difesa.
  2. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetrato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

 

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

 

Articolo 13

  1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
  2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese.

 

Articolo 14

  1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni.
  2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

 

Articolo 15

  1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza.
  2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, nè del diritto di mutare cittadinanza.

 

Articolo 16

  1. Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.
  2. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
  3. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

 

Articolo 17

  1. Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà privata sua personale o in comune con gli altri.
  2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

 

Articolo 18

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.

 

Articolo 19

Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

 

Articolo 20

  1. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.
  2. Nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione.

 

Articolo 21

  1. Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.
  2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese.
  3. La volontà popolare è il fondamento dell'autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.

Articolo 22

Ogni individuo in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale nonchè alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

 

Articolo 23

  1. Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell'impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.
  2. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
  3. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, ad altri mezzi di protezione sociale.
  4. Ogni individuo ha il diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

 

Articolo 24

Ogni individuo ha il diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.

 

Articolo 25

  1. Ogni individuo ha il diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione, al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari, ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.
  2. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

 

Articolo 26

  1. Ogni individuo ha diritto all'istruzione. L'istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L'istruzione elementare deve essere obbligatoria.
    L'istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l'istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
  2. L'istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
  3. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli.

 

Articolo 27

  1. Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.
  2. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.

 

Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati.

 

Articolo 29

  1. Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.
  2. Nell'esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.
  3. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

 

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di qualsiasi Stato gruppo o persona di esercitare un'attività o di compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

 

24 marzo 2010

Il più antico inno cristiano


Filippesi 2, 5-11

 
di Aldo Palladino

 

Il testo biblico

5 Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, 6 il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, 7 ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. 9 Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, 10 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, 11 e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre.

 

***

Contesto

La lettera che Paolo scrive è rivolta ad una comunità costituita da giudeo-cristiani. Questo si deduce da 3, 2-3, in cui Paolo esorta a guardarsi "da quelli che si fanno mutilare", da quelli che esaltano la circoncisione della carne, secondo la legge mosaica.

La comunità di Filippi viene ricordata:

-         per la sua fedeltà a Paolo in occasione degli aiuti finanziari spediti più volte a Tessalonica e a Corinto (4,15-16, 2 Cor. 11,9);

-         per la sua generosità nella colletta fatta tra le chiese della Macedonia (2 Cor. 8,1-5);

-         per l'aiuto a Paolo attraverso doni fatti quando era in prigione e con l'invio di Epafrodito perché lo assistesse e gli stesse vicino (2,25);

-         per il suo impegno in campo missionario (1,3.5).

Ma accanto a queste note positive, occorre segnalare quelle negative: nella comunità di Filippi i rapporti fraterni erano lacerati da incomprensioni, da rivalità e divisioni, come testimonia l'appello di Paolo all'umiltà e alla concordia (2,2 ss) e la sua esortazione a due donne della comunità, Evodia e Sintiche, di andare d'accordo (4,2-3).

L'intervento di Paolo voleva sopperire ad un deficit morale notevole. Quale cura era adatta a quella comunità per tirarla fuori da quella situazione? Oggi la psicologia, la sociologia, la pedagogia, la cultura umanistica in generale forniscono gli strumenti per capire meglio i meccanismi e le dinamiche che sono alla base delle disfunzioni di un gruppo, di un corpo, qual è la chiesa, o di tutti i conflitti interpersonali. Al tempo stesso, quelle discipline offrono le soluzioni per superare le più svariate conflittualità e per fronteggiare ogni principio di disgregazione.

Ma in quell'epoca, in assenza di strumenti di analisi appropriati, quale terapia ha somministrato l'apostolo Paolo ai Filippesi?

 

Inno cristologico

Scrive Paolo Ricca: "...Paolo, in una situazione di evidente crisi etica, non fa la morale ai Filippesi, non predica la legge, ma intona un inno a Cristo e invita i Filippesi a cantarlo con lui... Non è la morale che guarisce l'immoralità, ma la fede"(©). Infatti, l'apostolo Paolo ricorda ai Filippesi quest'inno per orientare la loro vita e la loro fede proponendo alla loro attenzione l'esempio più grande che Dio stesso ha dato nel suo Figlio, Gesù Cristo.

Non sappiamo quando siano nate le belle parole che abbiamo letto nel brano biblico oggetto della presente riflessione. Forse prima di Paolo, o anche prima di Gesù Cristo. Probabilmente erano le parole di un inno che la tradizione cristiana cantava per raccontare un fatto che ha dell'incredibile nella storia dell'uomo, anzi il fatto unico ed irripetibile che è all'origine della fede cristiana: la decisione di Dio di incontrare l'umanità nella persona di Gesù Cristo (incarnazione). Dio riveste la sua divinità di umanità. Non mette da parte la sua divinità, non la perde, ma la completa di quell'elemento, l'umanità, che era necessaria perché l'uomo potesse vedere Dio.

L'Antico Testamento, attraverso molti episodi, ci ha trasmesso l'immagine di un Dio invisibile a tal punto che chi avesse osato guardarlo – ammesso che fosse stato possibile – sarebbe morto. Ricordiamo che Mosè, nell'episodio del pruno ardente che non si consumava, ebbe paura di guardare Dio (Es. 3,6). E il profeta Elia si coprì la faccia mentre l'Eterno passava sul monte Oreb (1 Re 19, 11-13).

Il Nuovo Testamento ci pone davanti al Dio visibile, vicino, che si pone accanto a tutti e a ciascuno, che possiamo vedere, udire e toccare, che in Gesù Cristo diventa l'Emmanuele, vale a dire "Dio con noi".

A Filippo, che chiese: "Mostraci il Padre", Gesù rispose: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv. 14,9). Divinità e umanità si incontrano in Gesù Cristo. Egli è vero Dio e vero uomo, come affermò il Concilio di Calcedonia (451 d.C.), sulla scia delle formulazioni del Concilio di Nicea (325 d.C.) e di Costantinopoli (381 d.C.).

 

Il valore dell'inno cristologico

Testo prepaoloinico o prodotto dell'attività teologica e poetica dell'apostolo Paolo, questo brano è stato sottoposto ad un esame esegetico e storico molto approfondito. In particolare, il v. 6 ha attirato l'attenzione degli studiosi, che hanno cercato di tradurre il sostantivo forma (morphê): essenza, condizione, immagine, gloria, modo di esistere. Inoltre, l'espressione "non considerò rapina (harpagmos) essere uguale a Dio" è stata interpretata in due modi:

a)      qualcosa da rapire (res rapienda, in senso attivo);

b)      qualcosa rapita (res rapta, in senso passivo).

La prima interpretazione pone Gesù come Colui che viene tentato, come Adamo nel giardino dell'Eden, ma resiste alla tentazione di farsi uguale a Dio.

La seconda interpretazione intende dire che Gesù  non ha considerato come un bene rapito la sua uguaglianza a Dio. Anzi, non sfruttò a suo vantaggio l'essere uguale a Dio. Ma, forse, potrebbe  anche significare che non volle essere trattato come se fosse Dio.

Per comprendere la via interpretativa più corretta ci aiuta il contesto del brano.

Dobbiamo, dunque, partire dal fatto che l'esortazione di Paolo intende agganciare la vita dei Filippesi per farli riflettere sul significato dell'inno: "Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù" (5).

Di quale sentimento avevano bisogno i Filippesi?

È quello racchiuso nell'attività di Gesù Cristo, che viene stigmatizzata dal duplice movimento di abbassamento (6-8) e innalzamento (9-11).

I Filippesi avevano bisogno di andare alla sorgente della fede per imparare a vivere. Dovevano tornare al Maestro della fede e della vita, che per vivere tra gli uomini e con gli uomini si "converte" all'umanità operando su se stesso una trasformazione che è una vera rivoluzione. Dio mette in gioco se stesso ed entra in azione nel mondo in un modo davvero originale.

Sempre Paolo Ricca (op. cit.), con riferimento a che cosa significhi veramente essere Dio, scrive: "Significa essere il primo? Si, ma anche essere l'ultimo. Significa essere Signore? Si, ma anche essere schiavo. Significa essere l'Altissimo? Si, ma anche il Bassissimo. Significa essere esaltato? Si, ma anche abbassato. Significa essere adorato? Si, ma anche flagellato. Significa essere divino? Si, ma anche umano".  

In questo ricordo del movimento verso il basso sta l'insegnamento di Paolo ai Filippesi, che hanno bisogno di rimuovere il senso di autosufficienza e di orgoglio e di riscoprire che la fede non fa salire in alto, ma ci fa scendere dal nostro piedistallo per continuare a scendere con umiltà verso quelle zone dell'umanità dove a nessuno piacerebbe vivere.

L'ascesi e la mistica cristiana incoraggiano il distacco dal mondo, la solitudine, il silenzio, la preghiera e promuovono il movimento verso l'alto, nella ricerca di Dio. Ma Dio, in Cristo Gesù, nel nostro brano è in basso, nelle zone più disumanizzate di questo mondo, tra gli esclusi, gli emarginati, i poveri, i sofferenti, i malati, i carcerati, gli stranieri affamati, tra tutti quelli che invocano aiuto, salvezza, pace, giustizia, verità. Dunque, se vogliamo incontrare Dio, dobbiamo incontrarlo nella persona di Cristo Gesù, che ha condiviso la condizione umana fino alla degradazione più umiliante della croce.

La lezione che apprendiamo da quest'inno è che Gesù Cristo traccia il nostro cammino sia indicandoci la direzione sia insegnandoci come camminare.

 

Per ciò che concerne l'abbassamento (6-8), il testo afferma, infatti, che Egli:

1)      "spogliò se stesso", nel senso che si svuotò (in greco ekenosen), mise da parte il suo status d'origine, privandosi del suo spendore e dei suoi privilegi (gloria, identità e diritti divini);

2)      "prendendo forma di servo" (in greco doulos, schiavo), abbandonando volontariamente la condizione di Signore e assumendo quella sociale di schiavo, vale a dire di uno che agli occhi del mondo non conta nulla; la salvezza dell'umanità inaugurata da Gesù non passa attraverso il potere, come l'uomo pretenderebbe, ma attraverso il servizio. 

3)      "divenendo simile agli uomini", perché in ogni cosa Gesù ha manifestato di essere uomo, dalla sua nascita alla sua morte, senza mai peccare (Ebr. 4,15);

4)      "umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce". La via dell'umiliazione, nell'ambito di quel movimento di abbassamento, sta nell'ubbidienza di Gesù a Dio Padre, del quale accetta liberamente e volontariamente il progetto di salvezza dell'intera umanità per realizzarlo fino alla morte, alla morte sulla croce.

      I Filippesi impareranno dall'ubbidienza di Gesù a diventare anch'essi ubbidienti (v. 12).

 

Per ciò che concerne il suo innalzamento (9-11), l'inno cristologico mette in evidenza che ciò avviene con la dichiarazione che a Gesù Dio dà "il nome che è al di sopra di ogni nome" (11). Il nome è quello di "Signore" (Kyrios). E questo è sconvolgente per la mentalità del tempo, perché Signore è l'appellativo riservato a Dio. Dunque, a Gesù viene dato il nome di Dio.

 

Nel Nuovo Testamento, lo schema abbassamento-innalzamento si presenta come una parènesi rivolta prima ai diretti destinatari e poi a tutti i lettori.

Lc. 14,11: "Poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato" (ved. anche 18, 14). Questa espressione la ritroviamo anche in Mt. 23,12.

Mc. 10, 43-45: " Chiunque vorrà essere grande fra voi, sarà vostro servitore; e chiunque, tra di voi, vorrà essere primo sarà servo di tutti".

Gc. 4, 10 dice: " Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà".

1 Pt. 5, 6: " Umiliatevi dunque sotto la potente sua mano, affinché egli vi innalzi a suo tempo".

I Filippesi, dopo il canto dell'inno, come hanno reagito? Forse hanno risposto come facciamo anche noi, oggi, quando cantiamo inni di lode e di adorazione a Dio, quando cantiamo di essere disposti a servire, ad amare, ad accogliere...

L'inno cristologico di Filippesi non è un imperativo, ma è una chiamata alla libertà di decidere cosa vogliamo essere nei confronti di Dio e verso gli altri che ci stanno intorno.

È un invito ad abbandonare i risentimenti per vivere i sentimenti di fraternità e di grazia con la stessa forza del sentimento di Cristo Gesù.

Forse, dopo tutte le strade che finora abbiamo provato con i nostri miseri mezzi, questa è l'unica via da percorrere, seguendo il divino Maestro.

 

                                    Aldo Palladino

 

  



(©) Paolo Ricca. Come in cielo, così in terra. Itinerari biblici. Claudiana – Torino, (pag. 98).

15 marzo 2010

SULLA TRINITA'


di Aldo Palladino

                                                                 

 

Premessa

 

Questo studio nasce dal desiderio di:

·         dare contenuti biblici e storici alla nostra fede cristiana;

·         sapere di quale cultura siamo figli;

·         fare chiarezza su frasi che ripetiamo a memoria senza avere 

     consapevolezza del loro profondo significato.

 

Una precisazione: nonostante tutti gli sforzi dell'uomo per comprendere la dottrina della Trinità, essa rimane un mistero.

 

 

TRINITÀ' E' UN TERMINE CHE NON TROVIAMO NELLA BIBBIA

 

MA

 

· NELLA CREAZIONE TROVIAMO LA "FIRMA" DELLA TRINITÀ'

E

· NELLE SCRITTURE   TROVIAMO LA RIVELAZIONE DI DIO, CHE SI MANIFESTA IN MODO TRINITARIO.

 

 

 

LA "FIRMA" DELLA TRINITÀ NELLA CREAZIONE

 

            Alcuni esempi:

1)      uomo/donna = spirito - anima - corpo (1 Tess. 5: 23);

2)      il sole = materia – calore – luce;

3)      lo spazio = altezza - lunghezza – larghezza;

4)      il tempo = passato - presente – futuro;

5)      acqua (H2O) = 2 parti di idrogeno e 1 di ossigeno = 3 parti;

6)      acqua (solidificata o vaporizzata) = ghiaccio – liquido – vapore;

7)      i colori primari in natura = rosso – blu – giallo

      (rosso-giallo=arancione; giallo-blu=verde;blu-rosso=viola ecc.)

8)      il pensiero umano = mente, conoscenza e amore (mens, notitia e

     amor) oppure = memoria, comprensione e volontà (memoria,       

     intelligentia e voluntas (le triadi di Agostino).

       

 

RIVELAZIONE DI DIO NELL'ANTICO TESTAMENTO

C'è un solo Dio, Dio è unico: questa è l'affermazione dell'A.T.

 

Il privilegio del popolo d'Israele è di essere stato chiamato tra tutti i popoli della terra a testimoniare che c'è un solo Dio e che tutti gli altri dei sono falsi e muti ("Ascolta, Israele: l'Eterno, il nostro Dio, è l'unico Signore"  (Deut. 6:4; Gen: 1:1; 1 Re 8:60; 2 Re 19:15; Is. 42:8; Is. 43:10-11; Is. 44: 6; Is: 45:21; Deut. 32:39; Os: 13: 4)  

 

Ma nelle sue manifestazioni, Dio appare sotto tre personificazioni (le cosiddette mediazioni di Dio) che vanno a costituire il fondamento della dottrina trinitaria.

 

Le personificazioni o mediazioni di Dio sono:

 

1)   La Sapienza

  a) è presente al momento della creazione (Prov. 8:22-31);

b) appare come una persona distinta da Dio e tuttavia dipendente da Lui

    in tutta la letteratura sapienziale e nei libri di Giobbe, Proverbi e Ecclesiaste

    (Prov.1:20-33; 9:1-6; Giobbe 28:12-28).

 

2)   La Parola di Dio

Parola e discorso nascono da Dio, ma vivono come in una forma e con  un'azione quasi staccata e indipendente da Dio stesso (Salmo 147: 15-20; Isaia 55: 10-11; Salmo 119: 89).

 

Dio è fisicamente, materialmente assente, e si fa presente mediante la sua Parola (Deut. 4:12; 5: 22-25, 34:10 ss.). Ne fa esperienza Mosè sul Sinai, che non vede Jahvè sul Sinai, ma sente la sua voce e riceve la sua Parola (Es. 20:1; 24: 3-8) e le tavole della Legge, il decalogo (Es. 34:38).

Anche i profeti odono e vedono la parola che viene dal cielo (Is. 5:9; Ez.10:5; Ger.1:11; Zac. 1:8). L'espressione ricorrente è: " La parola dell'Eterno fu rivolta a …" oppure "…mi fu rivolta".

La Parola è intermediaria tra uomo e Dio.

   

3)      Lo Spirito di Dio (Ruah in ebraico, Pneuma in greco, che significa vento, soffio

 vitale, respiro che è segno di vita). Ruah è dunque vita che ha origine in Dio. Egli è:

 a) presente alla creazione (Gen. 1; 2:7);

b) presente nel Messia atteso (Isaia 42:1-3);

c) l'agente della nuova creazione (Ezechiele 36:26; 37:1-14).

 

Le manifestazioni di queste tre personificazioni mettono in evidenza gli attributi di Dio:

·   la sua unicità, che è alla base del patto di Dio col suo popolo ed è l'unica condizione che Dio impone in cambio del privilegio che gli concede di essere il suo unico Dio (Es. 20:2-5, Deut. 6:4-7, 13-15);

·   la sua onnipotenza , sia nell'opera della creazione che in quella della redenzione (Is. 46:10, Salmo 139:7-10; Is. 40:15:18);

·   la sua sapienza (Is. 28:29; Salmo 104:24);

·   la sua santità (qodes = separazione) (Amos 2:7; 4:2). Questo attributo è caratteristico, perché rispetto agli altri rende Dio impenetrabile allo sguardo degli uomini, ma anche degli angeli (i serafini infatti cantano la santità divina coprendosi la faccia con le ali (Is. 6:1-3; Salmo 98:3-5; Lev. 19:2) 

 

Ma ci sono caratteristiche di Dio che Israele scoprì nel corso della sua storia,attraverso gli eventi con cui Jahvè rivelò:

 

·  la sua verità. (Per gli Ebrei la verità ha carattere morale con valenza affettiva e significa essenzialmente fedeltà; per i Greci, invece, verità ha il significato di conoscenza ed è corrispondenza tra idee e cose). (Deut. 7:9; Deut: 32:4; Salmo 30:6);

·  la sua misericordia (Is. 55:7; Is. 49:15; Osea 11:1,8 e ss.). E attraverso la misericordia Israele fa esperienza della:

·   la paternità di Dio. Essa esprime il modo con cui Jahvè agisce verso il suo popolo (Is. 63:7; 64:12).  

 

Ci sono nell'A.T. molti passi riferiti al Servo dell'Eterno (Isaia 53)  e all'opera dello Spirito Santo, che prefigurano il mistero dell'incarnazione di Dio e l'azione del Suo Spirito.

Dio appare in un'azione dinamica.

La Scrittura è rivelazione e testimonianza di come Dio agisce dinamicamente per la salvezza dell'umanità. Tale azione salvifica si esplica in modo trinitario e la si può comprendere solo sulla base della dottrina trinitaria.

 

Dunque, nell'A.T. Dio ha fatto conoscere i suoi attributi e aspetti del suo volto. Si è manifestato come unico e solo Dio (Deut. 6:4) e non si è mai apertamente rivelato come Dio trino.

 

LA RIVELAZIONE DELLA TRINITÀ NEL NUOVO TESTAMENTO

 

Gesù ha rivelato il mistero della Trinità.

Prima di Cristo nessuno avrebbe mai pensato né detto che Jahvè è trino

 

RIVELATORE DEL MISTERO TRINITARIO

È

GESÙ CRISTO

 

La rivelazione dell'Iddio trinitario è uno dei più grandi doni che Gesù abbia fatto all'umanità. Solo Lui poteva svelare con la sua parola il vero volto di Dio. Nessun uomo, quant'anche spirituale, avrebbe mai potuto rivelarlo nel suo aspetto tripersonale.

Gesù non ha raccolto intorno a sé i suoi discepoli per dar loro lezioni sulla Trinità.

Tuttavia le sue parole e il suo comportamento lasciavano intendere che Dio non era monopersonale, ma tripersonale.

 

La prima rivelazione di Gesù riguarda se stesso come Figlio di Dio, servo di Jahvé. Attraverso i suoi atti e le sue parole mostra e rivela che non è un uomo come gli altri né un profeta speciale o un taumaturgo. Si presenta come Figlio di Dio e ciò gli attira l'odio degli Scribi e dei Farisei e in seguito è il motivo della condanna a morte.

 

Poi, in qualità di Figlio, egli rivela la figura del Padre. Matteo 11:25-27 dice: "…nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare". Tutta la sua vita, volta a fare il bene, a operare miracoli, a rispondere ai bisogni fisici e spirituali dell'uomo, è la testimonianza e il riconoscimento della presenza di un Padre misericordioso che nel suo Figlio Gesù è venuto incontro all'umanità.

Infine parla di una terza realtà divina: lo Spirito Santo.

Gesù lo presenta come insegnante, consolatore, giudice, consigliere, guida, avvocato (Giov. 14: 16-17, 25-26;16: 7-8, 13).  

 

Gesù parla congiuntamente delle tre persone in Matteo 28:19: "Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo", versetti diventati famosi per il collegamento al battesimo

 

Il credo trinitario viene anche da tutti quei versetti che nel Nuovo Testamento rendono testimonianza all'insieme delle relazioni tra Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Padre è rivelato dal Figlio mediante lo Spirito Santo.

 

2 Corinzi 13:13 è la formula finale delle preghiere della tradizione cristiana.

 

Padre, Figlio e Spirito Santo collaborano nell'opera della salvezza  con un intento comune e un totale coinvolgimento. Gesù salva in quanto Figlio di Dio, ma per volontà del Padre e con l'assistenza dello Spirito santo.

(1 Cor. 12:3; 1:21-25; 2:1-5; Gal. 4:6; Ef.2:20-22; 2 Tess. 2:13-14; Tito 3:4-6;  1 Pt. 1:2 ecc.).

 

CHI HA INVENTATO IL TERMINE TRINITÀ

 

Un po' di storia

 

Tertulliano (160 ca. – 220 ca.)

 

Ho sopra detto che il termine Trinità non esiste nella Bibbia. Esso fu introdotto da Tertulliano Quinto Settimio Florente, che è anche responsabile di aver coniato l'espressione tre persone, una sostanza sempre con riferimento alla Trinità.

 

a)      Trinità. Dal latino Trinitas (triunitas), Tertulliano influenzò tutta la cultura del suo tempo, soprattutto quella occidentale tanto che il termine è tuttora in uso.

 

b)      Persona. Tertulliano ha introdotto il termine greco hypostasis che in italiano viene tradotta persona. Cosa intendeva Tertulliano con questo termine? I teologi, dopo ampio dibattito, pensano che persona indichi la maschera teatrale che gli attori utilizzavano nel teatro greco o romano per interpretare un personaggio della commedia. Da questo si è dedotto che il termine possa avere anche il significato di ruolo, personaggio. Probabilmente Tertulliano quando ha detto tre persone voleva intendere che Dio è unico, ma interpreta tre ruoli distinti, ma collegati, che interagiscono tra loro.

 

c)Sostanza (essenza, gr. ousia). Significava, secondo Tertulliano, una fondamentale unità all'interno della Deità, vale a dire ciò che hanno in comune le tre Persone.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

 

Per spiegare il concetto di sostanza, Tertulliano adopera delle analogie cosmologiche:

-          la radice e l'arbusto sono due cose, benché congiunte;

-          la sorgente e il ruscello sono due cose, per quanto indivise;

-          il sole e il raggio sono due forme, quantunque connesse.

Così: radice, arbusto, frutto; sorgente, ruscello, irrigazione; sole, raggio, irradiazione chiariscono l'unità della sostanza e la distinzione delle persone.

 

Tertulliano ci dà una dottrina trinitaria con un approccio di subordinazione delle   persone del Figlio e dello Spirito a quella del Padre.                                                                                                            

Il subordinazionismo, d'altra parte, resta uno dei difetti comuni a tutte le cristologie dei primi tre secoli. E' infatti presente in Giustino, Atenagora,  Taziano, Clemente Alessandrino, Origene ecc.

 

Agostino

Agostino rifiuta fortemente il subordinazionismo (cioè considerare il Figlio e lo Spirito come inferiori al Padre nella Deità).

Egli sostiene che dietro l'azione di ciascuna Persona della Trinità c'è l'azione dell'intera Trinità. Per questo l'umanità viene creata non a immagine di Dio soltanto, ma a immagine della Trinità. 

 

Il Figlio e lo Spirito possono apparire posteriori al Padre, ma questo è vero solo per il loro ruolo nel processo della salvezza.  

Per quanto il Figlio e lo Spirito possano apparire subordinati al Padre nella storia, nell'eternità essi sono co-eguali.

 

Agostino identifica la Sapienza con il Figlio e lo Spirito con l'amore (agape). Ammette di non avere basi bibliche per affermare questo, ma lo desume dall'insieme del materiale biblico. Lo Spirito fa dimorare Dio in noi e noi in Dio e concepisce lo Spirito come donatore della comunità. Come lo Spirito unisce Dio e l'uomo così lo Spirito unisce le persone della Trinità.

Basandosi su 1 Cor. 13:13 (fede, speranza e carità ma la più grande di esse è la carità), egli argomenta così:

a)      il più grande dono di Dio è l'amore;

b)      il più grande dono di Dio è lo Spirito santo;

c)quindi lo Spirito santo è amore.

       

 Agostino e le "analogie psicologiche"

Agostino sostiene che Dio, nel creare il mondo, abbia impresso una traccia caratteristica su questa creazione. Ma dove cercare questa traccia? Nella  parte più alta della sua creazione, cioè nell'umanità. Per questo Agostino sostiene  che la ricerca dell'immagine di Dio deve avvenire esaminando l'uomo, in  particolare la mente umana che è il culmine dell'umanità. E' nella mente  umana che  il teologo potrebbe trovare tracce della Trinità.

Egli sostiene che il pensiero umano abbia una struttura triadica. La più importante di queste triadi sarebbe costituita da mente, conoscenza e amore (mens, notitia e amor). Altra triade è quella memoria, comprensione e volontà.

Così queste triadi sono immagini dell'essenza della Deità, ci parlano delle tre persone della Trinità.

 

La concezione agostiniana della Trinità ha esercitato un'influenza sostanziale sul pensiero delle generazioni posteriori.

 

Tommaso d'Aquino, nel suo "De trinitate", ripropone elegantemente il pensiero di Agostino.

 

Calvino, pur prendendo le distanze da Agostino sulle analogie psicologiche, nella sua opera "Istituzione della religione cristiana" ha un approccio alla Trinità secondo il pensiero di Agostino.

 

LA DIVINITÀ DEL CRISTO

 

È importante sottolineare che il Signore Gesù stesso afferma la sua divinità.

 

Applica a se stesso il "Io sono" di Yahvè.

Giov. 8: 24: " Se non credete che io sono, morirete nei vostri peccati"

Giov. 8: 58: " In verità, in verità vi dico: Prima che Abrahamo fosse nato, io sono".

 

I Giudei  vogliono lapidarlo perché capiscono la sua affermazione di divinità.

Giov. 8: 59: "Allora essi presero delle pietre per lanciarle addosso a lui…"

Giov. 5: 18: "Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma addirittura chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio".

Giov. 10: 30-33: "Io e il Padre siamo uno. Perciò i Giudei raccolsero di nuovo delle pietre per lapidarlo… Noi non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per bestemmia e perché tu che sei uomo ti fai Dio".

 

Gesù dichiara che è il Signore dell'A.T.

Mt. 22: 42-45: "Che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio? Essi (i farisei) risposero: Di Davide. Egli dunque disse loro: Come mai dunque Davide, per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo "Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?"

 

Gesù dichiara che è essenzialmente uno col Padre

Giov. 10: 38: "…affinché conosciate e crediate che il Padre è in me e io in Lui".

Giov. 14: 8-11: "Filippo gli disse: Signore mostraci il Padre e ci basta. Gesù gli disse: Da tanto tempo sono con voi e tu non mia hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre; come mai dici: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e che il Padre è in me?"

Giov. 17: 3, 11, 22: " Or questa è la vita eterna, che conoscano te, il solo vero Dio e Gesù Cristo che tu hai mandato…conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dato, affinché siano uno come noi…io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno, come noi siamo uno".

 

Egli possiede gli attributi divini

Onnipresenza (Mt. 18:20; Giov. 3:13)

Onniscienza (Giov. 2: 24-25; Giov.11: 11-14; Mc.11: 6-8)

Onnipotenza (Mt.28:18; Lc. 7:14; Giov.5:21-23)

Eternità (Giov. 8: 58; 17:5)

Santità (8:46)

Grazia salvifica (Mc.2:5-7; Lc.7:48-49).

 

Gesù accetta e approva l'adorazione degli uomini

Mt. 2: 11; Mt. 14:33; Mt. 24:52; Giov. 5: 23; 20:28)

 

Anche gli scrittori del N.T. riconoscono al Cristo titoli e attributi divini

(Giov.1:1,3,10; Rom.9:5; Col. 1:16-17; Eb.1:2,8-12; 1 Giov.5:20)

Insegnano che gli è dovuta l'adorazione, come al Padre (Atti 7:59,60; 1 Cor.1:2; Fil.2:6,10,11; Col. 2:9,10; Ebr. 1:6; Ap1:5-6; 5:12,13)

La risurrezione è la prova della sua divinità (Rom. 1:4)

 

 

LA DIVINITÀ DELLO SPIRITO SANTO

 

E' affermata in modo inequivocabile. Lo Spirito santo è chiamato Spirito dell'Eterno, di Dio, del Signore, con tutta l'intimità e l'unità di natura che ciò comporta (1Cor. 2:10,11)

Il Signore è lo Spirito (2 Cor. 3:17).

Dio è Spirito (Giov.4:24).

Lo Spirito parla e agisce come Dio stesso (Atti 13:2)

Mentire allo Spirito è mentire a Dio (Atti 5:3,4)

Allo Spirito sono attribuite opere divine (Giob. 33:4; Sal. 104:29,30; Giov. 3:8; 6:63; Rom. 1:4; 8:11; 2 Cor. 3:18; ecc.)

Lo Spirito Santo viene dal Padre, è inviato da lui e dal Figlio (Giov. 15: 26; 14:16; 16:7;Atti 2:33).

 

 

IL DIBATTITO DELLA PATRISTICA SULLA PERSONA DI CRISTO  

 

Il dibattito sulla persona di Cristo fu aperto inizialmente nella chiesa orientale e tutti i padri della chiesa furono coinvolti nelle controversie teologiche che seguirono.

 

La cristologia ha avuto ai suoi inizi il problema centrale della divinità di Cristo. Che Gesù fosse visto come uomo era una verità ovvia e indiscutibile (truismo). Ciò che richiedeva una spiegazione non era il fatto della sua rassomiglianza agli uomini, ma in che cosa si differenziasse.

Eretiche erano le tesi degli:

 

Ebioniti: setta inizialmente giudaica dei primi secoli del cristianesimo, che considera Gesù un uomo normale, figlio di Giuseppe e Maria;

 

Docetisti (dal gr. dokein, sembrare): una tendenza teologica che considerava Gesù del tutto divino e che la sua natura umana era un'apparenza. Gesù non ha mai cessato di essere divino. La sua morte e le sue sofferenze sono solo apparenti. 

 

Queste tendenze furono nel tempo superate e eclissate da altre posizioni.

 

Giustino Martire, apologista del II secolo, sosteneva che Cristo è il Logos (Parola) e il Nomos.

La cristologia del Logos ha in sé un potenziale apologetico del concetto di Logos, concetto comune sia allo stoicismo che al medio-platonismo.

Il Logos è un concetto conosciuto sia dai filosofi pagani sia dai credenti. I credenti però ne hanno una conoscenza più completa in base alla sua manifestazione in Cristo.

Il Logos è stato conosciuto temporaneamente mediante le teofanie (apparizioni o manifestazioni di Dio) nell'antico Testamento. Nei vangeli, Cristo porta il Logos nella sua manifestazione più piena.

 

La controversia ariana

Ario sosteneva l'autosussistenza di Dio. Dio è l'unica e la sola fonte di tutte le cose create; tutto ciò che esiste deriva da Dio. Anche il Logos di Dio venne all'esistenza dal nulla.

Ario così scriveva:" Dio non è stato sempre un padre. C'era un tempo quando Dio era del tutto solo, e non era ancora un padre; soltanto più tardi egli divenne un padre. Il Figlio non esiste da sempre. Tutto ciò che viene creato è creato ex nihilo… così il Logos di Dio venne all'esistenza dal nulla. C'era un tempo in cui egli non esisteva. Prima che egli fosse portato all'esistenza, non esisteva. Egli ha un'esistenza per la sua esistenza creata".

I punti essenziali dell'eresia ariana sono:

a)      il Padre esisteva prima del Figlio;

b)      c'è stato un tempo in cui il Figlio non esisteva.

Il Padre e il Figlio sono su due livelli diversi. Il Padre è non generato, mentre il Figlio è una creatura perché derivata dal Padre.

Anche se Ario fa una distinzione tra Figlio e tutte le altre creature, la loro natura è essenzialmente creata e generata.

Inoltre, Ario afferma che Dio è trascendente e inaccessibile e che nessuna creatura può conoscere il Padre, neanche il Figlio. In comune con tutte le altre creature, il Figlio dipende dalla grazia di Dio, anche per quanto riguarda la rivelazione e la salvezza.

 

La risposta ad Ario di molti oppositori si basa sugli scritti del Vangelo di Giovanni.

Giov. 3: 35: "Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa".

Giov. 10: 30: "Io e il Padre siamo uno".

Giov. 12: 27: "Ora l'anima mia è turbata; e che dirò: Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo io sono giunto a quest'ora".

Giov. 14:10: "Non credi che io sono nel Padre e che il Padre è in me;, se no,                      credetemi a motivo delle opere stesse".

Giov. 17: 3: "Or questa è la vita eterna, che conoscano te, il solo vero Dio, e Gesù Cristo che tu hai mandato".

Giov. 17: 11: "Padre Santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dato,                       affinché siano uno come noi".

 

Atanasio si contrappose ad Ario cercando di smantellarne le eresie con delle affermazioni logiche.

Partendo dall'affermazione di Ario che solo Dio può salvare, Atanasio sostiene:

a)      Soltanto Dio può salvare;

b)      Gesù  Cristo salva;

c)      Quindi Gesù Cristo è Dio.

 

 Atanasio (scuola alessandrina), inoltre, afferma che la salvezza implica l'intervento divino. E in Giov. 1:14 ("E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato fra di noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell'unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità") trova il sostegno teologico che Dio è entrato nella nostra esistenza, nella nostra condizione umana.
 
Altra argomentazione di Atanasio è che i cristiani rendono il culto e pregano Gesù Cristo.

Atanasio sostiene che se Gesù Cristo fosse una creatura, allora i cristiani rendono un culto a una creatura anziché a Dio. Sarebbero quindi degli idolatri.

Ciò dimostra che i cristiani riconoscevano che il culto vero andava a Dio. E Gesù era Dio incarnato.

 

§         Il credo di Nicea (325 d.C.) e quello di Costantinopoli (381 d.C.) riportarono tranquillità nella chiesa perché si dichiarò che Gesù Cristo era della stessa sostanza del Padre.

 

§         Il Concilio di Calcedonia (451 d.C.) riafferma che nella persona di Gesù le due nature, umana e divina, si uniscono (ved. in fondo la formulazione del Concilio).

 

Nello spiegare i termini dell'unione delle due nature nella persona di Cristo, i teologi e polemisti antichi si sono valsi spesso di due immagini: quella del ferro rovente e quella dell'arcobaleno.

Nel ferro rovente, ferro e fuoco sono elementi distinti, ma praticamente non è possibile separarli. Sono compresenti e inseparabili.

Nell'arcobaleno i colori sfumano l'uno nell'altro e non si sa dove cessa l'uno e comincia l'altro. 

 
                                                                                                                                          Aldo Palladino

 

La formula del Concilio di Calcedonia (451 d.C.)

 

Dopo il Concilio di Nicea (325), in cui si contrastarono le eresie di Ario sulla sola natura

umana di Cristo e si affermò la natura divina di Gesù, Calcedonia stabilisce l'unione della 

natura umana e della natura divina nella "persona" (mantiene la dualità delle due nature, cioè che le nature sono unite e  coincidenti).  

1.       Seguendo dunque santi padri

2.       un solo e identico Figlio,

3.       il Signore nostro Gesù Cristo

4.       insegniamo tutti concordemente a confessare:

5.      perfetto proprio nella sua divinità

6.      e perfetto proprio nella sua umanità,

7.      Dio veramente e uomo veramente

8.       proprio di anima razionale e corpo,

9.       consustanziale al Padre secondo la divinità

10.   e consustanziale a noi proprio egli medesimo secondo l'umanità,

11.   in tutto simile a noi tranne il peccato,

12.   generato dal Padre da ogni eternità secondo la divinità,

13.   negli ultimi giorni

14.   proprio egli medesimo per noi e per la nostra salvezza

15.   da Maria vergine, Madre di Dio, secondo l'umanità,

16.   uno e identico Cristo, Figlio, Signore, unigenito,

17.  in due nature

18.  senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione riconosciuto,

19.  senza che assolutamente sia stata eliminata la differenza delle nature a causa dell'unione,

20.   salva, anzi, la proprietà di ciascuna delle nature

21.   pur confluita in un solo prosopon e in una sola ipostasi,

22.   non in due prosopa ripartito o diviso,

23.   ma uno solo e identico Figlio unigenito,

24.   Dio, logos, Signore Gesù Cristo,

25.   come originariamente i profeti hanno insegnato a suo proposito

26.   e come lo stesso Signore Gesù Cristo ci ha insegnato

27.   e come ci ha tramandato infine il simbolo dei padri.

 

 

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9. 10. consustanziale = della stessa sostanza

12. "generato" = e non "fatto" o "creato"

17. il termine natura in greco è physis, sostanza, essenza. Ha un significato astratto, 

teorico, mentre persona è concreto. 

senza confusione… significa coincidenza delle due nature.

21. prosopon e ipostasi equivalenti al termine latino "persona ".