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01 agosto 2009

Gv. 6, 1-15

LA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI

 

Predicazione di Aldo Palladino

 

Domenica 26 luglio 2009

 

Tempio Chiesa Evangelica Battista

Via Viterbo, 116

Torino (To)

 

 

Il testo biblico

Gv 6:1 Dopo queste cose Gesù se ne andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè il mare di Tiberiade. 2 Una gran folla lo seguiva, perché vedeva i miracoli che egli faceva sugli infermi. 3 Ma Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli.

4 Or la Pasqua, la festa dei Giudei, era vicina.

5 Gesù dunque, alzati gli occhi e vedendo che una gran folla veniva verso di lui, disse a Filippo: «Dove compreremo del pane perché questa gente abbia da mangiare?» 6 Diceva così per metterlo alla prova; perché sapeva bene quello che stava per fare. 7 Filippo gli rispose: «Duecento denari di pani non bastano perché ciascuno ne riceva un pezzetto». 8 Uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro, gli disse: 9 «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cosa sono per tanta gente?» 10 Gesù disse: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. La gente dunque si sedette, ed erano circa cinquemila uomini. 11 Gesù, quindi, prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì alla gente seduta; lo stesso fece dei pesci, quanti ne vollero. 12 Quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché niente si perda». 13 Essi quindi li raccolsero e riempirono dodici ceste di pezzi che di quei cinque pani d'orzo erano avanzati a quelli che avevano mangiato.

14 La gente dunque, avendo visto il miracolo che Gesù aveva fatto, disse: «Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo». 15 Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.

 

Letture d'appoggio

Deut. 18,15.18; Gv. 6, 22-35

 

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Gesù è il "pane"

La dinamica presente nel testo si sviluppa a partire dalla ricerca di una bucolica tranquillità, per il bisogno, che Gesù avverte, di far riposare i suoi discepoli. Un monte, un prato verde, sono il posto ideale per ritemprarsi e riprendere fiato. Ma quel riposo appena iniziato è interrotto dall'arrivo di una moltitudine di persone stanche e affamate, "pecore senza pastore" (Mc. 6,34) che cercavano Gesù. La folla lo cercava, dice il testo, perché "vedeva i miracoli che faceva sugli infermi".

Noi avremmo fatto lo stesso. Basta vedere cosa succede oggi con il turismo religioso, che fa leva su un diffuso sentimento religioso fondato sulle tradizioni, sulle attese del miracolo, sul culto delle reliquie, sulla pratica del pellegrinaggio e così via. 

Ai tempi di Gesù, non era cosa di tutti i giorni incontrare un uomo meraviglioso ed unico come lui, che parlava con autorità ed aveva il potere di guarire i malati, di sfamare le folle, di lenire i dolori e le sofferenze dei più deboli e indifesi, di infondere coraggio e fiducia in tutti, di accendere la speranza (di liberazione) nei poveri e nei senza voce, di insegnare le cose di Dio con parole che nessun uomo aveva mai proferito. Gesù era attraente e accogliente. La sua sensibilità e la sua attenzione alla sofferenza umana era profondamente radicata in lui. Egli fronteggiava ogni situazione con i parametri di chi ha una missione da compiere, di un inviato davvero speciale. 

E Gesù, come ebreo, mostra di essere mosso nella sua azione da quella saggezza  che si fonda sui due pilastri del doppio comandamento: amare Dio e amare il prossimo. Gesù ama Dio, il Padre che lo ha mandato, e ama il prossimo, termine questo che nell'A.T. come nel N.T., ha il significato di "colui che ti sta vicino", accanto, di fronte, e che tu puoi toccare, guardare negli occhi, provando per lui sentimenti ed emozioni. 

Il testo è molto scarno di indicazioni dettagliate, ma gli elementi presenti ci consentono di capire che Giovanni vede in quella situazione una vera assemblea, direi quasi una "riunione di chiesa" all'aperto, in cui pochi elementi – cinque pani e due pesci – vengono moltiplicati perché tutti ne abbiano ad esuberanza. 

Altri aspetti dell'episodio possono essere letti in chiave teologica:

- il primo aspetto è il riferimento all'avvicinarsi della Pasqua, della seconda Pasqua - perché la prima è menzionata in 2,13 – e, dunque, occorre prepararsi;

- il secondo aspetto è la moltiplicazione dei pani, che a mio parere avviene subito dopo avere reso grazie, che ricorda quel momento della Cena che è l'eucarestia (dal greco eucharistèin, ringraziamento);

-   il terzo aspetto è la distribuzione, legato al concetto teologico di comunione, di condivisione.

Ma essenziale è cogliere la centralità della figura di Gesù, che nel testo è colui che provvede il pane, il nutrimento, il cibo. Anzi, non è soltanto colui che dà il pane ma, come abbiamo letto nel testo di Giovanni, Gesù è il pane: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai sete" (6,35).

Il carattere paterno e materno di Gesù si impone da solo. E quella folla non è una massa indistinta, senza volto. Anzi, quella moltitudine di persone sono tutti suoi figli e figlie che Egli chiama alla salvezza e ad una comunione più profonda con Dio e tra loro.

 

Una comunità di uguali

Ho usato il termine figli e figlie perché bisogna ricordare "come la parola "figlio" – in latino filius – si collega alla famiglia etimologica della parola felo, che significa appunto, "poppare". Figlio (filius) è dunque per definizione colui che è nutrito" (S. Natoli, La felicità di questa vita; Oscar Saggi Mondadori, pag.10).

La moltiplicazione dei pani tra quella folla esprime la forza del dono gratuito di Gesù. Il pane che viene distribuito tra la gente simboleggia la grazia che si diffonde nell'umanità intera per soddisfarne i bisogni materiali e spirituali. È lontana da Gesù l'idea di un vago sentimento filantropico. A partire dal pane moltiplicato e distribuito a tutti, Egli crea una vera fratellanza, un superamento delle differenze, una vera uguaglianza che annulla caste e privilegi sociali ed economici. Gesù pratica la via del Regno di Dio, di cui quel pane è caparra.

La lezione che viene da questo episodio ci chiama a non vivere più egoisticamente, chiusi e ripiegati su noi stessi come se ognuno di noi fosse il centro intorno al quale ruota la storia del mondo. Gesù mette in atto un movimento di liberazione individuale e attraverso quel pane condiviso ci trasforma in comunità. Il suo progetto è fare della storia umana una storia di salvezza portandola a convergere verso la comunione, la condivisione e la solidarietà.

 

Attesa messianica e strumentalizzazione politica

Ma che cosa ha capito la folla quando Gesù ha moltiplicato il pane e lo ha distribuito? Ha saputo interpretare quel segno miracoloso con la valenza che Gesù gli dava? Ha compreso forse il vero senso della vita? Ha compreso che l'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio (Deut. 8, 3). Io non credo che quella gente abbia veramente capito quale scrigno di tesori e di valori Gesù stava loro offrendo. E lo conferma il fatto che, come risulta dal nostro testo, di Gesù riescono a dire che è un profeta e che volevano farlo re (14-15).

In loro è risvegliata soltanto l'attesa messianica, ricordando le parole di Mosé che aveva detto: "Per te il Signore, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto!...18 io farò sorgere per loro un profeta come te in mezzo ai loro fratelli, e metterò le mie parole nella sua bocca ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò (Deut. 18,15.18).

Ma tra la folla c'è chi vuole far prevalere sentimenti di rivalsa politica. Il potere di Gesù viene strumentalizzato da un'adunanza di carattere politico (non a caso si parla di 5000 "uomini") che vuole riconoscerlo come capo. Finalmente il tempo è compiuto, la liberazione è prossima, il profeta preannunciato nel passato è arrivato. Colui che abbatte il potere oppressivo dei forti e dei potenti, che libera i poveri, è giunto. Gesù è il compitore del tempo della salvezza.

Non possiamo negare che intorno a Gesù si è creato un movimento di sollevazione popolare, che sperava nella restaurazione dell'unità nazionale sovvertendo l'ordine costituito. Ma si tratta di un episodio che sfuma e si dissolve, tant'è vero che i vangeli ci riferiscono che dopo la moltiplicazione dei pani seguono conflitti e isolamento.

Sono i discepoli di Gesù ad apprendere che il messaggio dell'evangelo propone non la rivoluzione politica, ma il rinnovamento totale dell'uomo, centrato sulla fede in Gesù Cristo. Da qui nasce il rinnovamento culturale e spirituale che dà origine alle prime comunità cristiane, alle "chiese", il luogo in cui l'annuncio, la predicazione, il kérygma, apre la vita al futuro dell'uomo nuovo che Gesù disegna e realizza. 

Per concludere, mi sembra che il messaggio della moltiplicazione dei pani sia rivolto anche a noi.

C'è in quel messaggio un appello a divenire un solo corpo in Cristo, a divenire uomini e donne che mettono in gioco per gli altri la propria fede e la propria vita, le proprie sostanze, il proprio tempo". Se riusciamo a farlo nella famiglia e nella chiesa, è una grande testimonianza verso l'affermazione di quella società in cui "non c'è qui né Giudeo né Greco; non c'è né schiavo né libero; non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù" (Gal. 3,28).

Il Signore ci dia il coraggio e la forza di proseguire tutti insieme su questa strada con rinnovata unità.

 

                                                                                                                        Aldo Palladino