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05 luglio 2009

L'UOMO NON VIVE DI SOLO PANE…

Deut. 8, 1-6; Lev. 19, 18b; Luca 10, 25-28


Predicazione di Aldo Palladino



Chiesa Evangelica Valdese

C.so Vittorio Emanuele II, 23

Torino


I testi biblici


Deuteronomio 8,1-6

1 Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandamenti che oggi vi do, affinché viviate, moltiplichiate ed entriate in possesso del paese che il SIGNORE giurò di dare ai vostri padri. 2 Ricòrdati di tutto il cammino che il SIGNORE, il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant'anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. 3 Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per insegnarti che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto quello che procede dalla bocca del SIGNORE. 4 Il tuo vestito non ti si è logorato addosso, e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant'anni. 5 Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge suo figlio, così il SIGNORE, il tuo Dio, corregge te.

6 Osserva i comandamenti del SIGNORE tuo Dio; cammina nelle sue vie e temilo.


Levitico 19, 18b

Ama il prossimo tuo come te stesso. Io sono il Signore.


Luca 10,25-28

25 Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, e gli disse: «Maestro, che devo fare per ereditar la vita eterna?» 26 Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» 27 Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». 28 Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa' questo, e vivrai».

 

Crisi di valori
Questi brani della Scrittura, in un tempo di crisi globale come quello che stiamo vivendo, ci aiutano a capire dove nascono i mali di questa società e a riflettere sullo stato del nostro rapporto con Dio e con il prossimo.

L'attuale crisi è la crisi della società dei consumi, che ha alla base del suo funzionamento la regola di consumare sempre di più per mantenere sempre più alti i livelli di produzione. Gli esperti però ci dicono che la produttività non si può espandere all'infinito e che era prevedibile che il sistema andasse in blocco. 

Ma la crisi coinvolge l'etica e la morale, i modelli di comportamento e gli stili di vita che oggi più che mai sono improntati al solo soddisfacimento di piaceri individuali, egoistici. Le bolle finanziarie di Wall Street e il castello di carta del mercato immobiliare americano, oltre a tutti i meccanismi distorti del mercato economico e finanziario, ci insegnano che sull'altare di Mammona, del dio denaro, è cresciuto  quell'atteggiamento comportamentale fondato sul cinismo e sul disprezzo dell'uomo.

Sorelle e fratelli, la crisi è ad un livello più profondo, cioè a livello spirituale, e viene da molto lontano.

Da quando, alla fine dell'Ottocento, Nietzsche ha dichiarato che "Dio è morto", molti hanno realmente fatto morire Dio nella loro vita ed hanno sostituito a Dio il proprio Io, il Sé, consacrato nella volontà di potenza, di dominio, di successo, di carriera, di autonomia e di protagonismo.

Certamente è legittimo per tutti cercare di migliorare la propria posizione economica e sociale, ma non è giusto che questo avvenga a scapito di altri o in modo fraudolento e illegale attraverso un collaudato sistema di corruzione, o – se siamo credenti – dimenticando cosa il Signore ci ha comandato di fare.

Oggi Dio è uscito dalla vita di molte persone, Dio è morto. Ed è rimasto l'Io. In tal modo, l'uomo fa ciò che vuole secondo un modello antropologico disegnato dal marketing e dalla pubblicità che mette al centro il corpo, la salute, la cura, la bellezza, cioè l'apparire, l'immagine, l'esteriorità, mentre la salute dello spirito è passato in second'ordine. Mi vengono in mente le parole che il Signore disse a Samuele: "Il  Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il Signore guarda al cuore" (1 Sam. 16, 7).

Ma la tragedia della società in cui viviamo è che c'è il tentativo di far morire anche l'amore per il prossimo. Per millenni la morale ebraica e cristiana si è retta sui due pilastri rappresentati dal doppio comandamento: Ama Dio e ama il prossimo tuo come te stesso. Aggredito il primo pilastro, l'attacco viene oggi sferrato contro il secondo e l'amore per il prossimo mostra segni di logoramento. Oggi, questi due comandamenti rischiano di rimanere parole vuote, perché non si sa più di che cosa si parla.

Chi è Dio per noi, per te e per me? E che cosa significa amare Dio? E chi è il prossimo? E cosa significa amare il prossimo tuo come te stesso? E potremmo continuare a parlare di tante altre parole (perdono, pace, comunione, libertà, ecc.…), che sappiamo essere dei valori, ma che rischiano di restare soltanto parole, dei contenitori vuoti, che non si trasformano nella realtà di ogni giorno in esperienza. Parole senza gesti. Concetti astratti non radicati nella vita pratica delle persone.

Il "prossimo", che nel Levitico è rèa' e nel greco del Vangelo di Luca è plesìos, significa: l'altro che ti sta vicino. Dunque, un prossimo non astratto, ma quello che ti sta vicino, accanto, di fronte, che tu puoi toccare e guardare negli occhi e provare verso di lui sentimenti ed emozioni.

L'odierna società propina e reclamizza il rapporto mediatico a distanza, come avviene attraverso Internet, con Facebook o con altre forme di comunicazioni virtuali, senza il contatto visivo e corporeo, che non crea veri rapporti affettivi, ma soltanto illusioni e sentimenti irreali.Le comunicazioni elettroniche, i viaggi più facili favoriscono relazioni con persone lontane, ma creano relazioni rapide, fugaci, che seguono lo stesso criterio di consumare un bene subito e sostituirlo rapidamente con un altro. In tal modo a pagare il prezzo di questo modo di vivere è l'amore per il prossimo di cui parla la Scrittura, che è messo in crisi fino a diventare un'astrazione.

 

Proposta per una vita di senso

Come ci poniamo noi cristiani di fronte ad una società costruita su queste basi? Quale via di uscita abbiamo per non cadere nella trappola di una società del modello "usa e getta"? E quale tipo di società intendiamo costruire come cristiani? Quali uomini e donne vogliamo che ci siano nel futuro?

Il brano del Deuteronomio (8, 1-6) è la parola di speranza e di fiducia offerta ad un popolo, ad una collettività, ma anche ad ogni singola persona, ad ognuno di noi.

Perché il nostro testo ci parla di comandamenti da mettere in pratica; perché abbiamo dei comandamenti da seguire?

Perché il comandamento è un limite imposto al nostro desiderio di libertà onnipotente. Il comandamento ha una funzione terapeutica, ci guida, ci cura e ci rassicura. Il comandamento ci fa diventare veri uomini e vere donne, perché sollecita il nostro libero arbitrio e ci permette di scegliere se e come stare dalla parte di Dio nell'esperienza del deserto.

Ovviamente il deserto è metafora della nostra vita, con tutta la sua bellezza ed il suo fascino, ma – ahimè – anche con le sue insidie e la sua aridità, Il deserto è il luogo del silenzio e della meditazione, dove le domande sul senso e sullo scopo della vita si fanno più pressanti, dove tu vai alla ricerca della tua vera identità.

Nel deserto (midbar) si sperimenta la pedagogia di Dio, che ti incontra e che si rivela come colui che parla (meddaber) al tuo cuore (Osea 2, 16).

Ma il deserto della nostra vita è il luogo di combattimenti incessanti, di incontri e scontri, è un luogo di tentazioni, e dunque esso è anche una grande scuola di formazione che ci insegna a riconoscere il nemico che ci insidia, cioè colui o colei o quella cosa che ostacola la nostra relazione con Dio e che ci fa deviare dal nostro cammino con Lui.

Il deserto è il luogo dove Dio prova la nostra fede. Sì, Dio prova la nostra fede. Non dobbiamo stupirci di questo, perché la sua prova non è un giudizio su di noi, ma una scuola nella quale la nostra fede si fortifica e diventa consolazione quando sei nello sconforto, diventa una perfetta armatura quando cerchi protezione e mette le ali alla tua ricerca di libertà e di felicità. La prova ti fa diventare adulto, ti fa crescere, ti rende sapiente e ti insegna a camminare fidando completamente nel Signore e nella sua Parola.

Noi possiamo gustare la presenza di Dio tutte le volte che, invocando con umiltà il suo aiuto, ci dà l'acqua delle oasi o della roccia, il riposo all'ombra delle sue palme, il nutrimento della manna che ci provvede ogni giorno e che crea lo stupore della nostra anima quando ci chiediamo, come il popolo d'Israele, "man hu', "che cos'è". Che cos'è quest'amore divino che si prende cura di noi, che fa appello alla nostra memoria per ricordarci di Lui, che ci chiama all'ubbidienza per seguirlo per sentieri di pace, di solidarietà, di fraternità, che ci chiama alla libertà? Che cos'è questo Dio che nel deserto della nostra vita ci sottopone alla prova per umiliarci, cioè per renderci consapevoli che siamo humus, terra, (da cui umiltà), per vedere cosa c'è realmente nel nostro cuore?Nei tempi della crisi e della prova, che non mancano nella nostra breve esistenza, siamo chiamati a considerare che la vita è precaria e che il suo valore non sta nel vivere di solo pane, cioè di beni e tutto quanto serve per la vita materiale. La prima tentazione di Gesù nel deserto fu quella del cibo, della fame. «Se tu sei Figlio di Dio, ordina che queste pietre diventino pani». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio"» [Deut. 8,3]. Ciò significa che noi abbiamo vita non solo cibandoci del pane materiale, ma nutrendoci di tutto ciò che viene dalla bocca di Dio, la sorgente vera della nostra vita personale, familiare, ecclesiale ed anche sociale.

Fratelli e sorelle, non scoraggiamoci, dunque, se stiamo attraversando delle gravi difficoltà e se tutto ci sembra oscuro. Raccogliamo le nostre forze per continuare il cammino che la sua parola ci indica e fondiamo la nostra vita presente e futura in Cristo Gesù e nella sua parola.

Quando Cristo vive in noi, anche in tempi di crisi (i 40 anni del deserto), il vestito che indossiamo non si logora né il nostro piede si gonfia, dice il testo di Deuteronomio.

La Scrittura con queste due espressioni ci consola e ci conforta, perché ci fa vedere quali benedizioni riceviamo nella nostra vita se siamo fedeli e ubbidienti. Il vestito non si logora, cioè la nostra testimonianza non cesserà e non vacillerà; il nostro piede non si gonfia, cioè non ci stancheremo di lavorare per il Signore nel cammino di questo mondo.   

                                                                                                                            Aldo Palladino