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14 dicembre 2008

Mt. 11, 2-6 (7-10)

 

"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?"

 

Predicazione di Aldo Palladino

 

Tempio Valdese di C.so Vittorio Emanuele II, 23 - Torino

Domenica 14 dicembre 2008

 

Testi d'appoggio: Isaia 61, 1-2; Giovanni 1, 6-8. 19-28;
1 Cor. 1, 21-31

 

Il testo biblico

2 Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: 3 «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» 4 Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: 5 i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. 6 Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»

7 Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? 8 Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. 9 Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta. 10 Egli è colui del quale è scritto:

"Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero

per preparare la tua via davanti a te".

 

Giovanni Battista

Il testo che abbiamo letto ci informa che Giovanni Battista si trova nel buio di una prigione. Lo storico giudeo Giuseppe Flavio narra, nella sua opera Antichità giudaiche, che la prigione si trovava nella fortezza chiamata Macheronte (in arabo, Qalaat al-Mishnaqa), fatta costruire da Erode il Grande, nella regione della Perea, su una montagna che domina il Mar Morto. A farlo imprigionare è stato Erode Antipa, figlio di Erode il Grande, perché, come raccontano i Sinottici, aveva osato denunciare pubblicamente l'illegittima relazione con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo (Mt. 14:3, Mc. 6:17-18, Lc. 3:19-20).

Giuseppe Flavio, al contrario dei Sinottici, ne dà un'interpretazione politica affermando che l'imprigionamento di Giovanni Battista (e poi la sua decapitazione) fu voluto dal re Antipa, che temeva il suo potere carismatico e le grandi folle che lo seguivano (cfr. Ant. 18.117-118). Infatti, la predicazione profetica di Giovanni Battista era forte e incisiva tant'è che le folle accorrevano al fiume Giordano per farsi battezzare, per un battesimo di ravvedimento e per un ritorno sincero e vero al Dio dell'alleanza.

Dal deserto della Giudea aveva tuonato: "Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino". Aveva apostrofato farisei e sadducei con le parole: "Razza di vipere…fate frutti degni di ravvedimento", perché "ogni albero che non fa buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco". Infine, aveva annunziato la venuta del Messia dicendo: "Colui che viene dopo di me è più forte di me, e io non son degno di portargli i calzari; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco. Egli ha il suo ventilabro in mano, ripulirà interamente la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con fuoco inestinguibile" (Mt. 3, 1-12).

Insomma, il Battista era un personaggio scomodo ed una voce che nel deserto di questo mondo doveva essere messa a tacere. Il deserto, che era luogo della sua libertà, diventa così sede della sua prigionia e della sua morte. Lungo il corso della storia molti hanno sacrificato la vita per affermare ideali di fede, di libertà, di giustizia, di verità, di pace.

 

La domanda

Ed è in fondo a questa prigione che giungono al Battista le notizie dell'attività itinerante e delle opere di Gesù. Ma queste notizie non coincidono con le sue aspettative, che erano fondate sulla certezza dell'imminente giudizio di Dio attraverso il Messia veniente, Messia di fuoco che avrebbe bruciato la gramigna dei peccatori e degli infedeli, che avrebbe fatto uso della scure e della scopa: della scure per tagliare alla radice la mala pianta dei peccatori, e della ramazza per fare piazza pulita nell'aia della casa di Dio. Egli avrebbe ristabilito la giustizia, avrebbe messo ogni cosa a posto. La resa dei conti era vicina.

Purtroppo, il tempo passa e non ci sono segni visibili di cambiamento nella società: Giovanni Battista continua ad essere in carcere, Erode Antipa è al suo posto a gozzovigliare con Erodiade, gli scribi e i farisei a dominare con il loro pesante autoritarismo. Il male dilaga. Gesù opera, ma non sovverte l'ordine costituito.

Da qui nasce legittima la domanda che il Battista fa a Gesù tramite i suoi discepoli:

"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?". 

Sorelle e fratelli, quali sentimenti racchiude questa domanda? Un dubbio? per cui Giovanni Battista comincia a pensare di essersi sbagliato su Gesù? Una provocazione? con cui il Battista intende sollecitare Gesù a entrare in azione come giudice severo e liberatore atteso? O c'è altro?

Io credo che questa sia la domanda della fede. È la domanda non solo del Battista, ma di ognuno di noi, perché c'è per tutti un momento della vita in cui di fronte alla storia di Gesù Cristo, dalla sua nascita alla sua morte e risurrezione, vogliamo sapere, capire, conoscere, approfondire di più per avere qualche risposta alla nostra ricerca di verità, del senso della vita o a qualche altro nostro bisogno.

Ma occorre stare attenti, perché la nostra indagine su Gesù non sia falsata dai nostri condizionamenti culturali, come nel caso del Battista che, con il suo background alimentato da una certa interpretazione delle profezie e dalla cultura dell'apocalittica giudaica, era in attesa di un Messia forte, deciso, pronto a far piazza pulita di tutto. Il pericolo sempre presente nella storia è quello di invocare un uomo forte che ci tiri fuori dai nostri problemi sociali, economico-finanziari, politici, religiosi. È successo già di aver visto trionfare il fascimo, il nazismo, la dittatura comunista, governi autoritari, ideologie antidemocratiche che pensavano di mettere ordine e di recare benessere, mentre hanno prodotto solo morte e devastazione.

Facciamo, dunque, attenzione a non costruirci, dentro e fuori la chiesa, un Dio, un Cristo, fatto a nostra immagine e somiglianza, espressione dei nostri sentimenti e dei nostri desideri e che sia un po' vendicativo per fare giustizia.  

 

"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?"

Gesù non risponde con un si o con un no, ma invia a Giovanni la notizia di ciò che sta accadendo e che i discepoli hanno udito e visto: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri". Sono parole tratte dal profeta Isaia che descrivono l'era messianica ricca di opere prodigiose, di guarigione, di liberazione non solo in senso fisico, ma anche in senso spirituale, per cui i ciechi sono non solo quelli veri ma tutti coloro incapaci di riconoscere Dio e i sordi gli incapaci di ascoltare la sua parola, i morti che risuscitano sono non solo quelli richiamati alla vita, ma coloro che distrutti nella dignità di uomini e donne sono da Gesù ristabilite, rivalutate e portate alla vita come un valore per tutti. Infine, agli umili, ai poveri è predicata la buona novella. Non c'è solo la guarigione fisica, ma anche la buona notizia, l'evangelo della salvezza e della solidarietà di Dio per i poveri, per gli anavim, gli emarginati, per coloro che non contano, per i quali si pensa non ci sia l'interessamento di Dio.

La risposta di Gesù al Battista è l'annuncio che ciò che i profeti avevano preannunciato si sta realizzando. Il Messia è qui! Gesù è l'uomo forte atteso, ma non nel senso desiderato dal Battista, perché le opere e la  predicazione  di Gesù rivelano misericordia verso i poveri, i sofferenti, i lontani, difesa dei diritti dei piccoli, dei deboli, degli indifesi, degli esclusi da ogni forma di dignità. Gesù non è il Messia giustiziere e trionfatore, ma è il Messia dell'amore e del perdono, che si fa servo per la salvezza di tutti coloro che credono in lui.

Dice Gesù al Battista: "Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!".

Non sappiamo come Giovanni Battista abbia accolto il messaggio a lui destinato, ma noi lo riceviamo con gioia, perché Gesù rivela nella sua umanità il volto inedito di Dio. "Demolisce pezzo per pezzo l'immagine che noi ci costruiamo di Lui, magari fondandola sulla Bibbia. Ci invita a rileggerla e meditarla con più attenzione e ci fa scoprire così un Dio d'amore, di misericordia e grazia. E' proprio questo volto di Gesù che noi uomini fatichiamo ad accettare. I segni che Gesù ci propone per riconoscerlo come Messia sono semplicemente gesti di amore. Da questa attività misericordiosa si riconosce l'identità del Messia, ma anche della chiesa. A quanti domandano se Gesù è l'unico salvatore o bisogna ricorrere a un altro, la comunità cristiana deve poter rispondere: "Fate attenzione a ciò che vedete e udite: gli infermi vengono curati, i poveri soccorsi etc. Cioè, con la sua attività in favore dei poveri, malati e oppressi una comunità cristiana mostra che il Salvatore è qui e opera. Attraverso di noi Gesù vuole continuare a sollevare ogni miseria, asciugare ogni lacrima, far sentire la sua tenerezza a ogni persona sola e abbandonata. Noi siamo le sue mani, la sua carezza, i suoi occhi, la sua voce, il suo sorriso, il suo cuore per rivelare a tutti (e specie ai più deboli, malati, anziani, bambini abbandonati, ai disoccupati, agli stranieri tra noi) che sono preziosi per il Padre".

In questo tempo d'avvento, ma in tutta la nostra vita, accogliamo colui che viene incontro a noi per parlare ai nostri cuori e per salvarci! Per questo, come discepoli del Signore, noi con l'apostolo Paolo diciamo: "Noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini… Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, perché nessuno si vanti di fronte a Dio. Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (1 Cor. 1,21-31). Amen.                                                                                     

Aldo Palladino